A 37 anni dalla notte della strage di Ustica lo Stato dovrà risarcire 55 milioni di euro a una parte dei familiari delle 81 vittime che il 27 giugno 1980 persero la vita a bordo del Dc9 Itavia precipitato nel Tirreno lungo la rotta Bologna-Palermo. È quanto ha deciso, con tre nuove sentenze, la Prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo rigettando altrettanti ricorsi dell’Avvocatura dello Stato e condannando, ancora una volta, i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 45 eredi delle vittime.
Lo scorso 28 giugno, infatti, la stessa Corte aveva già condannato i due dicasteri a risarcire altri 39 familiari per ulteriori 17 milioni di euro. Nelle tre sentenze la Corte di Appello del capoluogo siciliano quantifica il danno rimandando ai motivi della sentenza del 28 giugno secondo cui Difesa e Trasporti "avrebbero dovuto attivarsi per le opportune reazioni» e per consentire, ad esempio, «l'intercettazione del velivolo ostile al fine di garantire la sicurezza e l’incolumità di passeggeri ed equipaggio». Il tribunale, sposando le conclusioni raggiunte in primo grado (concluso nel 2011 con la condanna degli stessi ministeri) e nell’ambito della lunga istruttoria penale condotta dal giudice Rosario Priore, ribadisce, sulla base del principio 'più probabile che non', che l’incidente del volo Itavia 870 si verificò «a causa dell’operazione di intercettamento realizzata da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del Dc9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del Dc9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell’ esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l'aereo nascosto oppure quale conseguenza di una quasi-collisione verificati tra l’aereo nascosto e il Dc9». La Corte di Appello ha dovuto adeguarsi al recente orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui la vita non sarebbe un diritto risarcibile in caso di morte istantanea, e ha dichiarato prescritto il diritto al risarcimento per "depistaggio", riducendo considerevolmente la misura dei risarcimenti.
«Si tratta di una ulteriore conferma dell’ abbattimento del DC9 a causa di un missile, in una operazione di guerra non dichiarata": hanno affermato all’ANSA, commentando le sentenze, gli avvocati Daniele Osnato e Alfredo Galasso, legali dei familiari delle vittime. «Purtroppo - hanno aggiunto - sono passati troppi anni da quel fatto, e dunque il depistaggio non è stato risarcito. Auspichiamo che lo Stato si assuma le proprie responsabilità ed ottemperi con immediatezza ai giudicati civili risarcendo i parenti delle vittime senza dover attendere il passare di altri anni oltre i 37 già trascorsi». Per l’avvocato Osnato è «inaccettabile che la perdita istantanea di una vita sia ritenuta dalla Cassazione un danno non risarcibile in capo agli eredi». «È incomprensibile - ha aggiunto il legale dei familiari dei passeggeri del volo Itavia - che lo Stato si sia reso corresponsabile di un disastro aereo, abbia poi depistato impedendo il raggiungimento della verità, ed adesso sia ritenuto esente dal risarcimento per intervenuta prescrizione. La Corte di appello palermitana non aveva scelta, ed ai parenti resta una grande amarezza. Trasmetterò gli atti alla Corte dei Conti, affinché avvii un’indagine nei confronti di quei 78 imputati di reato connesso che, compiendo gli atti di depistaggio di cui la Corte palermitana ha dato atto, l’hanno fatta franca per intervenuta prescrizione. E torneremo in Europa - ha concluso l'avvocato Osnato - chiedendo che si intervenga nei confronti di paesi come la Francia affinché si scoprano gli archivi segreti e i documenti in essi contenuti».