Una condanna esemplare (otto anni di carcere) è stata invocata dal pm Niccolò Volpe per Salvatore Lipari, 67 anni, trapanese, ex pastore della Chiesa evangelica pentecostale di Marsala, processato con rito abbreviato davanti al giudice Francesco Parrinello con l’accusa di abusi sessuali ai danni di alcune ragazze minorenni che frequentavano il luogo di culto.
A far scattare le indagini, condotte dalla sezione di pg dei carabinieri della Procura, comandata dal luogotenente Francesco Pellegrino, furono alcuni genitori, con le quali le minori si confidarono.
Lo scorso 1 febbraio Lipari fu posto agli arresti domiciliari. Alla richiesta di condanna del pm si sono associati i legali di parte civile. E cioè gli avvocati Luisa Calamia, Maria Cristina Sciuto, Vincenzo Basile, Francesco Lo Sciuto e Vincenzo Salvo.
“Siete possedute da spiriti maligni – avrebbe detto il Lipari alle ragazzine - ma con le mie mani io vi libererò”. E con questa scusa, ne avrebbe abusato sessualmente per anni: dal 2009 al 2015. L’accusa contestata è, infatti, violenza sessuale aggravata e continuata. “Avete il Diavolo tra le gambe”, o qualcosa del genere, avrebbe detto ancora il Lipari alle giovani fedeli. E per “liberarle” le avrebbe palpeggiate nelle parti intime, facendo credere loro che quelle “pratiche” erano “necessarie” per scacciare il “maligno”. Abusando, quindi, secondo gli investigatori, “del suo ruolo di guida religiosa nell'ambito della comunità evangelica”, il cui tempio è in una contrada del versante nord marsalese. Con il sostegno di una psicologa, le giovani hanno, poi, raccontato quanto avrebbero subito. E conferme alle ipotesi d’accusa sarebbero arrivate dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura. Proprio abusando del suo ruolo di “guida religiosa”, venne spiegato in una nota della Procura quando scattarono gli arresti domiciliari, Lipari “aveva costretto quattro ragazze, all'epoca dei fatti minorenni, a subire atti sessuali, inducendole a ritenere, e con esse i loro genitori, di essere possedute da 'spiriti maligni' e che, per affrancarle, fosse necessario che si sottoponessero a 'riti liberatori', che in realtà consistevano in veri e propri abusi sessuali”. Le indagini, continuava la nota a firma del capo della Procura, Vincenzo Pantaleo, furono avviate “all'esito della denuncia del padre di una delle giovani vittime e, dopo non poche difficoltà dovute al disagio delle stesse nel rievocare esperienze traumatizzanti e alle reticenze di vari soggetti, fra cui anche taluni genitori delle parti offese, è stato possibile acquisire univoci elementi di reità a carico dell'indagato”. Gli investigatori ritengono di avere prove abbastanza solide. Oltre alle dichiarazioni delle ragazze, in mano all’accusa ci sono, infatti, anche intercettazioni di conversazioni il cui contenuto sarebbe inequivocabile, o comunque di notevole conforto probatorio.
L'imputato è difeso dagli avvocati Enrico Pucci e Vincenzo Lo Re, che hanno chiesto invece l'assoluzione del pastore: "I fatti contestati sono stati descritti in maniera diversa rispetto a quanto accaduto - hanno detto i legali nelle loro conclusioni - e ci sono diverse incongruenze nel racconto delle presunte vittime, a cominciare dal fatto che le ragazze, dopo aver subito, come dicono, gli abusi, continuavano comunque a chiamare il pastore e a chiedere di incontrarlo, con l'assenso dei genitori".
La sentenza potrebbe essere emessa il 21 dicembre.