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10/12/2017 08:05:00

Coppia processata per maltrattamenti a figli adottivi: imputato fa qualche ammissione

 “Si, le ho dato una cinghiata…”. Prime ammissioni, dopo avere a lungo negato, di uno dei due genitori adottivi marsalesi (il padre) processati  a Marsala, davanti al giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte, con l’accusa di avere maltrattati i tre figli adottivi (due femmine e un maschio) arrivati, alcuni anni fa, dalla Polonia.

L’ex padre adottivo ha confermato di avere picchiato con la cinghia la figlia più grande dopo essere stato messo alle strette dalle domande del giudice Chiaramonte. Secondo l’accusa, i tre figli adottivi - due dei quali, adesso, maggiorenni - sarebbero stati picchiati, costretti a fare le pulizie, non avrebbero potuto frequentare coetanei, parlare la lingua della loro nazione d’origine ed inoltre sarebbero stati costretti a vivere in un garage.

Adesso, in Tribunale, l’ex padre adottivo ha raccontato che “i ragazzi erano felici di venire in Italia e che all’inizio stavano bene, ma poi si è rotto qualcosa perché la più grande non andava a scuola e si allontanava”. E alla domanda del pm che ha chiesto perché tutti i figli erano stati inseriti in comunità, l’imputato ha risposto di non aver mai visto la moglie picchiare le figlie. Risposta a cui, però, sono seguite precise contestazioni. L’uomo ha, inoltre, ammesso che “le ragazze pulivano la casa”, ma ha detto che “era una scelta loro, nessuno le forzava”. E che dormivano nel garage privo di riscaldamento “per scelta loro, anche se avevano due stanze ben arredate e con ogni confort all’interno della casa”. Un’affermazione che appare, naturalmente, poco credibile. Nella stessa udienza, era previsto anche l’interrogatorio della madre adottiva, ma la donna ha preferito non sottoporsi all’esame. Le parti civili (avvocati Laura e Salvatore Errera) hanno, poi, depositato un decreto del Tribunale per i minorenni che dichiarava la coppia inidonea all’adozione in quanto, secondo quei giudici, i due coniugi erano mossi da motivi egoistici e non sarebbero stati in grado di gestire un’adozione.

A difendere la coppia è l’avvocato Manuela Linares, che ha chiesto una consulenza tecnica d’ufficio sulle parti civili maggiorenni, ma il giudice non ha accolto e ha rinviato al 12 febbraio 2018 per la “discussione” (requisitoria e arringhe di parti civili e difesa). Lo scorso gennaio, in aula, erano stati ascoltati un’assistente sociale, una psicologa, un’amica di una delle giovani presunte vittime e il padre di una sua compagna di scuola. E tutti hanno confermato le ipotesi d’accusa. Nel dettaglio, l’assistente sociale ha ricordato che i tre figli adottivi sono stati collocati in “casa famiglia”, mentre un’amica degli sfortunati minori ha parlato dei rapporti familiari, affermando di avere visto, in un’occasione, “alcuni lividi sul corpo” di una delle ragazze. Ricordando anche le loro continue fughe da casa e i collocamenti in comunità. Il padre di una loro compagna ha, poi, posto l’accento sul “disinteresse” dei genitori per i tre minori adottati. Infine, la psicologa di una comunità presso la quale i ragazzi hanno trascorso qualche tempo ha ricostruito il loro stato psicologico e il “motivi del loro malessere”. Quando, alcuni anni fa, la storia valicò le loro mura domestiche, per i tre giovani polacchi, che secondo l’accusa sarebbero stati trattati come “soggetti inferiori”, il Tribunale per i minorenni dispose il trasferimento in una comunità. Appena i primi due hanno compiuto 18 anni, hanno chiesto e ottenuto dal Tribunale civile di Marsala la condanna dei genitori al loro mantenimento. Assistiti dall’avvocato Laura Errera, hanno “conquistato” il mantenimento seppur già maggiorenni e anche se da tempo non stavano più a casa dei genitori. Nel luglio 2014, infatti, alla coppia fu ordinato di versare loro 300 euro al mese ciascuno. Nonché gli arretrati dei precedenti tre anni. Il Tribunale civile (giudici Fiorella e Boccarato) sentenziò, insomma, che non è possibile disfarsi a piacimento dei figli adottati. A quelli più grandi, tra l’altro, non fu neppure consentito di completare gli studi. Nel frattempo, proprio a seguito di quanto emerso in sede civile, fu avviato anche il procedimento penale per maltrattamenti. Già davanti al gup Parrinello, i due figli maggiorenni, assistiti sempre dagli avvocati Laura e Salvatore Errera, si sono costituiti parte civile. Per il minorenne, invece, il pm chiese la nomina di un curatore speciale, che il magistrato individuò in Laura Errera. E’ il legale, infatti, a rappresentare il minore nel “conflitto di interesse” con i genitori. Ora, nel processo, si sta cercando di stabilire, oltre alla veridicità delle accuse, il motivo per il quale la coppia, dopo avere a lungo cercato di ottenere l’adozione, si sia comportata in tal modo. Di fatto, per queste tre adozioni (due femmine e un maschio) vi fu, da parte dei genitori, una sorta di “crisi di rigetto”. In ogni caso, si tratta di una vicenda davvero singolare. Non è chiaro, infatti, cosa sia potuto scattare nella mente dei due genitori adottivi per attuare quei comportamenti che il processo, almeno stando alle testimonianze già acquisite, sta mettendo in luce.