Come abbiamo raccontato ieri, sulla strage di Via D’Amelio ci sono le dichiarazioni del pentito Armando Palmeri, secondo cui l’omicidio del boss di Alcamo Vincenzo Milazzo avvenuto cinque giorni prima della strage, il 14 luglio del 1992, fu una conseguenza del fatto che Milazzo disse no alla strage. Non è la prima volta che si apprende di altri mafiosi eliminati per aver detto no all’uccisione del giudice Borsellino, o almeno, così è secondo le ricostruzioni degli inquirenti.
Quando il giudice palermitano era procuratore a Marsala già allora Cosa nostra decise di eliminarlo e di questo fu investita, come da regola, la famiglia mafiosa marsalese che in quel periodo era capeggiata da una sorta di triumvirato locale, dai fratelli Vincenzo e Gaetano D’Amico e da Francesco Craparotta.
NO ALL'ATTENTATO - Il loro no all’uccisione del giudice nel territorio di Marsala, se l’avessero fatto avrebbero acceso l’attenzione dello Stato sulla città, fu uno dei motivi scatenanti alla base della guerra di mafia di quel periodo. Da quel momento, con l’ordine impartito da Riina in una villa di Mazara del Vallo si decise l’azzeramento dei vertici della famiglia mafiosa di Marsala. Il coordinamento dell’esecuzione fu affidato al superkiller marsalese Antonio Patti, poi divenuto collaboratore di giustizia. A gennaio del 1992 i reggenti della famiglia mafiosa di Marsala, Vincenzo D'Amico e Francesco Craparotta rimasero vittime di "lupara bianca”. Un mese dopo, il 7 febbraio, toccò al fratello di Vincenzo D’Amico, Gaetano, ucciso a colpi di revolver in un attentato all'interno del "Bar Timone", di fronte al porto di Marsala.
CALCARA - Altro tentativo di attentato al giudice Borsellino, e altre dichiarazioni in merito, sono state quelle del pentito Vincenzo Calcara. L'uomo che avrebbe dovuto uccidere Paolo Borsellino. A dargli l'ordine era stato Messina Denaro. "Di questo 'Borsalino' non devono restare neanche le idee", gli aveva detto il boss.
Nel '91, però, Calcara venne arrestato. L'attentato sfumò. Una volta in carcere, decise di fare il grande salto e raccontare tutto, proprio a quella che sarebbe dovuta essere la sua vittima. Fu così che Calcara spiegò a Borsellino come Cosa Nostra avesse elaborato due piani diversi per eliminarlo: uno prevedeva l'omicidio tramite un fucile di precisione, l'altro l'utilizzo di un'autobomba.
TASSELLI MANCANTI - E dei tanti tasselli mancanti per arrivare alla verità sulla strage di Via D'Amelio ne ha parlato il procuratore aggiunto della procura di Caltanissetta Gabriele Paci davanti alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi. Così li descrive Paci: «Non c’è solamente il discorso della trattativa che emerge e che abbiamo più volte evidenziato nel corso del processo, c’è il discorso del rapporto mafia-appalti. Discorso mafia-appalti che inizia nel 1989 e che vede quel famoso rapporto che l’allora colonnello Mori e il capitano De Donno depositano, se non sbaglio nel febbraio del 1991, e che consegnano a Giovanni Falcone. Ma Giovanni Falcone il giorno dopo o qualche giorno dopo migra per Roma e quindi viene passato all’allora procuratore della Repubblica di Palermo Giammanco. Quel rapporto contiene, nei suoi allegati, elementi molto circostanziati che riguardano non solo la Tangentopoli siciliana, che però rispetto alla Tangentopoli milanese ha il problema che l’altra gamba del tavolino è rappresentata da Cosa Nostra, ma contiene anche gli elementi che riguardano proprio il dottore Giammanco. Allora, di quel rapporto Paolo Borsellino chiederà copia quando si trova ancora a Marsala, quando è ancora procuratore della Repubblica di Marsala. Altro dato che emerge inquietante è che - spesso ci siamo soffermati a pensare a quest’aspetto - già nel 1991 Cosa Nostra vuole organizzare un attentato a Paolo Borsellino a Marsala. Per quest’attentato che non va in porto muoiono due mafiosi, i fratelli D’Amico, i capi famiglia della famiglia di Marsala. Muoiono perché si dice si oppongano all’eliminazione di Paolo Borsellino a Marsala. Che cosa ha fatto Borsellino nel 1991 di particolare? Questo è un altro rovello che ha spesso accompagnato i nostri approfondimenti?». Domande senza risposta, rimaste insolute dopo 25 anni.