Un omicidio “mascherato” da incidente stradale. E’ quanto ha sentenziato la Corte d’Assise di Trapani condannando a 14 anni e mezzo di carcere il 51enne campobellese Salvatore Agatone. Accogliendo la tesi dell’accusa (pm Antonella Trainito), i giudici hanno, quindi, stabilito che l’Agatone, difeso dall’avvocato Vita Ciotta, ha provocato la morte dell’82enne mazarese Giovanbattista Lungaro.
L’anziano morì nella notte tra il 9 e il 10 luglio 2015 a seguito delle gravi lesioni riportate in un violento tamponamento dell’auto (Fiat Panda) su cui viaggiava insieme ad altre tre persone. Il tamponamento, nonché il successivo accoltellamento di chi era alla guida dell’auto su cui viaggiava Lungaro, e cioè il 36enne Umberto La Barbera, sarebbe stato l’epilogo di una lite con i presunti aggressori. Ovvero, Salvatore Agatone e il 41enne Andrea Managò, nonché, in una prima fase delle indagini, anche i fratelli Farese e Fahed Ceikh Nakch, di 25 e 26 anni, tutti residenti a Campobello di Mazara.
Alcuni di loro già con precedenti di polizia. Poi, però, i fratelli Ceikh Nakch furono rimessi in libertà per “insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza” (a difenderli fu l’avvocato Vincenzo Bonanno) e infine la loro posizione fu archiviata.
Il tamponamento (Lungaro morì in ospedale quattro ore dopo) e l’accoltellamento di La Barbera, a quanto pare il vero obiettivo degli aggressori, ebbe come teatro l’angolo tra via Potenza e via Livorno. Dalla ricostruzione operata dai carabinieri di Mazara emerse subito che quello che a prima vista poteva sembrare un normale, anche se grave, incidente stradale, sarebbe stato, invece, un impatto volutamente provocato da chi era alla guida dell’auto (Alfa 145) che stava dietro. E che poco prima i due gruppi avevano avuto una lite. Nell’auto inseguita, raggiunta e speronata c’erano tre uomini adulti e una bambina. Dopo l’impatto tra i due mezzi (la bambina è rimasta illesa), gli inseguitori hanno aggredito La Barbera con calci e pugni, ferendolo infine con alcune coltellate. Inizialmente, per il ferimento di La Barbera era stato contestato il tentato omicidio, ma poi il pm Trainito ha derubricato l’imputazione in lesioni personali, in quanto l’autista della Panda non fu accoltellato in parti vitali del corpo. E proprio per lesioni, oltre ad Agatone, è stato condannato (a 4 anni di reclusione, in pratica il minimo della pena come chiesto dai suoi legali: Stefano Pellegrino e Francesca Favata) anche Andrea Managò, per il quale il pm aveva invocato 8 anni e 3 mesi. Lo stesso Managò aveva ammesso le sue responsabilità (“A La Barbera ho dato due coltellate”). “L’intenzione omicidiaria del Managò – spiega l’avvocato Pellegrino – risulta completamente esclusa. Intanto perché le coltellate inferte a La Barbera non sono state in parti vitali, ma alle mani e a una coscia. E poi perché non ha mai incitato l’Agatone a investire l’auto su cui viaggiava Lungaro”. Managò, infatti, su stessa richiesta del pm, è stato assolto dall’accusa di concorso nell’omicidio di Lungaro. Sarebbe l’Agatone, dunque, l’unico responsabile della morte dell’82enne mazarese. E per lui il pm aveva chiesto 16 anni di carcere. Nel corso del processo, su richiesta della Procura di Marsala, sono stati ascoltati anche Umberto La Barbera, Nicolò Accardi e Maria Antonella Cascio. Tema: i “pregressi rapporti” tra Agatone e la Cascio. Umberto La Barbera ha dichiarato di essere stato fino alla morte del Lungaro compagno convivente dell’anziana vittima per oltre 20 anni e di avere avuto negli anni una relazione sentimentale con la Cascio, adesso sposata con l'Accardi. Ha precisato, comunque, di essere ancora in buoni rapporti di amicizia sia con l'Accardi che con la Cascio. Quest’ultima ha confermato tali rapporti, ma in altri punti della sua deposizione ha fatto dichiarazioni in netto contrasto con quelle del La Barbera, tant'è che la Corte dispose un confronto. Nicolò Accardi, marito della Cascio, ha invece affermato di aver avuto con l'Agatone parecchi scontri fisici. E ciò da quando Agatone ha detto di essere il padre dell'ultima figlia della coppia Accardi/Cascio (alcuni mesi fa, il Tribunale per i minorenni ha tolto i figli alla coppia). Accardi ha, inoltre, raccontato di aver tentato, poche settimane prima della morte di Lungaro, di investire l’auto di Agatone nel tentativo di ucciderlo. Ha, inoltre, ammesso di avere ripetutamente e in varie occasioni picchiato l’Agatone. Anche il 9 luglio 2015, procurandosi addirittura la frattura al polso sinistro per la violenza con cui lo aveva colpito.