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04/08/2017 06:00:00

Mafia, il Procuratore di Marsala Pantaleo: "Basso rigetto da parte dell'opinione pubblica"

 E’ come una balena piaggiata. Di quelle che custodiscono storie avventurose ed incredibili. E non può che affascinare quel grosso tronco di pino, diventato un’opera d’arte (ne avevamo scritto qui) inaugurata lunedì scorso, alla presenza delle autorità, di fronte al parco archeologico di Selinunte.

I due artisti castelvetranesi Umberto Leone ed Ute Pyka, hanno voluto trasformare lo strumento simbolo della morte dei due grandi alberi tagliati dalla mafia (i pini erano due, quello più piccolo ha avuto una destinazione diversa) in un elemento di decoro: nel tratto in prossimità del taglio, infatti, vari pezzi di sega a nastro abbracciano il tronco, esaltandone la maestosa bellezza.

La storia di questi pini, recitata dal vulcanico Salvo Piparo e scritta da Gaetano Savatteri, la sera dell’inaugurazione, ha colpito tutti. La si potrà ascoltare con le cuffie, proprio davanti all’installazione (esposta al “Pensiero Contemporaneo”) dalla voce dell’attore Vincenzo Pirrotta, che in questi giorni è impegnato in varie città con il suo spettacolo teatrale “Binnu Blues, il racconto del codice Provenzano”.

 

Ecco che allora i pini raccontano, dal “loro” punto di vista, quello che accadde molti anni fa, quando la mafia li ha abbattuti. Raccontano del rumore, dello “stridore del ferro”, del “crepitio del legno”, dello “squarcio delle vene” e dello “strappo delle fibre”, in un testo che vale davvero la pena ascoltare.

Lunedì scorso c’è stato anche l’intervento del procuratore capo di Marsala, Vincenzo Pantaleo, che ha parlato del valore dell’opinione pubblica nell’affermazione della legalità.

Ne pubblichiamo di seguito un significativo stralcio:

 

E’ di tutta evidenza come il commissariamento contestuale di due importanti enti territoriali della provincia (Trapani e Castelvetrano, ndr), direttamente o indirettamente collegato a circostanze attinenti situazioni di profonda illegalità, la dice lunga su quanto ancora debba essere fatto per l’affermazione della legalità in questo territorio. E la dice lunga su quanto sia necessario che la pubblica opinione prenda le distanze da comportamenti talora generalizzati, che sono tutti funzionali all’affermazione del potere mafioso, indipendentemente dalla diretta violazione di norme scritte o di principi di civile convivenza.

Quest’auspicio purtroppo, dobbiamo dirlo, trova un ostacolo in una circostanza obiettiva costituita dal fatto che lo stadio attuale di rigetto da parte della pubblica opinione di determinate condotte, ha una soglia davvero bassa, che si limita alle più eclatanti manifestazioni di violazione della legge penale, mentre non comprende altre condotte che pur non violando alcuna legge, sono profondamente lesive dei diritti e dei più elementari principi del vivere civile.

La mafia trova la sua forza nel consenso da parte dell’opinione pubblica. Condotte, la cui illegalità non è evidente, ma che sono funzionali all’affermazione del potere di controllo del territorio per il perseguimento di illeciti profitti, anche mediante l’elargizione di vantaggi e prebende a chi si rivolge al potere mafioso, individuandolo come un’alternativa allo Stato. Occorre che vi sia un’azione di contrasto forte da parte dello Stato, che deve avere una duplice direzione: quella repressiva, grazie alla quale abbiamo conseguito dei risultati veramente eccezionali; quella preventiva, altrettanto importante, che deve essere esercitata da un’azione amministrativa (del governo centrale e periferica) che sia trasparente. Quest’ultima si può realizzare soltanto con la credibilità dei rappresentanti degli enti istituzionali. Occorre un’azione di moralizzazione della pubblica amministrazione, per meglio ridefinire i rapporti tra il cittadino che deve vedere nello Stato l’unico referente, senza cercare altrove. Occorre che lo Stato si riappropri del territorio che ha perduto e che si sostituisca al potere mafioso, proprio grazie a quest’opera di moralizzazione della pubblica amministrazione.”

 

Crediamo che, fin quando a Castelvetrano il commissariamento per mafia continuerà ad essere percepito come una sorta di attentato alla democrazia, vorrà dire che di lavoro da fare ce ne sarà ancora parecchio.

 

Egidio Morici