Sono tascorsi 25 anni dall’uccisione di Giuseppe Borsellino, imprenditore di Lucca Sicula, comune in provincia di Agrigento, padre di Paolo Borsellino (omonimo del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio) ucciso anche lui qualche mese prima. Siamo nel 1992, anno di sangue e di stragi. Quella di Giuseppe e Paolo è una storia di amore e passione per il proprio lavoro stroncata troppo presto dalla violenza mafiosa. Giuseppe e Paolo erano due imprenditori che sognavano di lavorare onestamente nel loro piccolo paese. Ma erano gli anni in cui gli interessi della mafia si stavano lentamente spostando verso il cemento e, di conseguenza, verso gli appalti.
La colpa dei due imprenditori? Non essersi piegati alle richieste della mafia locale che cercava di impossessarsi della loro impresa di calcestruzzi. Rifiutarono tante offerte avanzate per l'acquisto della loro impresa, e così iniziano i primi avvertimenti: “hanno bruciato un camion, hanno tagliato tutti gli alberi di pesche in un nostro terreno a Bivona, tutto denunciato da mio padre. Nel frattempo aumentavano le offerte per l’acquisto dell’impresa” - le parole d Antonella Borsellino. Prima l'uccisione di Paolo e dopo otto mesi quella di Giuseppe che in quel periodo fornì ai carabinieri indizi sui possibili assassini e mandanti. Le sue dichiarazioni infatti permisero agli inquirenti di ricostruire successivamente gli intrecci tra mafia e imprenditoria a Lucca Sicula che portarono nei mesi successivi a numerosi arresti, anche all’interno dell’ufficio tecnico del Comune. “Mio padre in quegli otto mesi ha ricevuto tantissime minacce e chiamate anonime durante la notte - le parole di Antonella Borsellino -. Lui si è affidato totalmente nelle mani dello Stato ma non è stato protetto. Lui non aveva una scorta, non aveva particolari tutele. Diceva che “era un morto che cammina”, per questo la sua è stata una morte annunciata, ma non solo per lui ma per tutti”.
Oggi, domenica 17 dicembre, i familiari insieme ai volontari di “Libera", si sono ritrovati sul luogo dell’uccisione per ricordare Giuseppe e il figlio Paolo. Assente per motivi personali don Luigi Ciotti che ha inviato una lettera ai figli: "Mi dispiace profondamente non essere con voi a Lucca Sicula. - scrive don Ciotti -E mi dispiace anche e mi ferisce che alla mia assenza siano state date interpretazioni false e strumentali. Sappiate comunque che, come in passato, ci sarò in futuro: di persona, con il cuore, con l'affetto e con l'impegno. E su questo che deve basarsi un cammino di speranza. Certo non facile, spesso impervio, ma praticabile se la fatica è condivisa, se è testimonianza corale di parole vere e di fatti concreti. È quello che ci chiede vostro papà Giuseppe, vittima innocente delle mafie. Non solo di essere ricordato, - conclude - ma di continuare a vivere nella nostra ricerca di giustizia e verità".