Una bozza di lavoro per la “tolleranza zero” contro mafiosi e corrotti. È il progetto, che vede coinvolti esperti di 23 nazioni (ma il loro numero potrebbe aumentare), cui sta lavorando il dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale e che a breve sarà sottoposto alla Consulta. Il punto d’approdo, come ha spiegato nei giorni scorsi il cardinale Peter Appiah Turkson, è la possibilità di scomunicare «per corruzione e associazione mafiosa».
Obiettivo: la scomunica di boss e “colletti bianchi” - «La scomunica – ha spiegato il porporato – è una misura che è appannaggio soltanto del Papa. Per quel che ci riguarda, invece, abbiamo pensato ad un’iniziativa allargata capace di uscire dai confini italiani perché stiamo parlando di un fenomeno globale. Il punto – ha proseguito Turkson -, è fare capire che un cristiano che si macchia di reati del genere danneggia la Chiesa, non è in comunione con Dio». Secondo la tabella di marcia di Vittorio Alberti, officiale della Santa Sede nel dicastero per lo Sviluppo umano integrale, la bozza sul progetto “tolleranza zero” dovrebbe vedere la luce nel giro di una decina di giorni per poi essere sottoposta alla Consulta. La Consulta è un vasto gruppo che comprende laici impegnati in prima linea nella lotta a corruzione e crimine organizzato e religiosi.
“Tolleranza zero” anche attraverso i social - Il punto – ha spiegato Alberti – è capire che la corruzione non è soltanto un fatto di tangenti. Ci può essere corruzione quando si parla di migranti, di tratta di organi, di inquinamento. La corruzione, del resto, è il primo linguaggio delle mafie». Una volta passato il vaglio della Consulta, il documento passerà all’esame del dicastero della Dottrina della Fede prima di arrivare al Papa. In nome della tolleranza zero alla corruzione e ad ogni forma di criminalità il dicastero presieduto da Turkson sta preparando anche una campagna via social (hasthag e Facebook michelangeloforjustice). Il progetto “tolleranza zero” contro mafiosi e corrotti ha preso corpo nel corso nel corso di un seminario internazionale, tenutosi in Vaticano, che ha visto laici e religiosi confrontarsi sulla piaga della corruzione. In particolare, sarebbe stato soprattutto l’intervento di monsignor Pennisi a sostenere che la scomunica «dovrebbe contenere una configurazione del delitto canonico di mafia la più ampia possibile perché oggi il fenomeno ha assunto contorni globali».