Negli anni ’90 la mafia tagliò due grossi pini ad un consigliere comunale di Castelvetrano. Uno di questi fa parte di una installazione artistica che verrà inaugurata lunedì prossimo nell’area verde curata dall’Associazione che organizza il Premio Pino Veneziano. L’installazione, ideata da Ute Pyka e Umberto Leone, è un lavoro di scultura, scrittura e recitazione, realizzata in collaborazione con Gaetano Savatteri e Vincenzo Pirrotta.
Si sa, gli alberi raccontano il proprio passato attraverso gli anelli, ma in quest’occasione qualcuno reciterà dal vivo la storia di questo enorme pino. Insomma sarà la voce dell’albero.
Dopo la serata di domenica (ne abbiamo parlato qui) in cui ci sarà la premiazione e le musiche popolari provenienti da tutta Europa, il protagonista del lunedì seguente, alle 21,30, sarà dunque il pino, che vedrà anche la presenza delle autorità, tra le quali anche il Procuratore capo di Marsala Vincenzo Pantaleo.
Ma chi era il consigliere comunale al quale la mafia taglio i due imponenti alberi? Si tratta del dottor Francesco Cirrincione, al quale abbiamo fatto un paio di domande.
Ci può parlare di questi pini tagliati dalla mafia?
E’ stato un periodo particolare.
Molti anni fa, ero ancora consigliere comunale, quindi prima del 2001, mi ero opposto alla realizzazione di una discarica di rifiuti tossici in contrada Galasi nei pressi della Diga Delia, a Castelvetrano. Non è mai stato dimostrato alcun collegamento tra questa vicenda e il taglio degli alberi che ho subito nella mia campagna. Ma non si è trattato di un avvenimento isolato, perché è avvenuto dopo altri attentati incendiari e minacce.
Si trattava di due pini che rappresentavano i miei figli e che avevo piantato insieme a mio suocero. Certo che, per tagliarli, si sono impegnati parecchio. Non è facile buttare giù degli alberi così grossi. Avranno usato una motosega molto potente.
Allora ero un fermo oppositore delle scelte che non mi convincevano. Erano tempi in cui la mafia minacciava in modo abbastanza diretto, senza sottigliezze. In quel periodo non avevo l’appoggio di nessuno, nemmeno degli ambientalisti. Ecco perché poi lasciai la politica attiva.
Ma chi avrebbe realizzato questa discarica?
Quelli che avevano investito in questo progetto erano di Messina. Oggi non ci sono più, scomparsi nelle faide con i calabresi.
Mi fa un certo effetto sapere che si riparli di queste cose. Io avevo dimenticato tutto. Si tratta di cose vecchie ormai, che forse non interessano a nessuno. E quello non è stato un periodo piacevole.
Ricordo che delle persone (alcune delle quali erano di mia conoscenza) mi portarono in un appartamento in cui rimasi bloccato per ore, perché doveva arrivare una telefonata.
L’atmosfera non era certo delle migliori. Alla fine chiamò un tizio di Messina che mi disse che non era opportuno io mi agitassi così tanto contro la realizzazione della discarica, perché sarebbe stata invece una buona occasione per l’economia della città e avrebbe dato tanti posti di lavoro.
Ovviamente la pensavo in modo diverso: da noi non c’erano industrie. Che senso avrebbe avuto accogliere i rifiuti prodotti dalle industrie degli altri?
Però, ripeto, è una storia vecchia. Io ero giovane e volevo cambiare il mondo, non avendo ancora capito che da soli è impossibile. Quando, più di vent’anni fa, dissi che l’economia di Castelvetrano era malata, perché infiltrata dalla mafia, fui allontanato dai salotti buoni della città. Erano altri tempi. Rispetto ad oggi, c’era certamente meno spazio per le opinioni discordanti.
Oggi, la mancanza di spazio per le opinioni discordanti, trova invece il suo spazio proprio all’ingresso di Marinella di Selinunte, di fronte al parco archeologico.
Egidio Morici