“Essere massoni in Calabria e Sicilia è più difficile”. Questo è stato il tema della tornata sotto le stelle organizzata dalla loggia del Grande Oriente d’Italia Francisco Ferrer il 22 luglio a Castelvetrano, al Baglio Trinità di Delia, alla quale ha partecipato il Gran Maestro Stefano Bisi. Tra gli altri, sono intervenuti il professore Francesco Coniglione di Catania, presidente nazionale della Società Filosofica Italiana ed il dottor Quintino Paola, maestro venerabile della loggia Francisco Ferrer di Castelvetrano.
Terre in cui è più difficile essere massoni, soprattutto quando la Commissione Parlamentare Antimafia, dopo il reiterato diniego alla consegna degli elenchi degli iscritti nelle obbedienze massoniche di Sicilia e Calabria, ha fatto sequestrare i documenti che provano l’iscrizione dal 1990 ad oggi di: Grande Oriente d’Italia; Gran Loggia Regolare d’Italia; Serenissima Gran Loggia d’Italia; Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori.
Alla sede nazionale del GOI, vennero 13 finanzieri dello Scico, che operarono perquisizioni e sequestri per 14 ore.
Tutto è nato dalle inchieste della Dda di Reggio Calabria e dall’audizione del procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato. Quest’ultima aveva già raccontato della rete di protezioni istituzionali e massoniche di cui gode Matteo Messina Denaro, il superboss di Castelvetrano.
Chiaramente Bisi non l’ha presa bene e, considerando il sequestro come un abuso, ha fatto la sua denuncia alla magistratura chiedendo di valutare la liceità del sequestro.
Una tornata certamente poco segreta quella del 22 luglio scorso, se si considera che era stata largamente anticipata sul sito on line del Grande Oriente d’Italia, in cui è stata prevista anche la cosiddetta “agape bianca”, il banchetto al quale possono partecipare anche i profani. Trasparenza anche sui prezzi: 35 euro a persona la quota di partecipazione e, per il pernottamento con prima colazione all’Altea Palace di Castelvetrano 80 euro per la camera doppia e 65 per la doppia uso singola. Oltre, ovviamente, alla tassa di soggiorno da 1 euro “da pagare in loco”.
Nella conferenza stampa di domenica scorsa, invece, Stefano Bisi ha letto un passaggio contenuto nella relazione prefettizia inviata al Governo per lo scioglimento del comune di Castelvetrano.
“All’epoca gli elenchi vennero acquisiti dalla locale Questura, tramite le stesse logge di cui si aveva notizia, ma proprio il Grande Oriente d’Italia, ovvero l’organizzazione di maggiore rilievo, della quale è maestro venerabile il predetto, ritenne di non fornire gli elenchi degli iscritti, riscontrando negativamente anche l’espressa richiesta formulata dalla Commissione Nazionale Antimafia, che si occupò attentamente della questione relativa alla presenza della massoneria nell’apparato politico e burocratico del comune di Castelvetrano, nel corso delle audizioni, in data 19 e 20 luglio, presso questa Prefettura”.
“Qui o c’è un equivoco, o c’è un errore” ha commentato Bisi, riferendosi al fatto che la loggia di Castelvetrano ha sempre consegnato gli elenchi alla Questura.
Resta però il forte diniego alla Commissione Nazionale Antimafia, della consegna di tutti gli iscritti dal 1990 ad oggi.
E restano anche dei dubbi sull’elenco degli iscritti di cui abbiamo parlato l’anno scorso. Iscritti (non solo del GOI), provenienti appunto da un documento della Questura, che avrebbero dovuto rispecchiare lo stato dei massoni attivi nelle varie logge del territorio. Ma che si sono rivelati parziali, o comunque non aggiornati. Ciò potrebbe quindi legittimamente far pensare che l’acquisizione da parte delle varie questure di Sicilia e Calabria, non sarebbe sufficiente. Non solo per la storicità degli iscritti dal 1990, ma forse anche sui nomi dei fratelli che attualmente risultano attivi.
Nel corso della conferenza stampa, abbiamo fatto due domande a Stefano Bisi.
Cosa può dirci sull’eventuale presenza di cittadini di Castelvetrano in logge di altre città? Accade perché una loggia per nascere deve avere necessariamente un maestro e quindi si attinge in logge già esistenti? Può essere naturale dunque trovare un castelvetranese in una loggia di Sciacca o di Palermo?
Il fratello di Castelvetrano che opera in una loggia di un’altra città deve aver dimostrato di avere interessi lavorativi o familiari nella nuova zona. Di solito però le domande devono essere presentate nel luogo di residenza o di lavoro, perché anche questa è una forma di controllo.
Ma chiaramente l’ingresso in massoneria avviene per cooptazione, no? Qual è la funzione delle domande che vengono presentate?
Se un cittadino italiano maggiorenne vuole essere ammesso al GOI e ne conosce un membro, può manifestargli l’interesse di farne parte. A quel punto, i contatti si intensificheranno ed il fratello parlerà a lungo con lui. Per esempio per me, questo periodo è durato 4 anni, dal 1978 al 1982, quando venni ammesso al GOI. Dopodiché il fratello gli farà presentare la domanda, corredata da tutti i dati e dal certificato giudiziale dei carichi pendenti. Inoltre occorre rispondere ad alcune domande, tra le quali se si crede in un essere supremo. Gli atei non sono ammessi. Poi la domanda viene lavorata ed il “bussante” verrà contattato anche da altri fratelli. Infine verrà presentata da un fratello “presentatore”, una modalità che per altro esisteva già nei partiti della vituperata prima Repubblica. Per il suo ingresso occorrerà la votazione di tutti i componenti della loggia.
Si parla spesso di fare pulizia al proprio interno. Ne aveva parlato negli anni ’80 Paolo Borsellino, in quella famosa lezione sull’antimafia agli studenti di Bassano del Grappa, che faceva la differenza tra la rilevanza penale e gli elementi di opportunità. Un modo per favorire la legalità che prescindeva dai reati e dalle condanne. Anche la massoneria potrebbe mettere in pratica questo insegnamento di Borsellino, prescindendo appunto dalle condanne, senza inseguire per forza il terzo grado di giudizio? Rimanendo a Castelvetrano, è cronaca ormai risaputa quella dell’ex vicesindaco massone del GOI, avvocato Giuseppe Rizzo, che in occasione dell’assoluzione di Calogero Giambalvo (ex consigliere comunale, fan di Matteo Messina Denaro, che si sarebbe fatto 30 anni di galera pur di proteggerlo e che parlando col cognato, gli confidava che se fosse stato al posto del latitante avrebbe ucciso uno dei figli di Lorenzo Cimarosa, che in quel periodo stava collaborando con la giustizia), aveva dichiarato di essere rimasto basito, perché Giambalvo, insieme al pregiudicato Giuseppe Fontana (anche lui assolto nello stesso processo), non sarebbero dovuti nemmeno essere incarcerati, mettendosi nei panni del dramma vissuto dalle loro rispettive famiglie. Ecco, un’affermazione del genere, in termini di opportunità è devastante, soprattutto se fatta da un vicesindaco. Ma sia la politica che la massoneria non presero alcun provvedimento. Allora le chiedo, queste riflessioni sull’opportunità che percorsi fanno?
Noi facciamo molte riflessioni sull’opportunità, più di tante altre organizzazioni sociali. Però dobbiamo metterci d’accordo su una cosa: se la Costituzione della Repubblica Italiana si osserva o non si osserva. Siamo andati a votare il 4 dicembre, sarebbe stata l’occasione forse per parlare della costituzione, invece si è fatto un referendum se si doveva mandare a casa il presidente del Consiglio o no. La Costituzione dice delle cose precise sulle condanne e noi, quando entriamo in loggia (così come i magistrati) giuriamo di osservare la Costituzione. E questa non si può osservare solo per gli articoli che ci fanno piacere e non per altri. Poi ci sono delle situazioni di opportunità e di valutazione che attengono alla coscienza del singolo che va rispettata. Vanno rispettate le opinioni di ognuno. Però, diceva Norberto Bobbio, che ci sono dei valori freddi e dei valori caldi. Quelli freddi sono la Costituzione, le leggi, l’ordinamento. Il rispetto dell’ordinamento ci consentirà di esprimere i valori caldi, che sono le passioni, gli amori, gli interessi culturali. Quindi, è chiaro che ci sono valutazioni di opportunità quando si fanno alcune dichiarazioni. E qui non si tratta di essere garantisti o giustizialisti. Mi piace che ci sia il rispetto della carta costituzionale, che venne scritta da una commissione che era presieduta da un fratello del GOI che si chiamava Meuccio Ruini. Sulla Costituzione, Pietro Calamandrei disse “Questo è il testamento di 100 mila morti. Se volete onorare la costituzione andate nelle montagne dove i partigiani furono uccisi, nelle carceri dove furono torturati”. Quindi, questa Costituzione non lo possiamo tirare da una parte o dall’altra secondo quello che ci fa più comodo, ma bisogna osservarla sempre. I “bussanti” quando entrano nel GOI, giurano sulla Costituzione, che è la legge delle leggi e va rispettata. Noi questo chiediamo ad ogni fratello. Spero che ogni organizzazione sociale di questo Paese faccia giurare, al momento dell’ingresso, sulla Costituzione Italiana, proprio come fanno i fratelli del GOI.
Lei è protagonista di una vicenda in cui è stato chiesto il suo rinvio a giudizio per ricettazione. Lei stesso, valutando le carte, ha pensato di non dimettersi. Anche dentro la massoneria, qualcuno aveva suggerito le sue dimissioni, ma i fratelli le hanno fatto quadrato. Riflettendo proprio in termini di opportunità, non sarebbe stato il caso di dimettersi, almeno fino a quando la vicenda non si fosse chiarita?
E se domani si scopre che questo reato non c’è, è giusto lasciare in balia delle onde un’associazione, un Comune, un ente, solo perché c’è un’ipotesi di reato? Certo, è una valutazione di opportunità. La mia è stata quella, sentendo i fratelli e percependo il loro forte sostegno, di rimanere al mio posto.
Egidio Morici