Le dichiarazioni e le accuse di Lorenzo Cimarosa, cugino del boss Matteo Messina Denaro, fatte nei confronti dell’ex consigliere Comunale di Castelvetrano Calogero (Lillo) Giambalvo non sono utilizzabili. Ad un anno dalla morte del collaboratore, avvenuta l’8 gennaio 2017, un’ordinanza del collegio giudicante presieduto da Mario Fontana ha accolto le osservazioni della difesa.
In pratica l’ordinanza ammette che il collaboratore che si trova in una precaria condizione di salute e che fa delle accuse nei confronti di un imputato deve essere ascoltato in contradditorio nella forma dell’incidente probatorio, consentendo così alle persone accusate di difendersi. Tutto questo non è accaduto nel processo che vedeva imputato Giambalvo, nel corso delle dichiarazioni di Cimarosa.
Cimarosa aveva tirato in ballo Giambalvo il 22 gennaio e il 16 febbraio 2016, proprio negli stessi giorni in cui gli veniva diagnosticato, in carcere, il male che lo avrebbe condotto alla morte. «Il pm - afferma il collegio di secondo grado - nell’ordinamento italiano è figura di garanzia ed è chiamato perfino a raccogliere prove a favore dell’indagato», così «ogni qual volta sia ragionevolmente prevedibile che la persona che ha reso dichiarazioni accusatorie a carico di terzi non potrà essere controesaminata dalla parte interessata», il rappresentante della pubblica accusa «deve attivarsi e richiedere l’incidente probatorio ovvero l’acquisizione urgente della prova».
La Procura, sostengono i giudici, conosceva l’evoluzione della malattia di Cimarosa e quindi, anche in vista della presentazione del ricorso (depositato il 29 agosto 2016) «sarebbe stato suo preciso onere assicurare al Giambalvo, ovvero ai suoi difensori, la possibilità di controesaminare il Cimarosa, per il fondato motivo che il dichiarante non avrebbe potuto essere esaminato in dibattimento per infermità o altro grave impedimento».
Assolto dall’accusa di associazione mafiosa nel processo Eden2 - Giambalvo è l’ex consigliere comunale arrestato nel novembre del 2014 con l’operazione antimafia «Eden 2», volta a scardinare la rete di fiancheggiatori del boss castelvetranese. Fu intercettato mentre lodava il boss, e poi assolto dopo oltre un anno di carcere. Tra i condannati di questa operazione che hanno deciso per il rito abbreviato c’è anche Girolamo Luca Bellomo, "nipote prediletto" del superlatitante, che dovrà scontare 10 anni e 10 mesi. Il principio che oggi vale nei confronti di Giambalvo, potrebbe valere per tutti gli imputati e in tutti i processi.