Le motivazioni tanto attese sono arrivate. Sono stati esaminati i rapporti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata, evidenziando come “l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel tempo, nel favorire soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti criminali”.
Alla base dello scioglimento, non ci sono soltanto i casi emersi in questo ultimo periodo, come il sequestro dei beni degli Adamo, gli appalti pilotati dell’operazione Ebano o il caso Giambalvo (con le sue tardive reazioni della politica locale). Ad essere coinvolto in collegamenti e contiguità più o meno dirette con la mafia è praticamente l’intero ente, a partire dai consiglieri e componenti della giunta, fino all’apparato burocratico, al personale del Comune, alle procedure per gli appalti, ed ai consulenti esterni. Insomma, non ci sarebbe un settore privo di ombre.
Una fitta ed intricata rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni che vanno molto al di là della ricerca della mela marcia. Ormai il problema sembra essere l’intero paniere.
E ci si rende conto che la maggior parte degli omissis è facilmente riconoscibile per chi ha seguito attentamente le cronache locali e soprattutto per chi era abbastanza inserito nel contesto politico amministrativo della città. Il decreto è fatto così, anche i nomi più ovvi sono coperti dagli omissis. Qui daremo quelli che servono a descrivere questa prima parte, in modo da fare un quadro più chiaro della situazione.
Prima che il ministro Minniti comunicasse al Presidente della Repubblica la necessità dello scioglimento, si era riunito il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza che, il 17 maggio scorso, aveva sottolineato come la ricerca di Matteo Messina Denaro da parte delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria dovrebbe essere coniugata con l’attenzione all’attività della pubblica amministrazione. E questo, proprio perché un ente locale compromesso “può favorire l’influenza dell’organizzazione mafiosa”, nel dimostrare così il controllo del territorio in cui opera.
In quella seduta, il dirigente della Direzione Investigativa Antimafia, aveva rappresentato anche quanto fosse inaccettabile che “un candidato sindaco si rivolga ad un soggetto ‘controindicato’, legato alle consorterie mafiose, per ottenerne consenso elettorale”, riferendosi all’incontro avvenuto tra l’allora candidato sindaco Felice Errante e Lorenzo Cimarosa (che all’epoca era ancora lontano dal diventare un collaboratore di giustizia).
Anche Francesco Lo Voi, della DDA di Palermo, ha evidenziato che dagli elementi emersi, “non è risultato, nell’ambito dell’apparato politico-amministrativo del Comune di Castelvetrano, alcun settore che non sia interessato da criticità”.
Gli approfondimenti della prefettura di Trapani hanno dato una risposta a coloro che si sono chiesti cosa c’entri il sindaco Felice Errante (ormai ex) in questo scioglimento.
E’ stato possibile accertare come “egli abbia consentito – si legge nella relazione – quando non ne è stato addirittura patrocinatore, che determinati soggetti, contigui o vicini alle organizzazioni mafiose, facessero parte della sua maggioranza consiliare o addirittura della sua Giunta; altri sono stati nominati come consulenti, malgrado motivi, quantomeno di opportunità ne sconsigliassero la scelta”.
Non avrebbe potuto, il sindaco, fare determinate ordinanze contingibili ed urgenti, individuando, d’intesa con l’ufficio tecnico, le ditte che dovevano fare il lavoro. E non avrebbe potuto la giunta stabilire “a chi e quanto” erogare a titolo di contributo.
Sotto la lente dì ingrandimento anche i numerosissimi contributi a cittadini “bisognosi”, anche provenienti dal circuito penale, oltre che ad enti ed associazioni del territorio.
Un sacco di soldi che “in un Comune strutturalmente deficitario – così si legge nella relazione – fa presupporre la presenza di un sistema ascrivibile ad un vero e proprio ‘voto di scambio’”.
Il tutto considerando che nell’enorme evasione tributaria, figuravano posizioni debitorie da parte di 63 dipendenti, 15 consiglieri comunali e 6 assessori. Giusto per dare l’esempio.
Così come l’80% dei lavori pubblici, servizi e forniture erano dati in affidamento diretto, a volte a ditte “controindicate”. Ed alcune imprese si trovavano ancora iscritte nelle ditte di fiducia sul sito istituzionale del Comune di Castelvetrano. Imprese coperte da Omissis che però si conoscono, ne abbiamo parlato spesso qui su Tp24. A parte Quella di Rosario Firenze, arrestato nell’operazione Ebano, c’era anche la “B.F. Costruzioni” dei Filardo e la “M.G. Costruzioni” dei Cimarosa.
La commissione d’indagine ha approfondito anche sulla campagna elettorale per le amministrative dell’11 giugno.
Dall’esame delle candidature a sindaco e relativi candidati consiglieri non poteva che emergere una “rilevante continuità” con amministratori della precedente legislatura, quella appunto di Errante, “alcuni dei quali – si legge nelle carte – oggetto di peculiare approfondimento da parte della Commissione in quanto vicini o imparentati con soggetti appartenenti alla organizzazione mafiosa castelvetranese”.
Dalle relative tabelle si apprende che si sono ricandidati il 35% degli assessori uscenti (7 su 20), quasi il 40 % dei consiglieri (13 su 33), oltre a tre consulenti o collaboratori del sindaco e tre dipendenti comunali.
Un’attenzione quindi più protesa in avanti che indietro, fino ad arrivare a poche settimane fa. La riportiamo di seguito, spiegando gli OMISSIS:
In tale ambito è stato esaminato anche l’intervento del sindaco OMISSIS (Errante, ndr) in occasione dell’incontro pubblico tenutosi in Castelvetrano, in data 24.04.2017, in appoggio alla candidatura a sindaco di …OMISSIS… (Luciano Perricone, ndr), già consigliere del decaduto Consiglio Comunale, di cui si è già detto. L’intervento di …OMISSIS… (Errante, ndr), dal tono formalmente pacato, costituisce – da un lato – una ammissione di responsabilità “…Ho sbagliato nella candidatura di qualche consigliere comunale nella lista che mi ha sostenuto nel 2012…” per poi subito aggiungere, “spiace dover rilevare che altri partner della coalizione importanti che hanno fortemente creduto nella mia candidatura, oggi dimentichino che sono stati folgorati da traumi renziani, peggio ancora sinistri” e concludere con la seguente affermazione “registro architetti, prezzolati, esperti in materia sanitaria, che viaggiano per i palazzi romani e da qualche giorno anche per i palazzi trapanesi”.
Tale ultima malevola allusione, si riferisce, verosimilmente, all’…OMISSIS (Pasquale Calamia, ndr), già consigliere comunale del gruppo Pd del decaduto Consiglio, inizialmente appartenente alla maggioranza che sosteneva il sindaco, poi all’opposizione, in atto … OMISSIS (Pasquale Calamia, ndr), che sarebbe stato notato proprio dal sindaco nei giorni precedenti la riunione politica, a Trapani, in compagnia di un componente tecnico della Commissione di indagine.
Il riferimento pubblico, fatto nell’occasione ed in quel contesto ambientale, assume particolare gravità, ove si consideri che il predetto ..OMISSIS.. (Pasquale Calamia, ndr), nell’ottobre del 2008, all’epoca Consigliere Comunale PD (Giunta ..OMISSIS..) (Giunta Pompeo, ndr) è stato vittima di un attentato incendiario nell’abitazione estiva per il quale è stato condannato ..OMISSIS.. (Lorenzo Catalanotto, ndr) unitamente ad altri due soggetti che – come emerge dagli atti processuali – avrebbero messo in atto il grave gesto criminoso in ragione delle prese di posizione assunte dal ..OMISSIS.. (Pasquale Calamia, ndr) nel paese e della sua attività politica. Il ..OMISSIS.. (Pasquale Calamia, ndr), auspicava espressamente e pubblicamente, anche in sede di Consiglio comunale, la cattura del latitante Matteo Messina Denaro, e si era prodigato per la costituzione di un consorzio di piccoli produttori di olio, per rompere il monopolio dei grossi proprietari terrieri della zona.
Ecco, tra l’altro, quest’ultimo sembra essere un punto interessante sulle cause effettive dell’attentato, forse non sufficientemente riconducibili ad un mero auspicio sulla cattura del superboss. Infatti, lo stesso auspicio lo aveva fatto l’allora sindaco Pompeo e, a parte il commento del fiancheggiatore sul fatto che ormai era un “morto che cammina” nessuno decise di bruciargli la casa. Cosa che invece fecero con Calamia, che era molto attivo in quel consorzio di piccoli produttori di olio contro il monopolio dei grossi proprietari terrieri. Mentre a Nicola Clemenza, imprenditore partannese, anche lui membro dello stesso consorzio, gli bruciarono la macchina a distanza di pochi giorni.
Egidio Morici