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02/09/2017 06:05:00

Elezioni in Sicilia, tra le incertezze sulle candidature spunta pure Vittorio Sgarbi

La Sicilia è la Terra del riscatto, così si dice. Dalle parole ai fatti, di mezzo c'è un chiaroscuro e delle mezze verità che non fanno trapelare nulla di buono. Per un centro destra che ha trovato la sintesi e il proprio candidato, un centro sinistra che non riesce ad uscire fuori dalla candidatura di Fabrizio Micari e da quella di Rosario Crocetta. In ballo non ci sono i nomi ma la vittoria delle elezioni regionali del prossimo 5 novembre che porteranno con sé il test per le prossime elezioni politiche del 2018.

La Sicilia quasi lasciata sola al suo destino, nessuna azione romana forte che risolva la diatriba interna al PD regionale e che faccia chiarezza.
Matteo Renzi è in silenzio, tenta di mediare Fausto Raciti, ma la cosa più ovvia da fare, in questo contesto politico che si è venuto a creare, è una chiara volontà di Renzi di mettere fine alle parole in circolo, e sono tante. Adesso è il tempo dei fatti, della cooperazione e della capacità di mettere in piedi una candidatura da presidente, spendibile e competitiva.

Lo deve, istituzionalmente, a quest'Isola non solo Renzi ma soprattutto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un intervento forte che possa contrapporre a Nello Musumeci una figura di garanzia, così da giocarsi la partita ad armi pari, non lasciando che il centro destra faccia scatti in avanti. Se così non fosse la Sicilia a novembre tornerà in mano a Totò Cuffaro.
Solamente la discesa in campo di Piero Grasso, attuale presidente del Senato, potrebbe stoppare la concorrenza politica. A Roma lo sanno, e se non dovessero far nulla vorrà dire che la Sicilia è stata già spartita. Si gioca per perdere.  Eppure qualcuno parla ancora di primarie come Crocetta, Lumia, Cracolici, Tabacci. Il tempo è scaduto. Una controtendenza che darebbe vantaggio agli avversari, Cancelleri in testa.

Non è a favore delle primarie nemmeno Fabrizio Micari, il candidato del centro sinistra, al momento solamente rettore, visto che la candidatura non è stata ufficializzata e che potrebbe essere spedita al mittente. Orlando al momento tace, aspetta e spera.
Alternativa popolare, di Angelino Alfano, è rimasta attaccata al PD ma rischia di perdere e di rimetterci la faccia, se dovessero stancarsi e volgere lo sguardo verso la coalizione di Musumeci, i dem resterebbero isolati. Perdenti.
Alfano stringe i tempi, chiede al PD di rompere gli indugi e di ufficializzare la candidatura di Micari. Dovrebbe bastare il buon senso per far capire al governatore Crocetta che non è il momento degli isterismi uterini e che sarebbe opportuno fare un passo indietro, per quella Sicilia che ha dichiarato di amare.

Ore di riunioni che si sovrappongono e che si intersecano in ambienti palermitani e romani, nelle segreterie dei partiti, cellulari roventi e messaggeria impazzita. La settimana volge al termine, meno di sessanta giorni e i siciliani voteranno il loro presidente. Sondaggi farlocchi a parte, il dato reale è che cresce l'astensionismo e la distanza della gente dalla politica. I dem sono fiduciosi, entro la settimana prossima tutto troverà soluzione. Le soluzioni non è detto che siano sempre positive. La disfatta è quasi cosa fatta.

In questo marasma politico c'è un pullulare di candidati che farebbe invidia ad un campo di tulipani olandesi. Ieri ha dichiarato di volersi candidare a governatore della Sicilia Vittorio Sgarbi, il critico d'arte ed ex sindaco di Salemi. Saranno contente le donne.
Fresco di libro “Rinascimento”, scritto con Giulio Tremonti, torna ad innamorarsi di quest'Isola: “Non posso far finta che le elezioni siciliane non siano prodromiche alle Politiche. È talmente evidente che ci sia un nesso. Allora avevo diverse opzioni. La prima, comodissima, non fare niente. La seconda era andare con Musumeci. E ci avevo anche pensato quando Miccichè voleva rompere con lui e andare con Alfano, ma poi è tornato”. E allora rimaneva la terza opzione. Quella della corsa in prima persona.  Lo faccio come atto d'amore verso una regione simbolo della bellezza italiana, per una Sicilia libera dai pregiudizi e dai luoghi comuni”.

Sgarbi è convinto di poter vincere e di intercettare, facendosi votare, i voti di Totò Cuffaro.
E ritorna inesorabile il nome di Cuffaro, come fosse una coperta, un pile con cui assicurarsi quel leggero tepore quando l'aria inizia a irrigidirsi.
Cuffaro, in politica dal 1980, vari i ruoli istituzionali ricoperti, presidente della Sicilia dal 2001 al 2006, rieletto successivamente, nel 2008 dimessosi quando è arrivata la prima condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
La sanità dei governi cuffariani è stata sotto gli occhi di tutti, una casta, la più importante, con un bacino di voti da non sperperare, tanto da sperperare c'era il danaro pubblico.

L'ultima regione d'Italia per prestazioni di servizi e per dispendio di risorse, quell'assessorato costava più della Presidenza stessa.
Furono gli anni degli incarichi, delle assunzioni su assunzioni dei camici bianchi, dei primariati, delle consulenze, anni di comandi, trasferimenti, di favori e compiacenze. A pagare era il cittadino, governava il centro destra.
Fu il periodo in cui Villa Santa Teresa a Bagheria, casa di cura privata, messa su da Michele Aiello, riuscì ad ottenere l'accreditamento con la Regione Sicilia prima ancora che la struttura venisse terminata e consegnata. Il tariffario più esoso mai visto, ridotto del 75% quando Aiello venne arrestato, poi condannato a 14 anni di carcere per associazione mafiosa.

Furono gli anni in cui nel suo governo i cuffariani avevano sei assessori con interessi diretti in cliniche private, Ettore Cittadini compreso. Gli anni in cui la maggior parte dei deputati all'ARS avevano quote di partecipazione o erano soci di aziende sanitarie. Un colosso da non perdere ma curare, una roccaforte di voti che non poteva essere toccata, mentre la Sanità pubblica crollava per dare spazio a quella privata.
Questo è il prodotto del governo targato cuffaro e company, lo stesso che nella giornata di ieri è stato presentato ai siciliani come il riscatto della Sicilia.  Oggi l'azione del governo Crocetta, con l'assessorato alla Salute, targato Lucia Borsellino prima e Baldo Gucciardi adesso, ha portato la Sanità siciliana al nono posto della classifica italiana per rendicontazione di spesa e per prestazione dei servizi sanitari, nona per i livelli essenziali di assistenza. Non siamo più Regione né cenerentola né canaglia.