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25/09/2017 08:21:00

Riciclaggio e ricettazione, comincia oggi un nuovo processo a Michele Licata e famiglia

 Riciclaggio e ricettazione, comincia oggi un nuovo processo a Michele Licata e famiglia. Un altro processo attende infatti Michele Licata, 54 anni, imprenditore marsalese, nel settore ristorazione-alberghiero, già travolto da un’indagine della Guardia di finanza per una mega-evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione (accuse che lo scorso 2 dicembre sono sfociate in una condanna a 4 anni, 5 mesi e 20 giorni di carcere).

Oggi comincia a Marsala un processo per Licata, rinviato a giudizio , con altri sei familiari, nell’ambito di un altro procedimento, scaturito dal primo, per auto-riciclaggio, ricettazione e violazioni finanziarie. Tra la primavera e l’autunno del 2015, al “gruppo Licata” sono stati sequestrati alberghi, ristoranti, beni mobili e immobili, quote sociali, titoli e denaro per circa 130 milioni di euro.

Le aziende operano in amministrazione giudiziaria. Nel primo filone, sono state condannate, per alcuni capi d’imputazione, anche le figlie di Michele Licata: Clara Maria e Valentina. Nel frattempo, dalle indagini è emerso che Michele Licata, per evitare, secondo l’accusa, di subire ulteriori sequestri, avrebbe tolto somme di denaro dai sui conti correnti per versarli su quelli di suoi familiari (la moglie Maria Vita Abrignani, la madre Maria Pia Li Mandri e la figlia Silvia) fino a quel momento non indagati, ma per questo chiamati a rispondere del reato di ricettazione, come pure la figlia Valentina e il genero Roberto Cordaro. 

 L’indagine delle Fiamme Gialle fu coordinata dall’allora procuratore Alberto Di Pisa (cui, lo scorso anno, è subentrato Vincenzo Pantaleo) e dal sostituto Antonella Trainito. Fu cercando il fiume di denaro accumulato negli anni da Michele Licata che la Guardia di finanza, nell’ottobre 2015, trovò e sequestrò denaro contante per 50 mila euro e assegni per circa un milione e 200 mila euro. Fu in quel momento che finì indagato l’intero nucleo familiare di Licata. Dall’inchiesta, infatti, è emerso che Michele Licata, per evitare, secondo l’accusa, di subire ulteriori sequestri, avrebbe tolto somme di denaro dai sui conti correnti per versarli su quelli di suoi familiari, fino a quel momento non indagati. Le strategie del “dominus”, però, alla fine hanno coinvolto pure loro. A difendere i sette imputati sono gli avvocati Carlo Ferracane e Stefano Pellegrino.