La lunga vicenda della casa pignorata venduta all’asta e dello sfratto dei suoi occupanti era finita, poco tempo fa, anche su Rai Uno.
Non è certo il primo caso in cui chi compra non riesce a finire di pagare il mutuo e perde l’appartamento, magari per poche rate non corrisposte.
A Marco Liorni de “La Vita in Diretta”, il signor Vincenzo Vaiana aveva raccontato la complicata storia di questo appartamento, acquistato dalla moglie nel 1992.
Un mutuo di 110 milioni delle vecchie lire, che lui, occupandosi di vendita a domicilio di abiti da sposa, riesce a pagare fino al 1996. E’ l’anno in cui alla moglie viene diagnosticato un disturbo bipolare di personalità. Diagnosi che però non porta a grandi risultati sul versante della cura, dal momento che il signor Vaiana racconta di aver interrotto il pagamento delle rate proprio per assisterla, dopo aver pagato 84 milioni. Tre anni dopo, nel 1999, arriva il pignoramento, in cui gli chiedono di pagare ancora più di 98 milioni di lire.
Come succede in questi casi, l’appartamento è andato all’asta. Le aste si sono ripetute una dopo l’altra e il prezzo si è abbassato, fino a quando è stata aggiudicata a circa 18 mila euro ad un insegnante di Catania. E intanto, quando la base ha raggiunto meno di 24 mila euro, cifra che evidentemente non era sufficiente a garantire il credito che, al 2012 aveva superato le 105 mila euro, la banca ha proceduto al pignoramento di altri beni immobili di proprietà della signora: la nuda proprietà di 2 appartamenti e la piena proprietà di altri due fabbricati e di un altro appartamento.
Si dirà: ma gli 84 milioni che aveva pagato fino al 1996 non avrebbero dovuto portare il debito da 110 a 26 milioni?
No. Perché le rate sono comprensive degli interessi in un mutuo a tasso variabile che, all’inizio dei pagamenti è caratterizzato da tassi che possono mantenersi molto alti fino al giro di boa rappresentato dal superamento della metà del percorso.
Questa è la ragione per cui, nonostante il signor Vaiana avesse pagato 84 milioni, il suo debito al momento del pignoramento si attestava a più di 98 milioni su 110.
Interessi, quindi. Che sembrerebbero davvero tanti. Ed è per questo che Vaiana, tramite il suo avvocato, avrebbe denunciato la banca per usura. Anche se la legge sull’usura bancaria è del 1996 e non ha carattere retroattivo.
Ma perché il problema si è trascinato fino ai giorni nostri? Eppure la casa è stata aggiudicata nel 2012.
Da allora il signor Vaiana ha continuato ad abitarvi ed i tempi di rilascio, dopo lo sfratto del 2015, si sono allungati a causa di varie ragioni. Una delle quali è rappresentata da una botola che, non essendo presente negli atti sin dall’inizio, ha comportato diversi rinvii.
Questa botola metteva in comunicazione l’appartamento con uno scantinato che non è mai stato oggetto di pignoramento. L’appartamento era della moglie e lo scantinato di proprietà del signor Vaiana.
In sostanza prima del rilascio dell’appartamento, questa botola si sarebbe dovuta chiudere. Nel frattempo però, il Vaiana vende lo scantinato (pare a prezzo simbolico) alla figlia che, in quanto proprietaria diversa rispetto all’appartamento di sopra, non concede l’accesso all’impresa per i lavori di chiusura del varco.
Anche la questione botola finisce davanti al giudice, che alla fine ne dispone la chiusura contestualmente al rilascio dell’appartamento.
Questo ha comportato che tutte le volte che l’ufficiale giudiziario veniva per la liberazione coatta della casa, oltre alla prevista presenza delle forze dell’ordine, ci fosse un’impresa pronta ad eseguire i lavori di chiusura.
In questa storia così complicata, c’è l’insegnante catanese che si è aggiudicata la casa per 18 mila euro, che certamente non ha commesso alcun reato.
Ovviamente il suo punto di vista è molto diverso, soprattutto perché alla spesa per l’acquisto di una casa che non è mai stata nelle sue disponibilità, ha dovuto aggiungere cinque anni di pagamento di IMU e sei anni di spese condominiali (la legge impone al nuovo proprietario di corrispondere fino all’anno precedente l’acquisto). Senza contare che anche gli interventi dell’ufficiale giudiziario hanno dei costi, così come l’impresa edile che, anche se materialmente non chiude la botola, deve necessariamente essere pagata per aver impiegato i propri operai in lunghe attese sul posto che poi si sono rilevate puntualmente vane per le reazioni (per altro comprensibilissime) della signora affetta dal disturbo bipolare, per le quali il proprietario non si sarà sentito di andare avanti (magari invocando un trattamento sanitario obbligatorio).
Se consideriamo anche il mancato reddito da affitto, anche solo da 200 euro al mese (a volersi tenere bassi) dal 2012 ad oggi, il nuovo proprietario avrebbe rinunciato ad almeno 12 mila euro.
In sostanza, tra il prezzo d’acquisto e le altre spese (comprese quelle legali), il nuovo proprietario potrebbe aver tirato fuori quasi 30 mila euro.
L’ultimo tentativo di rilascio dell’appartamento, avvenuto il 20 giugno scorso, ha visto prevedibili momenti di tensione, con la presenza di polizia, carabinieri, vigili del fuoco e parziale interruzione del traffico. Alla fine ci si è dati una tregua di qualche mese, con un primo segnale di un assegno da 5 mila euro, che potrebbe rappresentare un’apertura ad un’offerta accettabile per il riacquisto della casa, oppure semplicemente una parziale compensazione del danno. Tutto dipenderà dai termini dell’eventuale accordo.
Insomma, un caso spinoso in cui tutte le parti coinvolte hanno le loro ragioni, al di là delle facili semplificazioni.
Egidio Morici