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29/07/2017 06:00:00

Stragi, la strategia unica contro lo Stato si fermò con la nascita di Forza Italia

La strategia stragista unica di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta, che ha visto il sodalizio criminale essere una "Cosa sola" nella lotta contro lo Stato, si fermò con la nascita di Forza Italia.  E’ questo quello che sta venendo fuori dall’inchiesta condotta dalla Procura di Reggio Calabria che nei giorni scorsi ha emesso due mandati di arresto e diverse perquisizioni.

I provvedimenti riguardano il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, da 23 anni in carcere al regime del 41 bis e il capomafia calabrese Rocco Santo Filippone, 77 anni, boss legato alla potente cosca dei Piromalli di Gioia Tauro. I due sono ritenuti dai giudici i mandanti di tre attentati contro i carabinieri che gli inquirenti di Reggio ritengono inseriti nella strategia stragista. Il primo attentato è avvenuto il 18 gennaio 1994, lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria vennero uccisi gli appuntati Antonino Fava e Giuseppe Garofalo; nel secondo, l'1 febbraio 1994, furono feriti l'appuntato Bartolomeo Musicò ed il brigadiere Salvatore Serra mentre il primo dicembre 1994 rimasero miracolosamente illesi il carabiniere Vincenzo Pasqua e l'appuntato Silvio Ricciardo. Questi attentati tutti avvenuti in Calabria, sono ritenuti parte dello stesso attacco allo Stato portato avanti con le stragi di mafia del 1993.

CONTRADA - Queste nuove indagini della squadra mobile di Reggio, del servizio centrale antiterrorismo e dei poliziotti della squadra mobile di Palermo, hanno visto la perquisizione dell'appartamento di Bruno Contrada e di altri indagati: Cesare Carmelo Lupo, da sempre vicino ai fratelli Graviano, in galera da tempo e Cosimo Lo Nigro, condannato per mafia e omicidi. Contrada è entrato nell'inchiesta perché gli investigatori calabresi lo ritengono in contatto con un indagato, l'ex poliziotto Giovanni Aiello, detto «faccia di mostro». Secondo la ricostruzione di diverse procure sarebbe il collegamento tra i servizi segreti deviati e Cosa nostra e per questo sarebbe il depositario di tanti segreti.

"Contrada - scrivono i pm reggini - è risultato essere la persona più strettamente legata ad Aiello nella polizia". Fonte dell'informazione sarebbe «una persona pienamente attendibile che non si nomina per motivi di sicurezza». Contrada, sempre secondo i giudici di Reggio, avrebbe avuto contatti con un altro ex agente di polizia, Guido Paolilli, dopo che questi fu sentito su Aiello. Paolilli e Aiello sono stati indagati a Palermo per l'omicidio del poliziotto Nino Agostino, ucciso assieme alla moglie nel 1989. Paolilli, che rispondeva di favoreggiamento, ottenne l’archiviazione del procedimento. Aiello, accusato di omicidio, è ancora indagato dopo l'avocazione del fascicolo da parte della procura generale.
La perquisizione a casa di Contrada, arriva a pochi dopo che la Cassazione dopo una lunghissima vicenda giudiziaria ha revocato la sentenza di condanna a 10 anni per concorso esterno. Questo il commento del suo avvocato, Stefano Giordano: «Ci aspettavamo ed era ampiamente prevedibile, una reazione da parte di chi ha perso e non si rassegna a questa inesorabile sconfitta. Contrada è sereno - ha aggiunto il legale - e spera di non essere più disturbato nel sonno».
L’inchiesta calabrese ha preso spunto dalle dichiarazioni di due assassini rei confessi dei carabinieri, Giuseppe Calabrò e Consolato Villani, ma soprattutto dalla ricostruzione di Gaspare Spatuzza, ex killer scelto dei Graviano, diventato poi uno dei collaboratori di giustizia ritenuti più affidabili.

"PATTO CON FORZA ITALIA" - Nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Ndrangheta stragista“, il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo: “Dopo gli omicidi dei carabinieri, le stragi di via d’Amelio e Capaci, le bombe a Roma, Firenze e Milano, è “scoppiata” la pace all’improvviso e la strategia stragista si arresta quando i corleonesi, la ‘ndrangheta ed altre organizzazioni criminali come camorra e Sacra Corona Unita trovano nel nuovo partito di Forza Italia la struttura più conveniente con cui relazionarsi”.

L’obiettivo era semplice: siglare un nuovo patto di convivenza con lo Stato. “Il disegno terroristico e mafioso servente rispetto ad una finalità più alta, che prevedeva la sostituzione di una vecchia classe politica con una nuova, diretta espressione degli interessi mafiosi”, ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.

“Dopo il tramonto della Prima Repubblica e la lunga scia di sangue che ne ha segnato il trapasso – ha aggiunto il numero uno di via Giulia – ‘ndrangheta e Cosa nostra volevano mantenere il controllo assoluto sulla classe politica, proiettandosi su quella emergente nella nuova fase storica che si andava delineando. In questo quadro rientrava anche la decisione delle mafie di fare un attentato dinamitardo con un’autobomba nella terza decade del mese di gennaio del 1994 allo stadio Olimpico contro i carabinieri che avrebbe provocato, secondo chi lo aveva organizzato, almeno cento morti tra gli uomini dell’Arma, con effetti destabilizzanti per la democrazia”.