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28/12/2017 06:00:00

Castelvetrano, il nipote di Messina Denaro e l'antimafia sociale che non c'è

 Qualche giorno fa, un quotidiano ha parlato del nipote di Matteo Messina Denaro che, su Facebook, ha ironizzato sulle ultime perquisizioni del 14 dicembre scorso da parte della polizia a persone considerate vicine al boss latitante ed indagate per favoreggiamento. E, contemporaneamente, della risposta indignata di Elena Ferraro, l’imprenditrice che ha avuto un ruolo determinante nell’arresto di Mario Messina Denaro, dopo una tentata estorsione ai danni del proprio centro diagnostico.

 

Il nipote in questione è Francesco Allegra, figlio di Rosalia Messina Denaro e Rosario Allegra. Non ha mai avuto personalmente a che fare con le dinamiche mafiose della famiglia e si occupa di musica, discoteche ed organizzazione di eventi da intrattenimento: “Sono ancora freschi i segni di gomma lasciati sull’asfalto dalla maxi operazione antimafia che ha visto spiegati più di duecento uomini delle forze dell’ordine – aveva scritto, secondo quanto riportato dal Giornale di Sicilia, qualche giorno fa - ai quali si aggiungono 50 unità del corpo forestale, 6 articolisti, due volontari avis, 5 della caritas, sommozzatori, alpini, polizia locale, municipale, un metronotte ed un componente del Ceo di Ginevra ( dove fu scoperta la particella di Dio)”.

Inoltre, nel suo lungo post, avrebbe sottolineato quanto in realtà la famiglia del boss non sia affatto in crisi economica, ma vivrebbe “in silenzio la mancanza dei propri cari, gettati in buchi freddi ed angusti”. La sua conclusione però è stata ancora più singolare: “Questa famiglia lotta da anni per la dignità, il rispetto e i valori che fanno fieri ogni singolo componente di aver avuto il miracolo divino di far parte della famiglia dell’innominato”.

Elena Ferraro ha espresso la sua indignazione nei confronti dell’esaltazione di “uno dei criminali più pericolosi al mondo”. Sfoghi pubblici inaccettabili, secondo l’imprenditrice, che sottolinea anche la gravità del “silenzio di coloro che essendone a conoscenza, per quieto vivere, preferiscono non prendere posizione e restare a guardare dietro la finestra”.

 

La vicenda, percepita come un attrito quasi di natura personale tra l’Allegra e la Ferraro, non può che essere la cartina tornasole di un’antimafia sociale che non c’è.

E se manca l’antimafia sociale, fatta di persone, comitati, movimenti ed associazioni serie, figuriamoci quella “social”, dove spesso tutto viene trattato come se fosse un gioco, sullo sfondo di gif animate e commenti di foto e titoli accattivanti scambiati per verità assolute.

Ecco allora che sui social l’approfondimento non vince quasi mai. A vincere ormai è l’anti – antimafia. Ma attenzione, non quella critica che vorrebbe a tutti i costi un’antimafia autentica, libera da personalismi e professionismi, ma quella della negazione, nata dell’allergia all’etichetta.

Questa stanchezza nel percepire di essere considerati tutti mafiosi, solo perché castelvetranesi, è forse alla base dei numerosi mi piace (più di cento) tributati al post di Francesco Allegra.

 

E’ un momento di grande confusione, dove certamente l’antimafia istituzionale non ha brillato. Il caso Saguto, i fallimenti delle amministrazioni giudiziarie dei beni confiscati alla mafia e la corruzione politica, da un po’ hanno cominciato ad adombrare le malefatte della mafia, scontandole. Sempre più persone hanno finito per convincersi che "la vera mafia è a Roma",  che "i veri mafiosi sono tutti questi politici che rubano" e via cantando. Come se quella di Castelvetrano fosse una mafia inventata, che i mafiosi locali non siano poi così mafiosi e che in fondo, basti soltanto essere castelvetranesi per essere indagati per mafia.

E allora tutta l’antimafia rischia di diventare il vero nemico nei confronti del quale esercitare l’indignazione. Al punto da produrre consenso perfino in chi considera un miracolo divino appartenere ai Messina Denaro.

Un consenso che diventa ancora più inaccettabile, quando è praticamente sostenuto anche dall’indifferenza della società civile e politica cittadina. La Castelvetrano di cui andare fieri, a questo punto, rimane solo quella fatta da coloro che hanno raggiunto il successo nello sport, nella musica, negli ambiti professionali. Orgogliosi per il compaesano che diventa campione di scherma o direttore d’orchestra a Sanremo, ma silenti nel prendere posizione contro la mafia, la cui vera forza sta fuori dalla mafia: Ci sono comportamenti, valori, indifferenze di per sé innocenti, che ne esaltano la forza, aveva affermato Nando Dalla Chiesa, sostenendo che tra i partiti “c' è chi la mafia la crea, chi la ospita, chi la condanna”.

 

Ecco, dalle parti di Castelvetrano, tra la società civile, c’è chi la rispetta. E chi, per non avere grane, sceglie sempre di non parlarne. 

Perché la vera mafia è a Roma.

Egidio Morici