“Non era una discarica abusiva”. E’ quanto ha sentenziato il giudice monocratico di Marsala Maria Pia Blanda assolvendo due funzionari dell’ufficio tecnico comunale di Castelvetrano, Michele Caldarera, di 49 anni, e Raffaele Giobbe, di 58, imputati, e un imprenditore, Nicolò Clemente, di 49, accusati di “attività di gestione di rifiuti non autorizzata”.
Il primo atto di questa storia si era consumato ai primi di giugno del 2012, quando il nucleo operativo regionale del Corpo Forestale sequestrò un terreno agricolo di circa 1600 metri sulla via Cavallaro (un vecchio uliveto) sul quale l’impresa (“Clemente Costruzioni”) aveva depositato le alghe e la sabbia dragate nel porticciolo di Marinella di Selinunte.
Per chi effettuò il sequestro si trattava di “rifiuti speciali”. Di diverso parere, naturalmente, gli avvocati difensori Franco Messina, Maika Giacalone e Francesco Moceri, che nel processo hanno evidenziato, con successo, che quel terreno era stato concesso in affitto dal proprietario proprio per lo “stoccaggio” temporaneo delle alghe, in attesa che queste si asciugassero (“L’Ato Belice – è stato spiegato dai tecnici comunali - non voleva le alghe bagnate”), e che gli alberi erano già morti da tempo. “Altrimenti – dicono i legali – il proprietario non avrebbe certo affittato il terreno al Comune e all’impresa Clemente”. Quando furono ascoltati dal giudice Caldarera e Giobbe affermarono: “C’erano tutte le autorizzazioni. Anche quelle della Capitaneria di porto. Ma soprattutto l’ordinanza del sindaco di Castelvetrano con cui, d’urgenza, fu disposto il deposito temporaneo delle alghe in un terreno di contrada Marinella”. Spiegando, inoltre, che quei “rifiuti”, prima di essere depositati, furono analizzati. Come conferma anche l’avvocato Franco Messina, difensore di Caldarera, che dice: “Prima e dopo il deposito di quel materiale sono stati fatti dei carotaggi e anche l’Arpa, oltre ad alcune società private, ha attestato che non si trattava di rifiuti tossici o pericolosi”. Aggiungendo, ieri, dopo la sentenza: “E’ stato un processo che non doveva neppure nascere”.