Coraggio e determinazione, sono queste le parole, che più di altre, si sono sentite ieri alla celebrazione del cinquantesimo dal terremoto del Belice (cliccate qui per leggere la nostra lunga diretta di ieri, con foto e video).
Lo ha ricordato la terra, che cosa è successo nel 1968. Durante la notte, infatti, ci sono state delle scosse sismiche, avvertite a Gibellina.
La natura scuote i suoi cittadini, ricorda alla politica i trecento morti e i centomila sfollati.
Una cerimonia che si è tenuta a Partanna, che ha visto la presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, del presidente della Regione, Nello Musumeci, i sindaci che oggi sono amministratori delle città colpite dal sisma.
La platea politica era rappresentata da tante personalità, a cominciare dagli assessori regionali Vittorio Sgarbi, Mimmo Turano, Roberto Lagalla. I parlamentari regionali Eleonora Lo Curto, Stefano Pellegrino, Giuseppe Lupo; il senatore Tonino d'Alì e la senatrice Pamela Orrù, arrivata con il sottosegretario Davide Faraone.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 nella Valle del #Belice, in Sicilia, cominciò una serie di scosse di #terremoto che rase al suolo interi paesi. #SkyTG24Ricorda pic.twitter.com/bKavLMtjPP
— Sky TG24 (@SkyTG24) 14 gennaio 2018
Una lunga mattinata, per non dimenticare che il lavoro da fare è ancora tanto. La rinascita di queste comunità non è terminata, una strada che deve continuare ad essere percorsa.
Il sindaco di Partanna, Nicola Catania, ha ricordato al presidente della Repubblica, Mattarella, che tutta la Valle del Belice è ancora creditore. La Commissione bicamerale del 1996 sulle questioni della ricostruzione ha dato atto del fallimento dell'intervento dello Stato. Un ruolo straordinario, invece, hanno avuto i sindaci e i cittadini perchè con le pochissime risorse hanno saputo dar vita alla ricostruzione di interi paesi.
Catania, ha manifestato un grande senso di apertura verso l'accoglienza di quanti sceglieranno le città della Valle per poter realizzare il loro futuro. Un alto senso delle Istituzioni quello espresso dal sindaco di Partanna, che ha chiesto con fermezza che lo Stato onori il suo debito: “che non è solo economico verso questa terra e verso queste popolazioni".
Rilanciare la rinascita, dunque, di comunità che si sono dovute inventare il presente, ma che non hanno mai smesso di credere e sperare nel futuro.
Il Primo Cittadino ha scandito: “ Vogliamo costruire bellezza, vogliamo ricostruire la nostra identità sulle nostre ricchezze e bellezze”.
La richiesta è quella di non essere lasciati soli, da uno Stato che spesso raggiunge i luoghi del terremoto per poi dimenticarli il giorno successivo.
Lo Stato ci aiuti, dice Catania, creando le condizioni “per sanare piaghe ancora aperte dandoci la possibilità di completare la infrastrutturazione mancante, di realizzare le opere di urbanizzazione primaria che ancora tardano ad ultimarsi, di mettere in sicurezza le aree ancora pericolanti e le zone a rischio idrogeologico”.
La cerimonia ha visto il ricordo dei vigili del fuoco che sono morti durante le operazioni di soccorso: Giuliano Carturan, Savio Semprini, Alessio Mauceri e Giovanni Nuccio. La targa è stata consegnata dal superstite del terremoto Franco Santangelo, ritrovato sotto le macerie.
E' stato ricordato anche l'appuntato dei Carabinieri, Nicolò Cannella, il riconoscimento è stato consegnato nelle mani del Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, Riccardo Galletta, da Antonella Stassi, la prima bambina nata a Partanna dopo il terremoto.
Lo chiamavano Don terremoto, era Monsignore Antonio Riboldi, il prete che ha abbracciato le sue comunità con grande senso di solidarietà, il suo ricordo vive per le strade di Santa Ninfa. La targa. in sua memoria, è stata consegnata al Vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero.
Il ricordo di Eleonora Di Girolamo ha commosso molti dei presenti, la piccola “cudduredda”, venne estratta da sotto le macerie dal vigile del fuoco Ivo Soncino. Trasporta all'ospedale di Palermo non ha proseguito il suo viaggio chiamato vita.
Ma che ricostruzione è stata questa della Valle del Belice? Così lunga da non essere stata terminata. nonostante siano passati cinquant' anni?
Lo dice il presidente della Regione, Nello Musumeci: “Ricostruzione lenta e ancora incompleta, di inchieste giudiziarie concluse senza colpevoli, di inefficienza nei controlli delle impresedo nella ricostruzione...Se dopo tutti questi anni gli amministratori del Belice sono costretti ancora ad appellarsi allo Stato per avere fondi mentre in Friuli è da tempo chiusa la ricostruzione post terremoto significa che qui l'intervento pubblico ha parzialmente fallito".
Durante la mattinata Vittorio Sgarbi, assessore regionale ai Beni Culturali, ha visitato la città fantasma di Poggioreale ed è stata sottoposta a vincolo.
Presenti, ad assistere alla cerimonia, anche il Ministro alla Coesione, Claudio De Vincenti, il Prefetto di Trapani e quello di Palermo, il presidente dell'Anci, Leoluca Orlando.
Il Capo dello Stato nel suo breve e incisivo intervento ha parlato di coesione nazionale, riconsocendosi in un unico destino.
Fiducia nel futuro, dice Mattarella: “Alcuni sindaci del Belìce hanno detto “Stiamo costruendo il futuro”. Questa affermazione non è soltanto un messaggio di rassicurazione ma manifesta orgoglio protagonista, determinazione per lo sviluppo della vita di queste comunità, convinzione di poter superare, con il necessario sostegno della comunità nazionale, le difficoltà che rimangono nel presente. Quelle parole manifestano ragionevole, fondata fiducia nel futuro. E' un messaggio che tengo a condividere con tutti voi".
Anche il sindaco di Salemi, Domenico Venuti, ha diramato una nota stampa: “Accendere i riflettori sulla tragedia del terremoto del Belice è doveroso. La visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è un segnale importante che ci induce a sperare in una maggiore attenzione da parte delle istituzioni nazionali verso un territorio ancora ferito e che non deve essere dimenticato”.
Della ricostruzione incompleta di quelle zone si parla poco, se non in occasione di celebrazione, come quella di ieri, dove le personalità politiche arrivano e fanno il loro discorso, poi sono i sindaci sul fronte del quotidiano a dovere dare risposte concrete ai propri cittadini. Un segno di protesta lo ha manifestato il Primo Cittadino di Santa Margherita Belice, Franco Valenti, che ha piantato tre tende nel quartiere di Cannitello, dove ancora ci sono circa 84 prime case da costruire e non ci sono opere di urbanizzazione. La protesta mira ad accendere i riflettori su quella che doveva essere una ricostruzione totale delle città e che al momento è solo parziale: “Sarò una voce fuori dal coro, credo che anche in questa occasione vanno ricordate le cause dei ritardi: prima di tutto inefficienze, sprechi e fondi insufficienti. Queste cose vanno denunciate”.
MOGAVERO. "Una pagina sciagurata e infame della storia d'Italia". Così il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero ha definito le vicende legate al terremoto che cinquant'anni fa devastò la Valle del Belice, nell'omelia pronunciata in occasione della messa per ricordare le vittime del sisma che si è svolta davanti alle macerie della chiesa madre di Montevago. La solenne cerimonia religiosa è stata concelebrata anche dai vescovi di Agrigento, Trapani, Monreale e dall'Eparca di Piana degli Albanesi, alla presenza di centinaia di fedeli e di tutti i sindaci dei comuni del Belice.
"Tutti sapevano che la Valle del Belice era ad alto rischio sismico - ha sottolineato monsignor Mogavero - ma nessuno prevedeva che il terremoto accadesse davvero e sconvolgesse terribilmente un territorio impreparato a subirne l'impatto. L'evento di quel gennaio 1968 registrò dei primati, tragici e ingloriosi, che lo consegnano ancora oggi a un'attualità che continua a sfuggire alle proprie responsabilità".
Nella sua omelia il vescovo ha accennato tra l'altro "all'improvvisazione e alle lentezze nei soccorsi, al difetto delle comunicazioni, ai ritardi nelle risposte della politica, alla frammentazione e ai ritardi degli interventi per la ricostruzione" ma ha anche ricordato "l'abnegazione e lo spirito di sacrificio dei soccorritori
e dei pastori delle comunità, per tutti don Antonio Riboldi, recentemente scomparso".
Il vescovo di Mazara del Vallo ha infine richiamato il monito di Giovanni Paolo II, che nell'omelia del 20 novembre 1982, in occasione della sua visita nella Valle del Belice, chiese di accelerare i tempi della ricostruzione e invocò un rilancio economico e sociale del territorio "Parole inascoltate - ha sottolineato il presule - pronunciate con piglio profetico"
50 anni dal terremoto del #Belice
— PDunioneTp (@PDunioneTp) 14 gennaio 2018
Insieme per costruire Bellezza pic.twitter.com/qIzAYh3QwV