Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
30/07/2017 06:00:00

Relazione DIA: "Riina al vertice di Cosa nostra. Messina Denaro il leader più carismatico"

Totò Riina nonostante la malattia e l’età avanzata è ancora il capo di Cosa nostra e mantiene forte la sua autorevolezza sugli altri mafiosi. Lo rivela la relazione della DIA del secondo semestre del 2016. E sono alcune operazioni che confermano ancora la supremazia del boss corleonese. In alcune intercettazioni, infatti, due elementi di spicco della malavita palermitana affermano: “se non muoiono tutti e due luce non ne vede nessuno…”, il riferimento era anche a Provenzano, morto poi lo scorso luglio.

Ma se Riina mantiene ancora intatta la sua influenza, sicuramente, il leader più carismatico in libertà è Matteo Messina Denaro, il ricercato numero uno in Italia. Attorno alla sua figura si continua a reggere il sostanziale equilibrio tra famiglie e mandamenti e la cattura dei capi più importanti ne avrebbe aumentata l’influenza anche nel palermitano e nella complessiva governance di Cosa nostra. La rilevante entità dei beni sequestrati a suoi prestanome  fornisce un’indicazione del potere di penetrazione economica e degli affari di cui il boss è capace, potendo contare su una pluralità di soggetti insospettabili. La centralità del superlatitante nella gestione degli affari illeciti nei vari contesti della provincia è stata ulteriormente suffragata, anche nel semestre di riferimento, da alcune significative attività investigative


La divisione del territorio Palermitano
A Palermo, secondo le più recenti indagini il territorio è stato suddiviso in 15 mandamenti (8 in città e 7 in provincia), composti da 80 famiglie (32 in città e 48 in provincia) anche se "la suddivisione dei mandamenti non è più rigidamente osservata, come lo era prima, talvolta surrogata da un sistema di referenze territoriali, con compiti di gestione complessiva delle attività criminali di maggiore importanza, e da un ampliamento della competenza d'area delle famiglie operativamente più attive". "I confini e le norme circa la competenza su ciascuna area sono interpretate in maniera più flessibile rispetto al passato, - prosegue - comportando anche sconfinamenti, indebite ingerenze, candidature autopromosse, progetti di scissione. Nel contesto delineato, l'organizzazione si sforza di conservare una struttura unitaria e verticistica, sebbene l'aver concesso a famiglie (e mandamenti) una maggiore autonomia abbia indotto, alcuni giovani boss e varie articolazioni territoriali, all'assunzione di decisioni talvolta non condivise".

Dalla Commissione Provinciale ai nuovi organismi
Con i boss in carcere, nonostante i tentativi di riorganizzare, la Commissione provinciale non è più riuscita a riunirsi ma Cosa nostra ha comunque deciso di affidarsi a nuovi organismi che vedono il coinvolgimento delle maggiori famiglie. Scrive la Dia: “La Cupola palermitana spendeva la sua influente autorevolezza nell'intero comprensorio della Sicilia Occidentale e, in genere, costituiva punto di riferimento anche per le decisioni strategiche attinenti alla rimanente parte dell'Isola. In mancanza di un organismo decisionale, idoneo a dare risposte urgenti in una fase di emergenza, Cosa nostra avrebbe riconosciuto legittimità ad agire ad un organismo collegiale provvisorio, costituito dai più influenti capi mandamento della città". "Questo organismo assolverebbe a funzioni di consultazione e raccordo strategico fra i mandamenti palermitani - prosegue la relazione - Si tratterebbe di una cupola anomala, che non coinvolge l'intera organizzazione e alla quale prenderebbero parte reggenti scarcerati per fine pena o figli d'arte, che non sempre godono di unanime riconoscimento".

Cosa Nostra Trapanese - L’influenza di Cosa nostra in provincia di Trapani è e rimane ancora molto forte. Qui si presenta ancora una struttura unitaria e verticistica, con un capillare e profondo radicamento territoriale: caratteristiche che la rendono del tutto omogenea a quella palermitana. Nonostante le operazioni di contrasto da parte dello Stato, l’organizzazione mafiosa registra tutt’oggi una notevole potenzialità offensiva, grazie al pervasivo controllo del territorio (soprattutto sottoforma di estorsione verso i titolari di attività d’impresa) e all’immutata capacità di adattamento e d’infiltrazione nel tessuto socio-economico locale.
Il degrado sociale che connota alcune aree della provincia contribuisce ad accrescere il potenziale criminale di Cosa nostra. Questa, oltre a continuare ad imporre un clima di omertà, sembra riscuotere anche un certo consenso nelle fasce più emarginate della popolazione.
Suddivisa in quattro mandamenti (Alcamo, Castelvetrano, Mazara del Vallo e Trapani), che raggruppano complessivamente diciassette famiglie.

Matteo Messina Denaro - Il principale ricercato, come detto, rimane il boss Matteo Messina Denaro. I tanti sequestrati a suoi prestanome confermano il potere di penetrazione economica di cui è capace il latitante di Castelvetrano, grazie alla collaborazione di tanti soggetti insospettabili. Infiltrazioni negli appalti pubblici, estorsioni, anticipate da atti intimidatori nei confronti di imprenditori e commercianti, costituiscono ancora il sistema con cui Cosa nostra riesce a per far fronte alle esigenze di liquidità e per mantenere il controllo del territorio.
Nella seconda parte del 2016 anche per un Istituto bancario della provincia di Trapani, la Banca di Credito Cooperativo di Paceco “Senatore Pietro Grammatico", è stata emessa una misura perché ritenuta a disposizione di diversi soggetti diversi legati alla criminalità organizzata e alla massoneria.

Droga e sequestri - Altro punto allarmante, in provincia di Trapani, secondo la DIA rimane lo spaccio di sostanze stupefacenti. Hashish e marijuana, ma anche cocaina e, in quantità minori, eroina. Il fenomeno della coltivazione di piante di cannabis ha registrato un notevole incremento negli ultimi anni”. Nell’intera provincia di Trapani è proseguita l’attività della DIA e delle forze di polizia per sottrarre i patrimoni illecitamente accumulati da soggetti che supportano le famiglie mafiose o indagati per associazione mafiosa. Nel secondo semestre 2016, sono stati sequestrati o confiscati beni per un valore totale di centoventicinque milioni di euro.