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23/08/2017 22:00:00

Selinunte, Festival della Luce. Giacomo Bonagiuso traccia un bilancio a metà del percorso

"La speranza non muore neanche di fronte all'abbandono" - cosi il Direttore Artistico del Festival Giacomo Bonagiuso riassume il risultato dei primi due eventi della rassegna: il tramonto a Malophoros "in limine lucis" dove Debora Messina, con Rosario Lisma e i Musicanti hanno incantato letteralmente il pubblico esibendo le viscere della sicilianità contenute in Ignazio e Rosa Balistreri; e l'alba al Tempio di Hera dove i giovani del Kepos Performing Theater con il Coro polifonico del Carpe Diem hanno incantato la gremita platea accorsa"ante lucem" alle 6 del mattino a godere uno spettacolo unico.

"Volevamo arrivare in luoghi inediti o in orari inediti, e ci siamo riusciti. La partecipazione della gente e dei turisti è stata enorme. Proprio loro devono sapere che il Festival continua e che il prossimo anno lo ritroveranno nelle domeniche d'agosto.
Torneranno le albe e i tramonti e si confronteranno con i figli di questa Terra. Sì, perché la specifica del Festival resterà immutata: mostrare che anche questa parte di Sicilia possiede un canto, una voce, un teatro. Bella Palermo. Bella Catania. Belle Siracusa ed Enna, ma artisti ed intellettuali e poeti e musicisti e teatranti di questo corno di Sicilia che è Trapani (la massonica, la mafiosa, la muta, la segreta) non possono più subire la sorte del silenzio, pagare il conto di tutte le mafie e di tutte le massonerie e subire lo scotto della colonizzazione perenne. Siamo zittiti da anni. Sempre in emigrazione. Impossibilitati a dire la nostra qui, dove c'è invece assoluto bisogno di dire la nostra!

Qui le direzioni artistiche arrivano sempre da fuori. No... Non Roma o Milano che al massimo fanno da paravento: ma da Catania, Palermo,... Qui i nostri teatri chiudono o diventano sala B di teatri più piccoli e scarni ma "raccomandati" perché "locali di Palermo".
È tempo che Trapani (il territorio non la Città!) tiri fuori quel canto e quella voce che le sono costantemente zittiti...oppure è tempo di morire. Perché deve finire questo lamento che recita che qui non ci può essere arte, ma solo malapolitica e mafiosità. Noi non ci stiamo più e rispondiamo nell'unico speranzoso modo che conosciamo: facendo cultura e facendola con i nostri giovani e coi nostri artisti.
Certo è che abbiamo col nostro teatro e senza nomignoli triplicato (se non quadruplicato) le presenze al Tempio di Hera in un orario impossibile, l'alba, e compiuto il miracolo di riportare il canto a Malophoros dopo 2000 anni, riempiendo le sedie disponibili e soprattutto facendo riappropriare la gente del luogo più sacro a Selinunte.

Ci hanno aiutato amici di questa terra, di Trapani, come Rosario Lisma, Gregorio Caimi, Debora Messina, Roberta Caly, Fabio Gandolfo.... Tutti di Trapani:artisti infiniti senza mafia e senza smorfia di massoneria. E ci ha aiutato l'autorevole presenza di un direttore, Enrico Caruso, a cui piace scommettere sui giovani e sulle idee nuove e che ci ha stupiti per capacità organizzativa. Ci ha aiutato il pubblico e ci hanno aiutato le meraviglie straordinarie del nostro territorio.
Ora non intendiamo fermarci. Il Festival prosegue e l'otto Settembre con l'aiuto di altri due siciliani, una mezza trapanese, Elena Ferraro e l'altro tutto trapanese, Toni Giorgi, guarderemo in faccia le due leve della verità e della giustizia, in un Convegno "Dalla parte di Antigone?". Poi metteremo in scena il "nostro" Fango, recitato non da attori ma dalla famosa società civile (medici, avvocati, informatori scientifici, impiegati, studenti...) che si prenderà la responsabilità di una messa in scena "in smorfia della mafia".

Con questo Festival abbiamo mostrato una forza inedita, che spesso nasce dai momenti di crisi, dove la scelta è tra disperazione e speranza. Abbiamo scelto la speranza e abbiamo scelto bene. Ci vediamo quindi l'8 settembre per i due eventi conclusivi del Festival".