Due ex dipendenti hanno confermato, in Tribunale, le accuse mosse già in fase d’indagine a Giuseppe Bonafede, ex presidente dell’Associazione panificatori marsalesi, processato con l’accusa di estorsione ai lavoratori.
Il sistema sarebbe stato quello classico. Dare ai dipendenti meno denaro di quanto segnato in busta paga. “Se non ti sta bene, te ne vai. Le condizioni sono queste” avrebbe detto Bonafede a chi si lamentava. Sette lavoratori che avrebbero ricevuto questo trattamento.
Tra i primi due dipendenti ascoltati c’è stata anche la ragazza che ha avuto il coraggio di denunciare facendo scattare, nel gennaio 2016, l’indagine condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura.
Ad assistere la giovane, A. M. B., che dopo circa sei mesi di lavoro “in nero” e con la continua promessa di regolarizzazione, è stata accusata da Bonafede (secondo gli inquirenti, ingiustamente) di aver rubato del pane e per questo motivo licenziata in tronco, è l’avvocato Roberta Tranchida. Il “risparmio”, per Bonafede, secondo quanto calcolato dal consulente della Procura, il commercialista Gaetano Marano, sarebbe stato di oltre 330 mila euro. Imputato, per favoreggiamento, anche uno dei dipendenti “in nero”: il 33enne Giovanni Castagna. E’ accusato di aver rilasciato false dichiarazioni agli inquirenti. A difenderlo è l’avvocato Duilio Piccione (Bonafede, invece, è difeso da Arianna Rallo). A rappresentare le parti civili (tra queste, anche l’associazione Codici, con l’avvocato Giovanni Crimi), oltre all’avvocato Roberta Tranchida, anche Sebastiano Genna e Vincenzo Sammartano.