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02/10/2017 10:06:00

Cella troppo piccola: detenuto per mafia libero in anticipo e anche risarcito

 La cella è troppo piccola. Un uomo, in carcere per mafia, è stato rilasciato in anticipo, e ha avuto anche un risarcimento. Accade ad Agrigento. Per quasi tre anni è stato detenuto in uno spazio medio a sua disposizione, considerati gli altri reclusi, di appena 2,73 metri quadrati. E così il magistrato di sorveglianza di Agrigento, Walter Carlisi, ha liberato in anticipo e ordinato un risarcimento di 7.208 euro nei confronti di Domenico Seddio, accusato di mafia. Ritenendo, scrive il Giornale di Sicilia, che il suo trattamento carcerario sia stato «degradante e contrario ai principi costituzionali».

Seddio, 44 anni, avrebbe dovuto finire di scontare nelle prossime settimane la seconda condanna per associazione mafiosa, inflitta nell'ambito della maxi inchiesta Dna che ha fatto luce sull'ennesimo tentativo di riorganizzazione mafiosa delle cosche nel versante empedoclino.

La data del fine pena era prevista per il 17 ottobre ma il magistrato, in accoglimento del reclamo proposto dall'avvocato Vita Maria Mazza, ha disposto la scarcerazione immediata e non solo: per il restante periodo di detenzione al carcere di contrada Petrusa, Seddio dovrà essere risarcito con 8 euro al giorno che moltiplicati per 901 fanno 7.208 euro.

“Dai calcoli elaborati - scrive il magistrato - risulta che Seddio, durante il periodo di detenzione, sia stato collocato per 1092 giorni in uno spazio pro capite, al netto di bagno, suppellettili e letto di meno di tre metri quadrati”.

Carlisi sottolinea che nelle celle in cui è stato detenuto “era comunque presente la finestra che garantiva l'accesso di aria e luce naturale ma risulta che in molte celle sono presenti infiltrazioni di acqua provenienti dal tetto o da perdite dell'impianto idrico che comportavano ripercussioni negative dal punto di vista igienico e sanitario”.

LAUDANI. Prenderà il via a Milano, davanti al gup Giusy Barbara l'udienza con al centro richieste di processo in abbreviato avanzate da quattro imputati e di patteggiamento proposto da altri due imputati, per i quali inizialmente la Dda aveva chiesto e ottenuto il giudizio con rito immediato, nell'ambito del primo filone delle indagini su presunte infiltrazioni della cosca mafiosa catanese dei Laudani negli appalti della Lidl in Italia e nel gruppo Securpolice che si occupa, tra l'altro, di vigilanza anche per il Tribunale milanese. Inchiesta che qualche mese fa aveva portato a una quindicina di arresti.

Da quanto si è saputo le quattro persone che hanno chiesto l'abbreviato ci sono Alessandro Fazio, uno dei due fratelli titolari del gruppo specializzato in security e i presunti prestanome Vincenzo Strazzulla, Alberto Monteverde e Antonino Ferrari.

I patteggiamenti a pene di 3 anni e 4 mesi e 3 anni e 3 mesi sono quelli avanzati da Domenico Palmieri, l'ex dipendente della provincia di Milano e anche sindacalista, ritenuto "facilitatore" degli affari degli imprenditori vicini alla cosca e Orazio Elia, ex dipendente della Regione. I sei imputati o sono ancora in carcere o ai domiciliai o hanno l'obbligo di dimora in Provincia di Milano. Le accuse a vario titolo sono associazione per delinquere, emissione di fatture inesistenti, reati fiscali, corruzione e traffico di influenze.