Dalla difesa e dall’invocazione del complotto interno al Movimento Cinque Stelle fino alla confessione, il risarcimento del danno e la richiesta di patteggiamento che ha fatto venire meno la misura cautelare. Tutto in un mese e mezzo. Il caso dell’imprenditore agrigentino Fabrizio La Gaipa, 42 anni, titolare dell’albergo Costazzurra e primo dei non eletti all’Ars col Movimento di Grillo, è a un passo dall’epilogo. Il gip Stefano Zammuto, che lo scorso 14 novembre gli aveva applicato gli arresti domiciliari con l’accusa di estorsione ai dipendenti della sua attività, che sarebbero stati costretti a restituire in contanti una parte consistente dello stipendio, con la minaccia del licenziamento, gli ha revocato il provvedimento cautelare.
Analoga decisione per il fratello Salvatore, di quattro anni più grande, destinatario di un divieto di dimora ad Agrigento e coinvolto in misura minore perché si sarebbe occupato marginalmente della gestione del personale. Il giudice li ha rimessi in libertà perché i difensori, gli avvocati Diego Galluzzo e Calogero Petix, hanno chiesto e ottenuto dalla Procura – l’inchiesta è coordinata dal capo dell’ufficio Luigi Patronaggio e dal pm Gloria Andreoli – il consenso al patteggiamento della pena.
Per Fabrizio l’accordo processuale prevede la condanna a due anni di reclusione, un anno e otto mesi per il fratello. Per entrambi, trattandosi di una pena che non supera il tetto dei due anni, è prevista la sospensione condizionale. Di conseguenza non ci sono più esigenze cautelari e il provvedimento, che era stato confermato dal tribunale del riesame, è stato revocato. La richiesta di patteggiamento adesso sarà valutata da un gip diverso di quello che ha emesso l’ordinanza e, se riterrà congrue le pene, le ratificherà.
I La Gaipa, nei giorni scorsi, hanno prima fatto marcia indietro rispetto alla tesi difensiva iniziale («ci restituivano solo gli acconti, siamo vittime di un complotto del Movimento Cinque Stelle») e hanno confessato tutto. Un’altra attenuante concessa, oltre alla collaborazione, è stata il risarcimento dei danni ai dipendenti. La Procura, peraltro, sulla base di indagini successive all’arresto aveva contestato altre due ipotesi – che diventano in tutto cinque – di estorsione. L’indagine della squadra mobile trova lo spunto da una fonte confidenziale che rivela il diffuso sistema del «cavallo di ritorno» che sarebbe stato imposto ai dipendenti dell’albergo, con annesso ristorante, di La Gaipa. Tre ex dipendenti, di cui uno attivista grillino, vengono convocati in Questura e confermano le accuse.
Un mese prima delle elezioni salta fuori anche un nastro. Uno degli accusatori consegna alla polizia una registrazione, fatta di nascosto col telefonino, in cui si sente il cuoco discutere con Fabrizio La Gaipa in maniera inequivocabile di cifre, modalità e termini della restituzione di parte dello stipendio.
«È un complotto del Movimento perché volevano farmi arrestare prima delle elezioni», ha detto La Gaipa al giudice. Ma l’accusa ha retto al tribunale del riesame ed è stata confermata nell’incidente probatorio dal racconto delle vittime. Nel frattempo la Procura ha continuato l’indagine contestando altri due episodi analoghi ai danni di altrettanti dipendenti. Da lì la decisione di collaborare e chiudere il caso limitando i danni, in tempo utile per trascorrere il Natale da uomini liberi.