Ci piacerebbe iniziare a parlare di elezioni regionali nei nostri articoli con un confronto serrato tra i programmi. Ci piacerebbe che i lettori fossero interessati non solo allo spreco di nomi di candidati presidenti a governare la Sicilia, ma a come e con quale progetto, e relativa strada praticabile, il candidato presidente darebbe una sterzata al passato.
Purtroppo, destra e sinistra, sono impantanati in luoghi comuni e frasi piene di retorica senza però trovare la quadra. Una sinistra che si è affidata al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e al suo modello facendogli dettare legge sul nome del candidato e sulle alleanze. Eppure ve lo ricorderete tutti quando, appena eletto, a domanda di Enrico Mentana se fosse del Partito Democratico, Orlando, lasciò l'intervista in asso girando le spalle e andandosene velocemente. Una lezione di autocontrollo da manuale di psicologia clinica.
Il PD con tutto il suo apparato e con i cinque anni di governo regionale non ha un nome da spendere, si affida a Orlando e a quello che etichettano “modello Palermo”, tradotto: un candidato etichettato come “civico” e i partiti dietro le quinte. Nessuno evidenzia però che quel modello, nel capoluogo siciliano, ha funzionato perchè Orlando è Orlando, come uno spot pubblicitario.
Contro il Professore nessuno avrebbe vinto e, passaggio politico non secondario, dall'altra parte l'accozzaglia era talmente evidente, anche agli sprovveduti della politica, che la strada per Orlando era cosa fatta.
Il “civico” in questa tornata, per il PD, è anche “Magnifico”, è il rettore dell'Università di Palermo, Fabrizio Micari. Faccia pulita, indiscusse capacità aggregative, Orlando dice di non essere mai stato a cena con lui e di non conoscerlo però sono pronti ad affidargli l'Isola. Con quali programmi ancora non lo sappiamo, la canzone a destra e a sinistra è lo stessa: discontinuità da Rosario Crocetta.
Se volgiamo lo sguardo a quello che rimane di un centro-destra, con Forza Italia implosa sotto la scure dei forzisti catanesi di origine AN, le cose non sono messe meglio.
I candidati al momento sono due: Nello Musumeci che, voti a parte e alleati pure, rimane candidato; Gaetano Armao, folgorato a villa San Martino, amore corrisposto da Silvio Berlusconi, è in giro per la Sicilia a presentate il suo Manifesto.
Dove sono i programmi? Quelli articolati? Quelli che presentano discontinuità? Cosa si vuole fare di questa Terra per i prossimi cinque anni di governo? Facciamo qualche esempio, poi magari i candidati prenderanno spunti, piacerebbe sapere ai siciliani cosa vorranno fare delle società partecipate, sui corsi di formazione, cosa intendono fare con i 23 mila forestali, come vogliono gestire i parchi archeologici ovvero ancora come intendono mettere mani ai trasporti, alla viabilità, che in quest'isola sono una vera iattura.... alla tutela dei prodotti siciliani, come intendono proseguire l'azione di spending review, la lista potrebbe non finire più ma sono questi e altri i punti su cui gli elettori vorrebbero un confronto indipendentemente dal nome che incarnerà il programma.
Perchè, diciamolo chiaramente, ma chi conosce Fabrizio Micari? Non tutti sono avvezzi al mondo accademico, il lavoro da fare è immane ma il PD è pronto. Meglio un Micari che uno targato dem, il cui, eventuale flop, non farebbe altro che anticipare quello delle politiche nazionali del 2018.
Una cosa è certa: le regionali siciliane del 2017 saranno ricordate come il tour dei politici. Tutti in giro, chi in auto, chi in camper, chi solo virtualmente, ma sono tutti in tour... il famoso porta a porta è stato soppiantato dal “si va casa per casa” di Davide Faraone che proprio il 18 agosto scorso affidava i suoi pensieri alla sua pagina social: “il candidato va trovato in fretta...serve un presidente, una squadra, un programma...”
Ci sarà tempo per scriverlo questo programma, nell'isola dell'improvvisazione e dell'approssimazione si fa il contrario: prima il candidato poi il programma. Una sotto traccia che spiega bene la politica, la sua attività complessa e irriducibilmente lontana dai cittadini.
La Sicilia è stata ridotta ad un test per le prossime elezioni politiche e con un centro-destra così spaccato il centro-sinistra non potrà che vincere con il Magnifico, non Lorenzo il mecenate di Firenze, uomo politico del Rinascimento, ma Fabrizio. Il rettore che si appresta a governare l'Isola, proprio da lui ci piacerebbe sapere come e che idea ha di programma o se anche quello gli verrà somministrato, goccia a goccia, dall'Orlando palermitano. Ne potrebbe uscire fuori un poema cavalleresco, con Berlusconi innamorato di Armao e Orlando stregato da Micari. Duelli, amori, passioni, grandi gesta...
Non se la passano meglio gli altri da Roberto Lagalla, che più che discorsi da candidato governatore parla con tono e stile accademico lontano dal corpo elettorale, ai grillini, in piazza, che sfoderano l'elenco romano di cosa hanno fatto e sputano veleno contro la casta, la stessa di cui fanno parte, aizzano la folla contro la politica ladrona. Ma il programma dov'è? Come la vogliono fare questa Regione a Cinque Stelle?
Queste elezioni, a differenza delle precedenti, sono destinate a lasciare una traccia forte, e siccome i cittadini sono stanchi di sentirsi raccontare la favole che inizia sempre con: “La Sicilia è un Paradiso” ci piacerebbe capire chi ci accompagnerà, e con quali mezzi, in questo viaggio per i prossimi cinque anni di legislatura? Tutti poeti e tutti sognatori di una Terra bellissima, l'eco è lo stesso da mesi, adesso vorremmo conoscere il punto di svolta di questo promesso e rinnovato amore. Le parole sono importanti, i fatti conseguenziali ai discorsi lo sono ancora di più.