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19/11/2017 02:00:00

La morte di Totò Riina: le parole di Don Luigi Ciotti, Beppe Lumia e Giorgio Morosini

 Con la morte di Riina non si attenuerà la forza e la pericolosità della mafia. Sono queste le parole di don Luigi Ciotti con le quali  ha commentato la morte del capo induscusso di Cosa nostra: «La morte di Riina, come la morte di ogni persona, chiede rispetto. Ma questo non cancella il ricordo di una vita che, nel caso di Riina, è stata violenta, incompatibile con l’etica del Vangelo, strumento di sofferenza, di omicidi, di stragi.
Una vita che non ha mostrato segni di ravvedimento, nemmeno dopo la scomunica di papa Francesco ai mafiosi in quanto “adoratori del male” e nemmeno dopo il suo “pressante invito” affinché si convertano e aprano il cuore a Dio. Non solo Riina non si è pentito del male commesso, ma lo ha rivendicato, quindi non lo ha riconosciuto come tale. Mi auguro – nel pensiero caro che rivolgo alle persone uccise e ai loro famigliari, vittime di tanto odio – che almeno nel momento della morte abbia avuto il coraggio di guardare nel profondo di sé e di aprirsi così alla misericordia di Dio.
Quanto al futuro di Cosa Nostra, non bisogna illudersi che la morte del capo attenui la forza e la pericolosità di una mafia che ha dimostrato capacità di adattamento e rinnovamento, e che da tempo adotta lo strumento della corruzione e delle complicità politico-economiche per rubare la dignità e la speranza delle persone oneste».

E sulla morte di Riina ha scritto sul proprio blog anche il senatore Beppe Lumia capogruppo nella 2ª Commissione permanente Giustizia e componente della Commissione Parlamentare Antimafia. “È morto il boss Totò Riina. Il capo dei capi di Cosa nostra. Ma non è morta la mafia e si determina una fase di transizione tremenda e dagli esiti incerti. La sfida è in sostanza aperta. Adesso non possiamo perdere tempo. Lo Stato deve saper dimostrare che sa passare dalla “antimafia del giorno dopo” alla “antimafia del giorno prima“.

"Cosa nostra ritorna definitivamente al vecchio ritmo collusivo con la società, l’economia e le istituzioni per premere il grilletto solo quando è necessario e per “operazioni chirurgiche” all’interno e, solo quando è inevitabile, anche all’esterno. Si tratta di una stabilizzazione del quadro attuale interno all’organizzazione, con una guida e una strategia più adeguate e credibili rispetto a quelle dei corleonesi di Riina, Provenzano e Bagarella;
Cosa Nostra sposta il suo baricentro sulle dinamiche collusive ma deve dimostrare al mondo intero, in primis proprio ai mondi di riferimento collusivi, che quando sparare e uccidere è necessario lo si fa senza esitazioni. Si pensa così di mandare un messaggio chiaro ai cittadini riottosi, agli imprenditori che denunciano, ai rappresentanti delle istituzioni che esagerano in strategie e scelte concrete antimafia. Una Cosa nostra che trasmette al suo interno una parte del dna dei corleonesi;
la fase di transizione interna si chiude bene perché i tantissimi boss in libertà e in giro per “fine pena”, gli scarcerati, sono pronti e già preparati ad organizzare il passaggio che la morte di Riina impone. Si riprende il cammino con la pax mafiosa, la sua riorganizzazione per mettere alla guida capi affidabili e temprati per aver saputo reggere il carcere duro del 41 bis senza tradire o mollare la presa. Famiglie di mafia come i Guttadauro, gli Scotto, i Ribisi, i Guzzino, i La Rocca, i Madonia, i Bontempo Scavo… hanno i vecchi fuori e ancora arzilli e i giovani rampolli pronti che scalpitano. Sono più di trecento nei vari mandamenti mafiosi siciliani i boss che hanno scontato la pena e sono ansiosi di riprendere le fila. I giovani rampolli sono, invece, pronti a cogliere qualsiasi occasione utile per scalare i vertici;
si apre una fase di fibrillazione anche violenta al suo interno. La transizione potrebbe incontrare difficoltà di linea condivisa e soprattutto di selezione del nuovo capo e dei nuovi capi in testa ai vari mandamenti e alle commissioni provinciali. Matteo Messina Denaro non riesce a prendere in mano la situazione perché non vuole lui, per rimanere acquattato nella sua latitanza protetta, o perché non lo consentono i boss palermitani che pensano, dopo la dittatura di Riina, di riprendere finalmente in mano la guida di Cosa nostra. Dobbiamo essere pronti anche a questa evenienza.
Dopo aver posto l’accento su quattro dei possibili scenari, il Senatore Beppe Lumia torna sui corleonesi:
“Il boss Leoluca Bagarella dentro e il boss Giovanni Grizzafi, il messia, fuori da qualche mese scarcerato per fine pena – scrive il politico – Dentro anche il figlio di Riina Giovanni, mentre tutti ricordiamo l’altro figlio, Giuseppe, che solo poco tempo fa nella tv di Stato seppe dimostrare la sfrontatezza e l’arroganza dei Riina nel dire al mondo intero che ci sono e che non si metteranno da parte. Ma non sarà facile – teme Lumia – succedere alla belva di Totò, “u curtu”. Gli scenari sono tanti, pericolosi e intriganti“.

"Totò Riina porterà con sé nella tomba tanti misteri...". Lo ha detto all'Adnkronos Piergiorgio Morosini, componente togato del Consiglio superiore della magistratura, commentando la morte del capomafia di Corleone. Era stato proprio Morosini, prima di approdare al Csm, a rinviare a giudizio Totò Riina, nel processo per la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, con l'accusa di minaccia a corpo politico dello Stato. "Saranno i processi, alcuni dei quali ancora in corso, a portare alla luce alcune verità. Anche se i processi, probabilmente, non basteranno. Qui c'è lo spazio della ricerca degli storici - spiega Morosini - La ricerca della verità non finisce nelle aule di giustizia. I punti oscuri sono ancora tantissimi, le verità parziali sono ancora tante. Probabilmente, sono state stagioni che hanno condizionato pesantemente la vita della nostra democrazia. Io personalmente, appena ho subito della morte di Riina ho pensato, intanto, a quante persone ha fatto soffrire quest'uomo e poi ai tanti omicidi che hanno cambiato il corso di certe conquiste ed esperienze. Riina è stato il piombo nelle ali per la realtà siciliana, e non solo siciliana".

"Indirettamente, Riina - prosegue Morosini - è stato la causa di tante vocazioni di impegno giudiziario in Sicilia e a Palermo in particolare. La stagione delle stragi del '92 e '93 ha motivato tanti magistrati, anche di altre regioni a impegnarsi in una postazione molto particolare, come quella di Palermo".

E po si chiede: "Ma la grande scalata criminale di Totò Riina è frutto solo della sua ferocia e crudeltà e della sua capacità criminale? O è anche, in realtà, la conseguenza di una serie di relazioni con ambienti che vanno oltre il mondo di Cosa nostra? Relazioni nei confronti delle quali si è messo al servizio e ha ricevuto in cambio sostegno e protezioni". Piergiorgio Morosini parla, quindi, di "punti oscuri delle stagioni delle stragi, non solo del '92 e '93 ma anche omicidi eccellenti a Palermo, a partire dall'uccisione di Piersanti Mattarella".

Piergiorgio Morosini, è convinto che "la linea 'politica' di Cosa nostra era mutata dopo il periodo delle stragi del '92 e '93". "C'era stata questa filosofia di fondo - spiega il componente del Csm - che portava alla sommersione, all'attenzione per la dimensione affaristica, però coltivata senza gesti eclatanti di attacchi chiari alle istituzioni". "E' chiaro - dice ancora Morosini - che quando accadono fatti di questo tipo, c'è un periodo di assestamento, quindi in questo momento sono molte le incognite rispetto al destino di Cosa nostra. Probabilmente anche rispetto al destino organizzativo di Cosa nostra. C'è da chiedersi se gli schemi organizzativi della stagione mafiosa con Riina libero e non in carcere, siano ancora applicabili al mondo criminale di Cosa nostra oggi. Su questo è difficile dare delle risposte in questo momento".

"Mi chiedo se ancora ci sia una organizzazione con un forte centro gravitazionale e con uomini forti in grado di tenere in pugno tutta l'organizzazione, oppure se non ci sia una organizzazione più orizzontale, in cui operano diverse cosche, come la 'ndrangheta - aggiunge il giudice Morosini- Anche se in realtà la 'ndrangheta è costituita da una serie di famiglie molto legate tra loro da legami di sangue".

Di una cosa è certo, Piergiorio Morosini: "Per Cosa nostra adesso si apre certamente una stagione nuova. Il dopo Riina è una stagione nuova, perché noi sappiamo che in 25 anni di detenzione non venne mai messa in discussione la leadeship di Riina nel mondo di Cosa nostra".

"Quindi, ora cambia tutto - dice ancora Piergiorgio Morosini - Si apre il periodo della successione, con molte incognite". E conclude: "L'auspicio per il mondo legale è che questa successione non produca delle lotte che poi si manifestano anche con dei fatti eclatanti. Molto spesso le guerre di mafia hanno portato lutti, non solo nel mondo criminale, ma anche ciò che c'è all'esterno e che riguarda il mondo legale, delle persone per bene e oneste. Questo va scongiurato in tutti i modi. Adesso abbiamo, però, una polizia giudiziaria e una magistratura molto più attrezzata rispetto a 40 anni fa e risorse giuste per prevenire stagioni di lutto".