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09/01/2018 07:14:00

Truffò zia e cugino. Condannato impiegato comunale di Campobello di Mazara

Il giudice monocratico Bruno Vivona ha condannato a otto mesi di reclusione e ad 800 euro di multa, nonché anche ad un risarcimento danni da quantificare davanti al Tribunale civile, il 60enne campobellese Antonino Ingrassia, impiegato comunale, giudicato colpevole di truffa in danno di una zia e di un cugino.

Secondo l’accusa, e adesso anche secondo il giudice di primo grado, Ingrassia avrebbe truffato la zia Vita Imperiale Vita e il figlio di questa, Salvatore Di Natale, entrambi costituitisi parte civile con l’assistenza dell’avvocato marsalese Salvatore Errera.

La sentenza è arrivata dopo un processo durato ben quindici udienze. I fatti risalgono al 2012, quando, secondo l’accusa, Antonino Ingrassia, si sarebbe appropriato “con artifizi e raggiri” di denaro e preziosi (per un totale stimato in circa 90 mila euro) della zia e del cugino. Quest’ultimo, per altro, disabile fisico, essendo affetto da sclerosi multipla. In più occasioni, infatti, Ingrassia si sarebbe fatto consegnare denaro e gioielli dai due parenti sostenendo che erano per il pagamento di imposte e tasse per la successione del defunto marito della Imperiale. Di fatto, però, se ne sarebbe appropriato per fini personali. “La vicenda – spiega il legale di parte civile, Salvatore Errera - è di una sofferenza psicologica per le parti civili di notevolissima entità per aver subito oltre al danno materiale anche un danno di rilevanza morale in quanto la zia, di 75 anni, e il cugino confidavano nella collaborazione dell' Ingrassia, che di fatto li ha traditi sotto ogni profilo”. Nel contesto della storia, inoltre, sono emerse anche altre circostanze, sempre di rilevanza penale, che la parte civile si riserva di denunciare. Intanto, dopo la sentenza, l’avvocato Errera ha dichiarato che “finalmente, dopo una lunga istruttoria, il Tribunale di Marsala ha reso giustizia nei confronti di una famiglia che si era affidata con la massima serenità al parente con la certezza di ottenere tutela ma era finita purtroppo in bocca al lupo”. In sede civile, verrà chiesta la restituzione di circa 80 mila euro e del controvalore dei gioielli (stimati in 10 mila euro). A difendere Antonino Ingrassia è stato l’avvocato Giuseppe Pantaleo.