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20/07/2017 07:47:00

Marsala, coltivazione marijuana: condannati Nicolò Girgenti e altri due

 Il presunto omicida del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi, il 46enne bracciante e vivaista marsalese Nicolò Girgenti, è stato condannato a due anni e mezzo di carcere dal gup Riccardo Alcamo per concorso in coltivazione di marijuana.

La droga (6 mila piante di canapa afgana) è quella scoperta nelle serre di contrada Ventrischi, nell’entroterra di Marsala, davanti alle quali, la sera del 31 maggio 2016, il sottufficiale dell’Arma fu colpito a morte da un colpo di pistola durante un servizio di controllo.

Girgenti, che gestiva quella serra fino a pochi mesi prima, è stato, quindi, ritenuto ancora “in affari” con l’uomo cui cedette la gestione dell’impianto serricolo, Francesco D’Arrigo, di 55 anni, di Partinico, che fu arrestato subito dopo l’omicidio del maresciallo Mirarchi e che oggi è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere, e con Fabrizio Messina Denaro, 50 anni, pregiudicato per fatti di droga, di Castelvetrano (ma nessuna parentela con l’omonima famiglia mafiosa), condannato a 3 anni e a 20 mila euro di multa.

Per i tre imputati, il pm Anna Sessa aveva chiesto la condanna a 8 anni di carcere e 80 mila euro di multa ciascuno. L’unico ad essere stato assolto è stato Francesco Lojacono, genero di D’Arrigo, per il quale il pm Sessa aveva chiesto 6 anni e 60 mila euro di multa.

Nella prima udienza preliminare, Girgenti aveva reso dichiarazioni spontanee, affermando di aver ceduto la sua parte di azienda e di non essere più entrato in quella serra, né di aver più avuto relazioni con gli ex soci. Le indagini, spiegarono in febbraio i carabinieri, hanno “permesso di acclarare che Girgenti e Messina Denaro avevano programmato e realizzato, unitamente ad altri soggetti, la piantagione di marjuana antistante il luogo ove fu ferito mortalmente il Maresciallo dei Carabinieri”. Per gli investigatori, il promotore dell’investimento illegale sarebbe stato Fabrizio Messina Denaro, che “conoscendo personalmente e da anni il Girgenti, dal quale acquistava le piante che poi rivendeva nel chiosco antistante il cimitero di Castelvetrano, propose al vivaista marsalese di cedere l’utilizzo delle serre a D’Arrigo Francesco, che ne avrebbe curato in prima persona la coltivazione”. D’Arrigo fu subito individuato e arrestato dai carabinieri la notte dell’omicidio. “Al Girgenti – continuano gli investigatori - fu promesso un lauto compenso (un piccolo acconto e il grosso a termine raccolto), ma gli fu versata solo una minima parte; tale circostanza, evidentemente, lo aveva portato a sospettare che avrebbe avuto difficoltà ad incassare anche il restante denaro promesso. Presumibilmente per tale motivo, ossia per recuperare la somma che gli era stata promessa, la notte dell’omicidio, agendo da socio infedele, stava asportando le piante di canapa. Per difendere il suo investimento, inoltre, il Girgenti non aveva esitato a sparare nei confronti dei Carabinieri e ad uccidere il Maresciallo Mirarchi”. Nel corso delle indagini è emerso anche che il “gruppo criminale che gestiva la piantagione insieme al Girgenti aveva avanzato ai familiari di quest’ultimo una vera e propria richiesta di risarcimento per il danno che aveva procurato il suo comportamento”.