Antonio Vaccarino annuncia querela per diffamazione nei confronti della nostra redazione, con una nota inviataci dal suo avvocato. Pare che non gli sia piaciuto l’articolo a firma di Egidio Morici dal titolo “Matteo Messina Denaro e la Castelvetrano sulla cresta dell’Onta”.
La nota non è delle più chiare, ma è probabile che la parte “incriminata” sia quella in cui si accenna al rapporto tra Vaccarino e Francesco Messina Denaro, defunto padre del boss latitante: “…Messina Denaro capisce il tradimento. E non la prende bene. Anche perché dell’ex sindaco di Castelvetrano si fidava, visto che era in buoni rapporti col padre don Ciccio”.
L’avvocato di Vaccarino scrive che “nessun rapporto di amicizia risulta in nessun atto e a nessuno, come la verità impone, tra il mio assistito e Messina Denaro Francesco”.
Ma l’accusa a Tp24 non si ferma lì, dal momento che la querela viene messa in relazione ad una “manifesta e reiterata pubblicazione di atti e circostanze documentalmente falsi”, dei quali però non entra nel merito. Secondo la nota, Vaccarino avrebbe “potuto e voluto circostanziare dettagli utili per l'affermazione della verità ma, a quanto pare – si legge - certamente per nulla funzionali ai disegni di codesta fonte informativa. Quindi del curatore dott. Egidio Morici”.
Insomma, secondo l’ex Svetonio, Egidio Morici avrebbe dei “disegni” contrari all’affermazione della verità. E la verità sarebbe che tra lui e il padre di Matteo Messina Denaro non ci sia stato un “buon rapporto”, così come si è scritto.
La nota termina con una sorta di auspicio/ammonimento: “Ciò a chiarimento anche per eventuali subdoli suggeritori che, magari, ci auguriamo presto scoperti tra quelli che hanno vanificato il lavoro di quattro anni”. E qui forse si fa riferimento al fallimento della trappola per la cattura di Matteo Messina Denaro, che Vaccarino avrebbe ordito in passato insieme ai servizi segreti del Sisde allora capitanati da Mario Mori.
In sintesi, il buon rapporto del professore con Francesco Messina Denaro, sarebbe stato il prodotto di “subdoli suggeritori”, che si troverebbero addirittura tra gli autori della mancata cattura.
Va da sé che respingiamo al mittente le accuse sulla pubblicazione di “atti e circostanze documentalmente falsi”, così come le allusioni a presunti “disegni” dei nostri collaboratori che cercano invece di fare il proprio meglio in un territorio così difficile. Inoltre, consideriamo (come abbiamo sempre fatto) sacrosanto il diritto di replica che forse, rispetto all’annuncio di querela, avrebbe aiutato un po’ di più il lettore a capire.
Approfittiamo allora dell’occasione per riparlare del della figura del Vaccarino (ex sindaco di Castelvetrano, in passato condannato in via definitiva per droga, dopo che l’accusa di mafia era caduta) e del ruolo che ha rivestito, di concerto col Sisde, nel tentativo di predisporre la cattura del superboss.
Nei pizzini rinvenuti nel covo di Bernardo Provenzano, scambiati tra questi e Matteo Messina Denaro, quest’ultimo scriveva al boss corleonese di alcune vicende che coinvolgevano appunto il Vaccarino che, secondo il contenuto degli scritti in questione, “risultava pure in contatto con il Provenzano attraverso un nipote di quest’ultimo”.
Il superboss di Castelvetrano, nei pizzini del 2004, definiva il professore “una persona di fiducia” che gli aveva proposto degli affari attraverso una persona a lui intima (il fratello Salvatore Messina Denaro). Ma quando il fratello Salvatore viene arrestato, ovviamente il carteggio tra i due si ferma. E gli affari (ovvero la costruzione di una stazione di servizio lungo l’autostrada A29 Palermo Mazara, pressso il parcheggio “Costa Gaia”) subiscono uno stop.
Vaccarino però riesce a ricontattare Matteo Messina Denaro attraverso un altro canale: Bernardo Provenzano, per altro anche lui in piena latitanza.
E come arriva al boss corleonese? Attraverso Carmelo Gariffo, nipote prediletto dello stesso Provenzano. Vaccarino, conosce questo Gariffo perché è parente di sua cognata. Niente di che, a Corleone ci si conosce un po’ tutti, è così che si dice anche per altre città.
Così come si dice che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli o, in questo caso, quelle degli zii sui nipoti. Se non fosse che Carmelo Gariffo è stato arrestato nel settembre 2016 e rinviato a giudizio proprio pochi giorni fa insieme ad altre 11 persone per associazione mafiosa, estorsione aggravata e danneggiamento. Il Gariffo inoltre avrebbe provato a ricostituire il mandamento locale di Corleone.
Chiaramente si tratta di avvenimenti successivi al periodo dei carteggi, con i quali non c’è alcuna correlazione, ma colpisce che qualcuno sia riuscito a contattare un latitante, raggiungendo indirettamente un altro latitante. E non si parla di latitanti qualsiasi, ma di quelli tra i più ricercati al mondo.
E insomma, alla fine Matteo Messina Denaro pregava il Provenzano di incaricare suo nipote affinché riferisse al Vaccarino che lo avrebbe contattato al più presto tramite un’altra persona di sua fiducia.
Che dire invece del rapporto dell’ex sindaco di Castelvetrano con Francesco Messina Denaro, padre dell’attuale latitante?
Un buon rapporto? Di amicizia? Di semplice conoscenza?
In un pizzino Vaccarino scrive al superboss, parlando del padre: “Un eccezionale genitore; ritengo che abbia fatto della sua vita l’esaltazione dell’equilibrio”. E Matteo Messina Denaro ringrazia dicendo di non avere parole per ringraziarlo degli elogi a quel faro. Ma anche questo non “certifica” che tra i due c’era un buon rapporto, perché poteva rientrare in una strategia di avvicinamento ulteriore alla “preda”, per carpirne l’incondizionata fiducia e poter arrivare alla cattura.
Un buon rapporto? Di amicizia? Di semplice conoscenza?
Lo stesso Vaccarino, nel suo interrogatorio del 23 marzo 2007 raccontava, scrivono i magistrati, dell’esistenza di un antico rapporto di conoscenza con il padre del latitante, Messina Denaro Francesco, ricordando un episodio avvenuto nell’aprile del 1997: era stato appena scarcerato, quando
“è venuto il cognato di Messina Denaro Francesco, certo Filardo (Michele, ndr), a venirmi a dire subito, ancora Messina Denaro Francesco era libero, se io avevo intenzione, nel tempo, di incontrare a suo cognato, perché io godevo della sua stima, perché avrebbe avuto il desiderio ma non poteva perché era latitante…”.
Un buon rapporto? Di amicizia? Di semplice conoscenza?
Di seguito la nota inviata in redazione dall’avvocato di Vaccarino, Giovanna Angelo:
“Ho ricevuto incarico dal Prof Vaccarino di predisporre formale querela per diffamazione a mezzo stampa per la manifesta e reiterata pubblicazione di atti e circostanze documentalmente falsi.
In inspecie si rappresenta a codesta ecc. ma testata giornalistica che il mio assistito in diverse occasioni, con scritti o telefonate, avrebbe potuto e voluto circostanziare dettagli utili per l'affermazione della verità ma, a quanto pare, certamente per nulla funzionali ai disegni di codesta fonte informativa. Quindi del curatore dott Egidio Morici.
Per meglio chiarire intanto una parte, nessun rapporto di amicizia risulta in nessun atto e a nessuno, come la verità impone, tra il mio assistito e Messina Denaro Francesco.
Ciò a chiarimento anche per eventuali subdoli suggeritori che, magari, ci auguriamo presto scoperti tra quelli che hanno vanificato il lavoro di quattro anni.”