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27/10/2017 06:00:00

Castelvetrano. Area di emergenza tra i rifiuti, il caso finisce sui tavoli della Regione

 Il caso dell’ex campo di aviazione di Castelvetrano, funestato da rifiuti ma destinato ad area di emergenza in caso di calamità da parte della precedente amministrazione comunale, arriva sui tavoli del comune di Castelvetrano.

Con una nota inviata un paio di settimane fa al Dipartimento regionale dell’Ambiente (area bonifiche e risanamenti), a firma del dottor Elvezio Fabbri, era stata rappresentata “la presenza di rifiuti tossici (lastre e coperture in amianto), sfabbricidi e materiali ingombranti, in una zona che era stata precedentemente adibita a luogo di rifugio per la cittadinanza in caso di terremoto”.

 

Pochi giorni fa l’assessorato Territorio e Ambiente ha trasmesso la nota contenente la relazione del dottor Fabbri, insieme al link alla nostra inchiesta (che potete guardare qui), al dipartimento regionale di protezione civile, che ha scritto al Comune chiedendo di sgomberare l’area dai rifiuti.

Il Comune però, ammesso che avesse le risorse disponibili per farlo, non può bonificare l’area perché non ne è proprietario.

L’ex campo di aviazione non è del Comune, ma del Demanio.

Eppure, in una delibera di giunta del 30 settembre 2016, in merito al bilancio sociale del 2015, si leggeva che, “era arrivato a compimento un lungo percorso per ottenere l’affidamento dell’ex campo d’aviazione, ad oggi abbandonato, sito in contrada Fontanelle”.

E si era anche predisposto un bando per potere accogliere le più disparate iniziative private e fare diventare l’area addirittura “una delle più importanti opere della nostra città, al fine di rappresentare un ulteriore volano economico attraverso un’ adeguata progettualità”. Proprio così: un ulteriore volano economico!

Insomma, una conquista che sarebbe arrivata dopo che il Demanio “con un lungo iter – si legge ancora nella delibera - ha deciso di assegnarla al patrimonio del nostro comune”.

 

Abbiamo chiesto al commissario straordinario, Salvatore Caccamo, cosa farà adesso il comune.

“Dopo la nota che ci è pervenuta (quella del dottor Fabbri, ndr) – ha risposto - ho fatto fare un sopralluogo da parte della Polizia municipale che ha redatto un rapporto, poi trasferito all’autorità giudiziaria, in modo che sappiano qual è la reale situazione. Intanto stiamo valutando, visto che siamo nella fase di revisione per l’aggiornamento del piano di protezione civile, anche di individuare un’altra area di ammassamento ed accoglienza. Oppure di sollecitare il demanio affinché provveda alla bonifica.

Tra l’altro, in questa fase, stiamo anche facendo un censimento di tutte le persone che presentano disabilità, con l’Asp ed i servizi sociali, in modo tale che anche queste categorie rientrino nel piano di protezione civile”.

 

Ma dopo tutti i proclami fatti nel recente passato, com’è possibile che il Comune non sia ancora il proprietario dell’area?

“Mi è stato evidenziato che nel 2016 è stata ricevuta una nota da parte del direttore dell’Agenzia del Demanio nella quale rappresenta di essere proprietario dell’area e nello stesso tempo fa una sorta di autodenuncia alla procura della Repubblica per la presenza di rifiuti ingombranti e di varia natura.

In sostanza, erano state fatte tutte le procedure per il passaggio dell’area al Comune di Castelvetrano, ma di fatto la proprietà è ancora del Demanio che, nella stessa nota del 2016, assicura anche che procederà alla bonifica”.

 

Una situazione abbastanza singolare quindi, anche sul versante della Regione Siciliana che, da un lato rivendica la paternità del sito attraverso il Demanio e dall’altro chiede al Comune la bonifica attraverso il Dipartimento di Protezione Civile.

 

Nella nota del dottor Fabbri, l’assessorato regionale al territorio e ambiente veniva informato della gravità della situazione, “la quale si ripercuote sul diritto fondamentale della salute individuale, in virtù dell’esposizione della popolazione ad agenti chimici sicuramente cancerogeni (es. le fibre aerodisperse in amianto) e presenta notevoli riflessi sull’ecosistema ambientale”.

Una segnalazione che non è caduta nel vuoto, avendo auspicato “un pronto intervento da parte del Ministero dell’Ambiente – si legge nelle nota - di concerto con gli enti regionali competenti, affinché si provveda immediatamente e senza indugio alla messa in sicurezza dell’area, prevedendone il divieto di transito per la popolazione, l’esame tossicologico del grado di inquinamento, la conservazione ed il progressivo smaltimento dei rifiuti tossici e pericolosi per la collettività”.

 

A questo punto è probabile che nella revisione del piano di protezione civile, si potrebbe anche scegliere un’altra area da adibire ad ammassamento e accoglienza in caso di calamità. Ma non sarà facile trovare uno spiazzo così grande, senza rifiuti ingombranti e senza eternit.

 

Egidio Morici