A Marsala, alle Egadi, a Pantelleria. Ci sono un sacco di meduse. Il terrore dei bagnanti ha trovato una nuova casa nelle nostre acque. Ma come mai? Secondo uno studio scientifico sembra che sia colpa anche delle piattaforme petrolifere: offrono un rifugio sicuro per la riproduzione di una delle specie comuni nel Mediterraneo, la medusa quadrifoglio. A dirlo è uno studio pubblicato su Environmental research letters da un team di ricercatori dell' Istituto nazionale di biologia marina sloveno e dell' Università di Lisbona.
Le meduse sono il deterrente più efficace per dissuadere qualcuno dal tuffarsi in acqua. Anche nelle giornate più torride. Per questo il turismo della penisola ha sempre temuto come la peste una ipotetica 'invasione' di fantasmi gelatinosi e urticanti, eppure nell' ultimo mezzo secolo abbiamo fatto di tutto per rendere loro la vita più che comoda.
In particolare, secondo i modelli studiati dai ricercatori, la costruzione di piattaforme ha favorito la nascita di colonie della Aurelia aurita, cosiddetta medusa quadrifoglio perché dotata sul suo ombrello di gonadi che ne ricordano la forma.
In questo caso però l' inquinamento non c' entra. Sono le strutture artificiali, costruite dall'uomo, ad offrire una base sicura per la riproduzione. Fino a garantire una crescita esponenziale della specie. Il ciclo di vita di queste meduse è piuttosto articolato. Dopo la riproduzione sessuata, che avviene tra due esemplari, maschio e femmina, si forma una planula, cioè un uovo fecondato, che vaga per le acque in cerca di un appoggio. Solo dopo essersi ben saldamente ancorata, la planula si trasforma in un piccolo polipoide, che dà vita, questa volta con una riproduzione asessuata, alle "efire", i 'piccoli' di medusa. medusa quadrifoglio
Le piattaforme hanno regalato alle meduse un porto sicuro. E hanno creato colonie al largo, negli ultimi due decenni, dove non erano mai state osservate.
E anche se l' invasione ancora non è quantificabile, sono diversi i fattori introdotti dall' uomo che stanno rendendo le nostre acque un ambiente sempre più favorevole alla loro proliferazione. A cominciare dalla pesca intensiva, che toglie di mezzo i loro principali predatori. Per finire con il riscaldamento dei mari. Ma c' è anche una buona notizia in tanta abbondanza. Con la giusta ricetta le meduse potrebbero presto diventare un ottimo contorno o antipasto. Sono ricche di sali, proteine e collagene, assai poco caloriche. In Asia vengono consumate da secoli, ma in Italia sono necessari determinati controlli dei processi di conservazione e di pesca.
Va anche detto poi che ci sono meduse bellissime. Come quelle di un'installazione artistica che si può vedere in questi giorni all'ex Tonnara Florio a Favignana.
Le meduse, abitanti "gelatinosi" dei nostri mari, sono aumentate a dismisura nel Mediterraneo: in sei anni, dal 2009 al 2015, gli avvistamenti lungo le coste italiane si sono decuplicati, con un picco nel 2013. Questi alcuni dei risultati di 'Occhio alla medusa', un progetto di ricerca nato dall'università del Salento e in collaborazione con Marevivo, che chiama in causa per 'offrire' il proprio contributo i cittadini, grazie alla possibilità di inviare direttamente le proprie segnalazioni.
I numeri parlano di una vera e propria 'esplosione' di questi organismi sinuosi e colorati, e in alcuni casi urticanti e pungenti: si è passati da circa 300 avvistamenti di meduse nel 2009 ai 3.000 nel 2015, con i dati sulla proliferazione passati da 140 a oltre 1.200. Tra i motivi di questa crescita c'è per esempio il riscaldamento globale che, per via dei cambiamenti climatici, porta specie tropicali nel Mediterraneo, lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici (in sostanza si pescano troppi pesci legati all'equilibrio della catena alimentare), e di base un adattamento che consente l'avvio del ciclo biologico.
«La Sicilia è una delle aree hot spot delle meduse cioè un’area in cui gli organismi gelatinosi spinti dalle correnti, si accumulano più probabilmente che in altre aree», spiega Ferdinando Boero, docente di Zoologia e biologia marina dell'università del Salento del Cnr-Ismar. Seguendo le correnti marine, le meduse si accumulano in Sicilia soprattutto alle Eolie, a Lampedusa e alle Egadi. «In queste zone - spiega Serena Zampardi, ricercatrice dell’università del Salento -, frequenti sono le segnalazioni di Pelagia noctiluca, la più comune medusa urticante del Mediterraneo; Velella velella, non urticante che spesso colora di blu le spiagge tra aprile e maggio; la Cotilorhiza tuberculata e Rhizostoma pulmo, innocue, che giungono in tarda estate».
Le alte temperature rischiano di causare danni anche alla fauna dei fondali (coralli, gorgonie, cozze), mentre potrebbero favorire l’insorgere di alghe tossiche per l’uomo. Un’ipotesi avanzata dal biologo marino Marco Faimali, del Cnr di Genova: «La temperatura del mare è più calda del solito da mesi. La riproduzione di molte specie è avvenuta con un mese e mezzo di anticipo. Le meduse sono arrivate in primavera. Siamo al limite. Se il clima torna subito alla normalità, con piogge e mareggiate, non ci saranno conseguenze. Ma se persiste il caldo, avremo dei danni all’ecosistema, in primis a gorgonie, coralli e altri organismi filtratori, come le cozze».