Un paio di settimane fa, un quotidiano dava notizia di un’indagine dei carabinieri su presunti accessi al mare irregolari a Selinunte. Il luogo in questione era l’area verde tra la via Pigafetta e la spiaggia. Un sito che in passato il Comune di Castelvetrano aveva affidato per 3 anni ad una associazione, la Green Hand, attraverso un bando pubblico. La gestione era stata inizialmente prorogata per altri tre anni nel maggio del 2016 e poi revocata il 20 aprile del 2017.
Ma qualche settimana fa, la polizia e i carabinieri sono intervenuti tempestivamente in tandem, chiamati da un cittadino che avrebbe notato movimenti di un automezzo all’interno dell’area.
Cosa stava succedendo?
Un terrorista? Un ladro? Un piromane?
No, era il signor Vito Bruno. Titolare del lido “Porta del sole” che, finita la stagione balneare, aveva smantellato la propria struttura e stava caricando (insieme ai suoi ragazzi) i pezzi su un furgone, per poi uscire dal cancello che dà sulla via Pigafetta. Un’operazione perfettamente legittima, perché autorizzata dal direttore del Parco Enrico Caruso.
Chi invece accompagna le forze dell’ordine non è un cittadino qualsiasi, ma il presidente della Green Hand, Giuseppe Lipari. Ed è proprio lui, curiosamente, a chiedergli di esibire l’autorizzazione, pretendendo che questa fosse in forma scritta, secondo quanto ci riferisce lo stesso signor Bruno che, in difficoltà nonostante il direttore gli avesse concesso di accedere all’area per permettergli il trasporto del proprio lido ormai smontato, ha chiamato la sede del parco archeologico. Ed il dottor Caruso ha incaricato un custode che, giunto sul posto, non capiva il perché della presenza del presidente della Green Hand che, dopo la revoca dell’aprile scorso, non avrebbe potuto accampare alcun diritto sul sito, ritornato interamente nella disponibilità del Parco.
La faccenda è stata quindi chiarita: il signor Bruno era entrato col furgone perché semplicemente il custode del Parco aveva aperto il cancello (a sua volta autorizzato dal direttore). Poi l’aveva richiuso, riportando le chiavi in direzione e aspettando che il signor Bruno lo richiamasse per farlo uscire, una volta pronto col mezzo carico. In sostanza, la chiave del nuovo catenaccio era sempre stata in possesso del parco.
Ad ogni modo, dopo che gli animi si sono calmati, tutto è tornato alla normalità, senza che né le forze dell’ordine, né Lipari avessero mai sentito la necessità di parlare col dottor Caruso.
La scintilla di tutto questo sarebbe collegato ad un catenaccio.
Infatti, dopo la revoca, l’associazione non ha mai consegnato al Comune le chiavi del lucchetto del cancello di accesso da via Pigafetta. E quindi il Parco ha provveduto a sostituirlo con un altro. Probabilmente, gli ex gestori avranno pensato che l’autore della sostituzione fosse stato il proprietario del lido “Porta del Sole”, coinvolgendo le forze dell’ordine in un intervento assolutamente sproporzionato, anche nell’ipotesi del presunto illecito.
E’ evidente che l’interesse per quell’area da parte della Green Hand andasse molto al di là della semplice gestione limitata alla pulizia, alla custodia ed all’apertura e chiusura dei cancelli.
Infatti nei tre anni di gestione, il posto è stato sostanzialmente un risto pub estivo, dove poter cenare, bere ed ascoltare musica dal vivo.
La cosa interessante è che la giunta Errante, nel maggio 2016, aveva deliberato la proroga della concessione per altri tre anni, con una motivazione singolare: “Si ritiene necessario continuare con l'Associazione Green Hand la gestione di tale area al fine di garantire il servizio di fruizione, custodia e pulizia della stessa affidandola senza scopo di lucro alla predetta associazione che ha richiesto il rinnovo della concessione”.
A questo punto, il totale scollamento tra le vicende reali e quelle rappresentate nella delibera, potrebbe aver ingenerato negli “audaci” gestori la convinzione che quel posto fosse diventato ormai di “loro proprietà”, tanto da realizzare una piattaforma in legno abusiva, non prima di aver eseguito i relativi lavori di sbancamento altrettanto abusivi, con un mezzo meccanico in un’area protetta. Chiaramente a nessuno è venuto in mente che queste attività non fossero state autorizzate e nessuno ha mai chiamato le forze dell’ordine sospettando un illecito.
Nemmeno il sindaco e gli assessori di allora si sono accorti di nulla. Probabilmente frequentavano luoghi diversi. E per anni, nonostante locandine, eventi su Facebook e cene di parenti o amici, non si erano accorti nemmeno che l’attività non era affatto senza scopo di lucro e che i criteri di gestione del bando, pubblicato dopo pochi mesi dall’insediamento di Errante, erano lontani anni luce dal comportamento di chi se l’era aggiudicato. Eppure era stata concessa la proroga per altri tre anni.
Si dirà: ma prima di concedere la proroga, il Comune avrà fatto delle verifiche.
Certamente. Infatti, nella relativa delibera del maggio 2016 si legge che “a seguito di accertamento non sono state riscontrate inadempienze della predetta concessione”.
Ma si sa, gli accertamenti delle pubbliche amministrazioni si fanno di mattina: niente cene, niente birre, nessun lucro.
Alla fine, dunque, il sindaco Errante si è svegliato. E, nell’aprile del 2017, ha revocato la concessione, quando gli ispettori inviati dal Viminale per verificare le infiltrazioni mafiose del Comune erano al lavoro da un mese. Il pretesto per dire basta era arrivato a fagiolo: il comando del corpo forestale di Castelvetrano aveva rilevato la violazione sulla posa della piattaforma e deferito all’autorità giudiziaria il rappresentante legale della Green Hand.
Come venisse usata la piattaforma è rimasto formalmente un mistero. Nelle pagine locali di un quotidiano “l’approfondimento” si è fermato alla dichiarazione di uno dei soci, secondo il quale sarebbe servita per “consentire ai turisti e non solo a loro, di potersi sedere e godere della frescura degli alberi nelle giornate di arsura”.
Dopo la revoca, il posto è diventato preda dei vandali che hanno devastato tutto, tagliando perfino i tubi in pvc dell’acqua come se, oltre a distruggere un po’ a caso, si fossero impegnati in modo da rendere il futuro utilizzo dell’area molto più difficoltoso del previsto.
Ci si chiede: si tratta di un caso isolato? Oppure sono meccanismi presenti anche in altri ambiti? E qual è stato in tutto questo il ruolo della politica?
A volte si ha l’impressione che non basterebbero nemmeno 10 anni di commissariamento.
Egidio Morici