Bisognerà scegliere tra l’aberrazione della panificazione continua senza riposo e l’abusivismo sostitutivo, come quello di una volta?
In passato, quando i panifici nei giorni festivi chiudevano regolarmente, a Castelvetrano c’erano i forni abusivi che vendevano pane. Pane nero, venduto in nero. Pagnotte da mezzo chilo e da un chilo.
Non era proprio una scelta turistica dettata dall’indifferenza delle amministrazioni comunali all’eccellenza del prodotto tipico, ma più banalmente la possibilità di mangiare il pane fresco anche la domenica da parte dei consumatori da un lato e la possibilità di “guadagnare” da parte degli abusivi dall’altro.
Oggi, il decreto regionale per i panificatori (già in vigore) prevede il divieto di panificazione durante la domenica e i festivi. Favorire il riposo dei fornai, almeno un giorno a settimana, in effetti, sembrerebbe una scelta di assoluto buon senso. Ma lo stesso decreto contempla delle deroghe, con la possibilità di prevedere “la turnazione delle aperture delle attività di panificazione nelle domeniche e nei giorni festivi, anche in base alle esigenze e alle peculiari caratteristiche del territorio.”
E siccome il territorio di Castelvetrano è “a vocazione turistica”, ecco che diventerebbe auspicabile (per alcuni addirittura obbligatorio) garantire ai turisti il pane fresco di domenica. Ma i panificatori non ci stanno. Su 34 esercizi, quelli disponibili alla turnazione sono soltanto 9. Basteranno a garantire un locale per ogni quartiere? E se tra questi 9 che hanno dato la loro disponibilità, ce ne fossero 3 dello stesso quartiere?
Il fornaio di turno però, prima di riposarsi, panificherebbe senza riposo per due settimane di seguito. Non essendo un panificio industriale infatti, non avrebbe a disposizione dei dipendenti che possano alternarsi. Anche questa eventualità, proprio nell’ottica della salvaguardia del riposo, non sarebbe proprio una misura condivisibile.
Inoltre, se è vero che la città è da anni presidio Slow Food del Pane Nero di Castelvetrano, è anche vero che a far parte del presidio siano pochissimi panifici, forse soltanto uno. E se proprio questo non si trovasse nella lista dei nove disponibili all’apertura?
Insomma, diamocelo chiaramente: la questione del turismo con le aperture domenicali c’entra davvero poco. Diversamente gli uffici turistici la domenica sarebbero aperti. Invece no, le loro giornate di apertura vanno dal lunedì al sabato.
Certo, ci sono periodi dell’anno in cui stare aperti nei giorni festivi è una sorta di comandamento economico irrinunciabile per i panifici. Basti pensare al periodo natalizio e a quello estivo (almeno per le borgate). In questi casi però, proprio in base al decreto, le aperture sarebbero consentite dall’8 dicembre al 6 gennaio e dal 15 giugno al 15 settembre.
Ad ogni modo, il pane a Castelvetrano è sempre stato oggetto di attriti tra gli operatori del settore.
Basti ricordare la cosiddetta “guerra del pane” nel 2013 (ne avevamo parlato qui).
Era il periodo in cui alcuni panifici avevano cominciato a venderlo addirittura ad un euro al chilo, come conseguenza di una serie di ribassi a catena, forse a causa della politica promozionale di avvio dei nuovi esercizi. Momenti caldi, forse più del pane appena sfornato, che si erano conclusi con un incontro tra i panificatori e l’allora sindaco Felice Errante che, preoccupato “per l’impoverimento qualitativo delle materie prime” in relazione ai prezzi molto bassi, aveva comunicato che se non avessero trovato un equilibrio al loro interno, sarebbero partiti i controlli a garanzia di un prodotto sano per i consumatori. Il frutto di questo equilibrio fornì la necessaria decenza al prezzo del pane, che passò a 2,40 euro al chilo per quello bianco e a 2,80 per quello nero.
Anche il prezzo del pane, come aveva sottolineato nel 2011 il segretario provinciale del Cna (Confederazione Nazionale degli Artigiani) Luigi Giacalone, può dare un’indicazione sullo sfruttamento del lavoro nero o l’utilizzo di materie prime scadenti. Aveva spiegato, nella vicina Marsala, quanto costa fare il pane: tra farina, costo dell’operaio, spese per il consulente, contributi previdenziali ed eventuale affitto del locale, si arriva a circa 1,70 euro al chilo di costo. Con le tasse si supererebbero le 2 euro al chilo. Vendendo a meno il panettiere ci perderebbe. Secondo la Cna, sempre nel 2011, il pane che nel resto della provincia di Trapani si poteva trovare anche a meno di 1,50 euro al chilo, sarebbe stato appunto la conseguenza dello sfruttamento del lavoro nero o dell’utilizzo di farine scadenti.
Oggi, al di là della farsa relativa alle ragioni turistiche, ci si chiede che senso abbia l’attenzione al riposo domenicale del fornaio (sacrosanta) se poi le imprese non pagano i dipendenti in base ai contratti di lavoro.
Ma il problema non riguarda soltanto questa categoria. Perché il fenomeno del pagamento in nero esiste in tanti altri ambiti e segue dinamiche ormai conosciute, per quanto ancora sotterranee. Dinamiche che hanno tutta l’aria di rimanere sotterranee ancora a lungo, perché è come se fossero alla base di una certa economia basata proprio sullo sfruttamento. Uno sfruttamento che fa fatica ad emergere, perché spesso travestito da accordo: vuoi lavorare? Posso darti metà della busta paga, vai a scambiare l’assegno e mi torni indietro la metà della retribuzione.
Il lavoratore è l’anello debole che non denuncia, perché sa che è così che “funziona”.
Nel frattempo, la Regione Siciliana si occupa del diritto al riposo dei panificatori. Per decreto.
Egidio Morici