Arrestato per l'omicidio Lombardo, torna in libertà il mazarese Scalia.
A distanza di due settimane dall’arresto, il Tribunale della Libertà, accogliendo l’istanza dell’avvocato difensore Gianni Caracci, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il 42enne Rosario Scalia. Ad arrestarlo, insieme al 57enne pacecoto Giuseppe Genna, erano stati carabinieri e polizia a conclusione delle indagini coordinate dai pm della Dda di Palermo Paolo Guido (neo procuratore aggiunto), Francesco Grassi e Carlo Marzella sull’omicidio di Salvatore Lombardo, il 47enne pastore con precedenti penali ucciso con due fucilate, a Partanna, davanti al bar «Smart Cafè», in via XV Gennaio, il 21 maggio 2009.
Secondo l’accusa, Rosario Scalia, operaio, nato a Castelvetrano, avrebbe trattenuto la vittima al bar e avvertito, con un sms, il 49enne presunto boss mafioso partannese Giovanni Domenico Scimonelli, attualmente sotto processo davanti la Corte d’assise di Trapani con l’accusa di essere il mandante del delitto. E per lunedì, in Assise, a Trapani, è prevista proprio la testimonianza di Scalia. Per il Tribunale della Libertà, intanto, a quanto pare, non vi sarebbero per il 42enne operaio i «gravi indizi di colpevolezza», come sostenuto dall’avvocato Gianni Caracci, secondo il quale, inoltre, non c’erano neanche le esigenze cautelari ravvisate dalla Dda. Nel frattempo, analogo provvedimento ha chiesto anche il legale di Genna, l’avvocato Stefano Pellegrino. In questo caso, però, si attende ancora la decisione dei magistrati. Giuseppe Genna, titolare di una piccola concessionaria automobilista, avrebbe invece messo a disposizione la Volkswagen Polo utilizzata dai sicari (Nicolò Nicolosi e Attilio Fogazza), distruggendo successivamente il mezzo e fornendo un’auto di «copertura». Dopo l’arresto, Fogazza e Nicolosi (già condannati a 16 anni di carcere) hanno deciso di collaborare con la giustizia, ma non sarebbero stati loro, a quanto pare, a fare i nomi di Scalia e Genna. Questi ultimi, infatti, sarebbero stati individuati nel corso delle indagini svolte da carabinieri e polizia, con il supporto di Ros e Sco. Nel 2015, a fornire lo spunto decisivo fu un’intercettazione eseguita dai carabinieri nell’ambito delle ricerche sul super latitante Matteo Messina Denaro. Fogazza e Nicolosi furono arrestati a fine novembre 2015 e l’anno dopo decisero di collaborare con la giustizia, confessando il delitto e dichiarando che a ordinarlo fu Scimonelli (che è difeso da Calogera Falco).