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21/01/2018 06:20:00

Lavoro nero, criminalità, evasione. Tutti i numeri dell'economia sommersa in Sicilia

Utili non dichiarati dalle imprese, lavoro nero e irregolare, attività illegali della criminalità. L’economia sommersa in Sicilia vale 15 miliardi di euro e incide del 19,2% sul Pil del’Isola.

Lo rivela l’ultimo rapporto  dell’Istat sui conti territoriali dell’Italia. Il report esamina dati del 2015 e per la nostra regione parla di 14,95 miliardi di euro di economia sommersa, contro i circa 78 miliardi di euro che costituiscono il Pil regionale. Parliamo di 5,7 miliardi di imponibile non dichiarato dalle imprese siciliane, 6,31 miliardi di redditi da lavoro nero, 2,96 miliardi nel conto del malaffare.

La Sicilia è sesta in Italia per economia sommersa: dopo Lombardia, Lazio, Campania, Veneto ed Emilia Romagna. Bisogna considerare però che le regioni del nord hanno anche un Pil superiore, un volume di affari e ricchezza più alto. Ma se si considera il valore percentuale del sommerso sul legale la Sicilia è terza dietro a Calabria e Campania. La media nazionale è del 14%, superata abbondantemente dalla Sicilia che con il suo 19,2% stacca anche la media del Meridione d’Italia (19,1%).
Cosa produce questa “ricchezza” fantasma? Pensiamo ad esempio agli 8 miliardi di debito e ai 6 miliardi di disavanzo regionale. I soldi sottratti alle casse pubbliche permetterebbero di risolvere molti problemi se incassati regolarmente. Secondo la Cgia di Mestre ogni 100 euro riscosso dall’erario, per colpa dell’illegalità fiscale siciliana, se ne perdono oltre 22, contro una media italiana di 16,3 euro.

I 5,7 miliardi di euro evasi da aziende e partite Iva siciliane consistono nel 7,3% del Pil, ed è un dato dell’1% sopra la media nazionale e poco sotto quella del Sud Italia (7,6%). Se proprio vogliamo trovare un po’ di positività bisogna guardare il fatto che l’impresa siciliana evade un po’, ma poco, meno rispetto a quella del resto del Meridione.
Le imprese evadono, e il lavoro non c’è. E quello che c’è è in nero.
L’incidenza sul Pil del lavoro irregolare è alta in Sicilia. I 6,3 miliardi di euro evasi al fisco e i circa 300 mila occupati in nero portano il tasso di incidenza sul Pil all’8,1%. Terzo dato in Italia dopo Calabria (9,9%) e Campania (8,8%). Tanto lavoro irregolare e poco quello regolare. Solo il 30% dei lavoratori sul totale della popolazione ha un lavoro regolarmente dichiarato. L’effetto trainante del Jobs Act è finito e c’è stato un crollo dell’occupazione con i dati sui posti di lavoro tornati ai tempi del 2014. Tra gennaio e settembre 2017 sono state registrate circa 73 mila assunzioni a tempo indeterminato contro le 102 mila dello stesso periodo del 2015. Sono aumentati i contratti a termine, passando da 133 mila del 2015 ai 173 mila del 2017. A questo aumento delle assunzioni a termine non è corrisposto un aumento delle stabilizzazioni. In Sicilia si offre solo lavoro precario e una volta scaduti i contratti a termine non ci sono le stabilizzazioni attese.
Quello sull’economia illecita è un altro dato preoccupante. I 3 miliardi di euro degli affari illegali non registrati comprendono non solo i soldi della criminalità ma anche, ad esempio, gli affitti non registrati. Il tutto genera un giro di 3 miliardi di euro fuori dalla portata del fisco e che incide sul Pil del 3%.
Alla luce di tutti questi dati non sorprende che la Sicilia, per l’Istat, sia ancora oggi una tra le regioni più povere d’Italia. Il Pil procapite nel 2016 è stato di circa 17 mila euro l’anno, un po’ meglio di quello calabrese (16,6 mila euro l’anno). Ma è molto sotto la media nazionale pari a circa 28 mila euro. Il Pil siciliano è in costante calo, per dirla in maniera spicciola la Sicilia e regolarmente in recessione. Si attendeva per il 2015 un + 0,2%, invece c’è stato un Pil negativo di -0,1%. Nel 2016 il Pil è cresciuto dello 0,9%, ma le stime davano un +2,1%. Dal 2011 al 2016 il Pil siciliano è sceso mediamente del 1,3%.
Il reddito medio per abitante dell’Isola è ultimo in Italia assieme a quello calabrese: 13 mila euro.