Dal 1° settembre del 2004 non si sa più nulla della piccola Denise Pipitone. Il mistero sulla sua scomparsa rimane. Prima due sentenze di assoluzione per l’imputata Jessica Pulizzi, una al tribunale di Marsala il 23 giugno del 2013 e l’altra alla terza sezione della Corte d’Appello di Palermo il 2 ottobre 2015, poi il 19 aprile scorso la decisione della Cassazione che ha rigettato il ricorso del procuratre generale Rosalba Scaduto che aveva chiesto per l’imputata, - sorellastra di Denise e figlia dello stesso padre (Piero Pulizzi), accusata di essere responsabile del sequestro della bambina -, una condanna a quindici anni di carcere così come avevano chiesto i pm di Marsala nel processo di primo grado.
Nella sua requisitoria finale il pg Scaduto aveva affermato: "Gli indizi contro Jessica sono chiari, univoci e convergenti". Così non è stato invece per i giudici della Suprema Corte che hanno confermato quanto sostenuto dai giudici di Marsala e di Palermo, secondo i quali a carico della sorellastra di Denise ci sono soltanto pochi indizi e nessuna prova.
E’ questo il motivo - affermano i giudici nella motivazione della sentenza depositata alcuni giorni fa - per il quale non bisogna fare obiezione nei confronti della sentenza d’Appello alla quale si erano opposto i pg e i familiari di Denise, Piera Maggio, Antonino Pipitone all’epoca suo marito e il padre naturale di Denise, Piero Pulizzi.
Per i giudici della Cassazione, Jessica non era l’unica persona che poteva provare del risentimento nei confronti di Denise, infatti anche la madre, Anna Corona, poteva provarlo, ma non è stata imputata nel processo. Altro aspetto sottolineato dai giudici, riguarda la presenza di Jessica nella zona del mercatino vicino alla casa dove poi scomparve Denise.
Secondo i giudici non è una prova visto che la località in questione, Mazara del Vallo, è una località molto piccola. In definitiva, la Cassazione ha confermato quello che hanno stabilito i giudici nei primi due gradi di giudizio e cioè, nonostante un movente forte come il rancore provato dalla “sorellastra” non ci sono mai state delle prove vere e schiaccianti.
Una sentenza che cancella l'unica pista accreditata per cercare di dare una spiegazione alla scomparsa di Denise. In questi tredici anni abbiamo imparato a conoscere la forza e la voglia di combattere per ritrovare Denise, della sua mamma, Piera Maggio. E’ sempre stata lei in prima linea nell’affrontare processo, media e opinione pubblica. Il padre di Denise, Piero Pulizzi, ha sempre parlato poco ed ha sempre nascosto il suo dolore in silenzio. Ora con le motivazioni della sentenza della Cassazione ha ritenuto di intervenire e lo ha fatto dal suo profilo facebook:
«Credete che ‘questo padre’ sia rimasto a guardare? Nella mia vita ho preso decisioni e fatto scelte drastiche, non facili ma che erano opportune a causa di argomenti a me poco chiari e poco convincenti. Mi sono schierato dalla parte del più debole che in questo caso era Denise. Insieme a Piera (Maggio) combattiamo per la verità. Chiunque sia il colpevole deve pagare per il male che ha procurato. I bambini non si toccano per nessuna ragione e non esiste alcuna giustificazione che tenga! Pensate al dramma e al dolore di un padre doppiamente colpito, una figlia scomparsa e l’altra sospettata/accusata. Anche se spesso rimango dietro le quinte - scrive Piero Pulizzi - insieme a Piera lottiamo e lotteremo per avere giustizia. Ma soprattutto non abbiamo perso la speranza di riabbracciare la nostra Denise».
E anche Piera Maggio continua la sua battaglia. Non si arrende e lancia un nuovo appello a chi secondo lei sa qualcosa sul rapimento di sua figlia: «Rivoglio mia figlia! Per paura o omertà c’è gente che sa e non parla. Codardi e vigliacchi, è stata rapita una bambina, non un oggetto! Chi ha rapito Denise non viene da lontano. Difficilmente un estraneo qualunque rapisce una bimba sconosciuta in una periferia qualsiasi di Mazara del Vallo. Coloro che hanno rapito Denise sapevano benissimo chi era».