Per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, nonché mancata consegna documenti, il giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte ha inflitto 10 mesi di carcere, con pena sospesa, al 47enne marsalese Giuseppe De Vita, gestore, insieme alla moglie Ombretta Nizza, del lido accanto alle due torri di San Teodoro.
Il processo, per “direttissima”, era scattato dopo l’arresto, lo scorso 8 ottobre, ad opera della polizia, a seguito dell’animata discussione scatenatasi con un gruppo di ciclisti amatori (“Le pantere della polizia bike”) che si era fermato nei pressi del lido per scattare alcune foto.
Poi, dopo la convalida dell’arresto e il ritorno in libertà, su richiesta del pm Antonella Trainito, a De Vita era stata applicata la misura cautelare del divieto di dimora nel suo lido. Di recente, il divieto è stato revocato.
Al gestore del lido, difeso dall’avvocato Giacomo Frazzitta, si contestava anche di aver strappato dalle mani del poliziotto in veste di ciclista amatore Luigi Guastella il documento che questi aveva chiesto al bagnino. “In quel momento – si è difeso l’imputato - non sapevo che fosse un poliziotto, anche se è vero che l’ho definito cretino. E non è vero che all’arrivo della pattuglia dei poliziotti non volevo dare i miei documenti. Non li volevo dare al poliziotto vestito da ciclista…”. Dopo la sentenza del giudice Chiaramonte, l’avvocato Frazzitta ha dichiarato: “Non condividiamo questa sentenza. Attendiamo le motivazioni per fare appello. Tutto nasce da un fatto non illecito da parte dell’assistente bagnante. E quindi non c’era motivo di chiedergli i documenti. Se non c’era notizia criminis, perché chiedere i documenti?”. Nel corso della sua arringa, inoltre, il legale ha detto: “E’ mancato il buon senso da parte di tutti. E soprattutto da parte di chi ha cominciato. E questo non è stato De Vita”. Nella prima udienza, il sovrintendente Guastella aveva raccontato: “De Vita è arrivato come una furia e mi ha strappato dalle mani la carta d’identità del bagnino che ci aveva detto che non potevamo fare foto. Senza, per altro, spiegarci il perché. Eravamo in 38, ma arrivati nei pressi del lido uno di noi ha forato. Ci siamo, quindi, fermati. E una ragazza del nostro gruppo è andata sul bagnasciuga per scattare qualche foto. Al diniego, sia la signora, funzionaria del Demanio, che io, abbiamo spiegato che il bagnasciuga è pubblico. De Vita – continuava il poliziotto – si è lasciato andare al turpiloquio e mi ha detto cretino anche alla presenza degli agenti della Volante arrivati dopo che abbiamo chiamato il 113”. Sempre in aula, De Vita ha replicato: “Ho soltanto difeso i miei diritti, non impedisco a nessuno il passaggio sul bagnasciuga, purché non pretenda di passare in bicicletta”.