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16/11/2017 18:36:00

Mafia, Totò Riina in punto di morte: è in coma dopo due interventi

 Totò Riina è in punto di morte. Malato da tempo, è ricoverato nel Reparto detenuti dell’ospedale di Parma. Il capomafia, in coma da giorni dopo due interventi chirurgici, compie oggi 87 anni. Arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza, è ancora considerato dagli inquirenti il capo indiscusso di Cosa nostra. Nelle ultime settimane Riina e dopo il doppio intervento chirurgico i medici hanno da subito avvertito che difficilmente il boss,le cui condizioni sono da anni compromesse, avrebbe superato gli interventi.

Alcuni mesi fa era sata ventilata l’ipotesi che il boss potesse lasciare il carcere proprio a causa delle sue condizioni di salute. Era stata la Cassazione a chiedere al tribunale di Bologna (il boss è detenuto a Parma) di motivare adeguatamente la permanenza di Riina dietro le sbarre a fronte del suo precario stato di salute. Ma la richiesta era stata negata perché il personaggio gode «estrema attenzione e rispetto della sua volontà, al pari di qualsiasi altra persona che versi in analoghe condizioni fisiche»; in più era stato manifestato che il personaggio, benché in condizioni di salute critiche potesse esercitare ancora un potere criminale nel caso in cui avesse fatto ritorno a Corleone, il suo paese natale. Alla fine il capo di Cosa Nostra era rimasto ricoverato nel reparto ospedaliero del carcere di Parma, dove si trova tuttora. Allora il suo stato era stato definito «lucido» e «vigile» ma da alcuni giorni il detenuto è in coma. 

A conferma che il capo di Cosa Nostra ha davvero le ore contate, è giunto un provvedimento del ministero della giustizia. Con il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell’Amministrazione penitenziaria, il ministro guardasigilli, Andrea Orlando, ha firmato il permesso per i figli di Totò Riina che potranno stargli vicino, nella struttura sanitaria a Parma in cui si trova da tempo e le cui condizioni sono precipitate.

Totò Riina sta scontando una pena cumulativa di 26 ergastoli, il primo dei quali per un delitto commesso a Corleone negli anni ‘50. L’accusa più grave nei suoi confronti è quella per gli attentati costati la vita ai magistrati Falcone e Borsellino e alle rispettive scorte avvenuti entrambi nel 1992. Attualmente era ancora imputato nel processo per la cosiddetta trattativa Stato - mafia: finché la salute glielo ha consentito, ha sempre seguito le udienze del processo in videoconferenza.