E' affondato al porto di Bengasi, in Libia, il peschereccio di Mazara del Vallo "Daniela L", che era stato sequestrato dalla Libia nel 2012, e mai rilasciato. Nessuno si è fatto male, perché i marittimi avevano da tempo lasciato l'imbarcazione, ma il danno economico per le famiglie dei pescatori e per l'armatore è enorme.
Nell'ottobre 2012 i miliziani libici dopo aver sparato hanno condotto a Bengasi, sequestrandoli, i pescherecci Giulia PG e Daniela L., che si trovavano a circa 40 miglia al largo delle coste cirenaiche. Dopo 52 giorni, due processi e il pagamento di un riscatto il Giulia PG è stato rilasciato, ma il Daniela L. è rimasto sotto sequestro.
L'1 dicembre 2010 era stato sequestrato sempre dalla Libia. Anche allora fu condotto al porto di Bengasi ma venne rilasciato dopo una settimana in seguito al pagamento di un'ammenda di 5 mila euro.
La drammatica sequenza dei fotogrammi relativa all’affondamento, è stata recapitata oggi da Bengasi al presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu, Giovanni Tumbiolo (che dalle prime ore del sequestro ha seguito da vicino la complessa vicenda).
Il numero uno del Distretto con una nota ha immediatamente informato, trasmettendo le dolorose immagini, il presidente del Consiglio dei Ministri On. Paolo Gentiloni.
Tumbiolo, con il sostegno della Farnesina e grazie alla sensibilità e professionalità della Diplomazia italiana, è intervenuto a più riprese per la liberazione dei pescatori e, con il sostegno della Regione Siciliana, per alleviare il gravoso nocumento arrecato alle 30 famiglie direttamente legate all’attività del peschereccio.
Ha pure rivolto ripetuti appelli alle competenti autorità nazionali della pesca al fine di limitare il grave danno causato all’armatore dall’ingiusto sequestro. Ma la leggerezza e la sciatteria di alcuni ambienti governativi hanno aggravato il danno mettendo la società armatoriale a rischio di fallimento.
Nella nota a Gentiloni si legge:
“Questo, Signor Presidente, è solo l’ultimo atto di una guerra dimenticata, guardata talvolta dalle istituzioni come se fosse una guerra privata fra miliziani e questa comunità marinara che, colpita alle spalle persino dal fuoco amico di pezzi delle istituzioni, subisce e combatte da sola”.
La cosiddetta “guerra del pesce” ha provocato negli anni 3 morti, 27 feriti colpiti dal fuoco di militari di Paesi rivieraschi. Sono stati oltre 300 i pescatori prigionieri e detenuti nelle carceri dei Paesi nord africani di Libia, Tunisia, Egitto ed Algeria.
Pesanti sono stati altresì gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci sequestrati dei quali 6 definitivamente confiscati, cui si aggiunge oggi il Daniela L.
Un danno economico che gli esperti dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo hanno calcolato in oltre 100 milioni di euro e sociale con la perdita di oltre 4000 posti di lavoro.