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22/01/2018 06:41:00

Mafia, maxi operazione: 56 arresti. C'è anche un Sindaco. Il pizzo sui migranti

16,00 - La moglie del capomandamento mafioso fa la bella vita in un momento di crisi economica e i 'picciotti' di Cosa nostra si lamentano. E' il curioso retroscena emero dall'operazione antimafia 'Montagna' che all'alba ha portato all'arresto di 57 persone nell'agrigentino. E' il 12 giugno 2014, e Giuseppe Nugara e Giuseppe Luciano Spoto vanno a Raffadali ad incontrare Antonino Vizzì, "referente della famiglia mafiosa di Raffadali ed unico ad avere contatti con gli appartenenti alla famiglia Fragapane", come dicono gli inquirenti.

Parlando della corresponsione del denaro alla moglie di Francesco Fragapane, detenuto, i due interlocutori si dicono "amareggiati" per il fatto che l’interessata, "nonostante l’evidente difficoltà in cui versano le famiglie mafiose coinvolte, pretenda sempre più di quello che gli viene consegnato perché abituata ad un determinato stile di vita".

"Ma se per adesso ci sono tempi brutti... - dice Nugara nella intercettazione -che c'è da fare! Se poi c'è qualcuno che si intromette nella famiglia di lei a noi che ci interessa!... che lei... fa quello che fa o si prende i soldi o meno... prende la suocera... la zia... il padre la prende per le orecchie e gli dice: 'Bella mia, vedi che soldi non ce ne sono, che fai?', così. Se a lei gli piace la bella vita... la bella vita come gli deve piacere che il marito è rinchiuso...".

 13,15 Nel comune di Cammarata nel mirino finisce l’elezione di una consigliera comunale d’opposizione, Giovanna Bonaccolta (che non è destinataria di alcuna misura cautelare), moglie di Pietro Stefano Reina, il pediatra del paese arrestato questa mattina con l’accusa di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Gli inquirenti ricostruiscono i contatti fra Reina e Calogerino Giambrone (anche lui arrestato ed esponente della famiglia mafiosa di Cammarata) nei mesi precedenti alle consultazioni amministrative del maggio 2015. Da quanto emerge nell’atto d’accusa dei pm della Dda di Palermo Reina si comporta come il regista della campagna elettorale della moglie e chiede i voti a Giambrone promettendogli che, una volta eletta, la moglie avrebbe curato gli interessi della famiglia mafiosa. Giambrone accetta di sostenere la donna, chiedendo però che Reina faccia da intermediario con il fratello della moglie (titolare di un’area di servizio lungo la statale 189) per la fornitura di caffè al bar. In sostanza i voti delle famiglie sarebbero andati alla Bonaccolta se il fratello della candidata avesse accettato di rifornirsi di caffè esclusivamente dal cognato di Giambrone. Uno scambio che però non andò in porto. Giovanna Bonaccolta venne eletta con 321 voti, ma l’area di servizio non cambiò fornitore di caffè.

 11,20 - "La provincia di Agrigento è più seria. I palermitani sono come sono... le persone c'erano, ce n'erano una decina di affidabili. A Palermo non ci sono più persone affidabili, se ce n'è ancora qualcuna, non lo so. Io posso arrivare fino a Corleone, dove ci sono persone con la testa sulle spalle, che ti dicono una cosa ed è una cosa".

La sfiducia verso Cosa nostra palermitana, considerata ormai allo sbando, senza più una direzione vera, soprattutto dopo la morte di Totò Riina, è uno degli elementi che vengono fuori anche dalle intercettazioni dell'operazione antimafia "Montagna" dei carabinieri del Comando provinciale di Agrigento che hanno eseguito 56 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei vertici dei mandamenti e delle cosche di Cosa nostra dell'Agrigentino.

Poi si parla anche di estorsioni: “Ci sono certi negozi che vogliono fatto lo sconto”.

10,10 - Ci sono anche due associazioni che gestiscono l’accoglienza di migranti nel lungo elenco delle vittime del racket delle cosche agrigentine scoperto dalla Dda di Palermo. Si tratta della Omnia Academy di Favara e della società cooperativa San Francesco di Agrigento. Le indagini dei carabinieri hanno accertato che nel mirino delle estorsioni era finita anche una piccola organizzazione, costretta a pagare il pizzo alla famiglia mafiosa di Cammarata. La Omnia Academy raccoglie 15 extracomunitari richiedenti asilo distribuiti presso diversi enti locali della provincia di Agrigento. Secondo le indagini, della estorsione alla Omnia Academy si erano occupati personalmente i presunti capomafia Calogerino Gambrone e Giuseppe Quaranta, che contattarono il rappresentante della associazione per chiedere un aiuto economico per la famiglia mafiosa. Dalle indagini è emerso che nella struttura era stata assunta anche la figlia del sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane che, secondo i due mafiosi, avrebbe approfittato del suo ruolo per far assumere dall’ente la familiare. Mangiapane non è coinvolto nell’inchiesta. Nel caso della coop San Francesco, invece, secondo le indagini era stato lo stesso responsabile a cercare l’appoggio del boss «per individuare - spiega il gip - un immobile da adibire a centro di accoglienza nell’area compresa tra i comuni di San Giovanni Gemini e Cammarata e successivamente ottenere le relative autorizzazioni comunali dalle amministrazioni locali». Calogerino Gamberone, secondo l’accusa, avrebbe curato la gestione di tutta la parte amministrativa relativa alle autorizzazioni comunali per regolarizzare l’immobile da destinare a centro di accoglienza, «con l’intento di ottenere, quale corrispettivo dell’interessamento, l’assunzione da parte della cooperativa di persone vicine al clan e il pagamento di una somma in denaro da stabilire in percentuale sul numero degli immigrati ospitati nel centro».

07,45 - In manette è fiinito anche Santo Sabella, detto Santino, il sindaco di San Biagio Platani (Agrigento). Sabella arrestato all'alba di oggi per concorso esterno in associazione mafiosa e per voto di scambio, è accusato di avere concordato nel 2014 con alcuni esponenti di Cosa nostra del suo paese, "le candidature da presentare sia nella lista a sostegno di Sabella in occasione delle elezioni comunali di San Biagio Platani del maggio 2014, che in quelle allo stesso contrapposte", dicono gli inquirenti.

"In occasione delle consultazioni amministrative comunali di San Biagio Platani del mese di maggio 2014, sia quale candidato che una volta eletto Sindaco" Sabella avrebbe raggiunto accordi con i capi mafia del territorio "garantendo loro agevolazioni nella gestione degli appalti pubblici banditi dal Comune, come nel caso dei lavori aggiudicati alla Comil di Favara".

Lo stesso sindaco è anche accusato di avere "messo in guardia Giuseppe Nugara, reggente di San Biagio Platani, dai controlli presenti in paese anche tramite un sistema di telecamere ed averlo invitato a non intrattenere rapporti con un carabiniere in servizio presso la Stazione di San Biagio Platani (dicendogli espressamente ''no devi stare attento . . tutti i bastardi che stanno d'avanti alle telecamere inc... minchia puntano telecamere''; è pericoloso . . che devi stare attento a parlarci)".

Infine, il sindaco avrebbe anche "esercitato indebite pressioni nei confronti delle imprese esecutrici dei lavori appaltati dal Comune e,in occasione della ''Festa degli Archi di Pane'', autorizzato la ditta di Filippo Cipolla ad iniziare i lavori ancor prima dell'avvenuta aggiudicazione della gara in favore della ditta ''LVF srl'', che, peraltro, successivamente stipulava con il medesimo Cipolla un contratto di nolo a freddo di attrezzature".

06,30 - Maxi operazione contro la mafia in provincia di Agrigento, nella notte. Ci sono stati 56 arresti. L'inchiesta è la più imponente mai messa in campo in quella parte di Sicilia e ha coinvolto 16 "famiglie" mafiose.

L'operazione  ha disarticolato i «mandamenti» di Santa Elisabetta e Sciacca e ha colpito 16 «famiglie» mafiose. Coinvolti uomini d’onore anche delle province di Caltanissetta, Palermo, Enna, Ragusa e Catania.

 Arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, famoso per le cronache locali perché a Novembre è stata condannato per diffamazione per aver chiamato "mignotta" la sua avversaria politica, la segretaria del locale circolo del PD. Sabella è accusato di aver concordato con la mafia locale alcune candidature nella sua lista e di aver pilotato alcuni appalti.

Gli arresti seguono di 24 ore quelli effettuati a Palermo ieri, e che abbiamo raccontato in un articolo che potete leggere cliccando qui.

Il principale arrestato è Francesco Fragapane 37 anni,reggente del mandamento di Santa Elisabetta e di un grande mandamento, chiamato “della montagna", che racchiude sotto di se anche i paesi di San Biagio Platani, Cammarata, San Giovani Gemini, Sant’Angelo Muxaro, Casteltermini, Favara, Raffadali, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca. Sono state accertate 11 estorsioni, persino sull’accoglienza dei migranti.

Nel 2014 il clan stava tentando di indurre il titolare della associazione Omnia Academy di Favara a versare la “messa a posto” ma anche a accettare di assumere la figlia di un uomo al servizio della cosca. Erano 15 i minori ospiti nella struttura e già il sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane, aveva visto la figlia assunta “approfittando della sua posizione”, scrive il giudice, che definisce Mangiapane anche “uno dei contatti diretti” di Calogerino Giambrone . L’estorsione e anche le assunzioni suggerite non vanno poi a buon fine scatenando l’ira di Giambrone: “Gli avevo detto che non mi interessavano più i picciotti ma di avere i soldi”.

In un altro caso, la tentata estorsione alla coop San Francesco di Agrigento, la struttura sarebbe stata messa su direttamente con le autorizzazioni comunali ottenute grazie ai buoni uffici di Cosa nostra. Un affare mai realizzato ma sul quale i progetti della mafia agrigentina erano quelli di ottenere non solo assunzioni (“Cinque noi e cinque loro”, diceva Giambrone) ma anche una percentuale su ogni migrante accolto e il 40 per cento degli introiti della struttura.

Chi non si piegava al pagamento riceveva atti intimidatori. Come la Ediltec di Mussomeli che nel 2014 si stava occupando della riqualificazione di piazza Messina a San Biagio Platani. Dopo avere tentato di imporre la fornitura da parte di una ditta e l’assunzione di un uomo del clan, i boss agrigentini alle prime resistenze alzano il tiro e inviano una busta con proiettili al titolare, gli fanno trovare una bottiglia di benzina e infine gli bruciano un macchinario. Il titolare alla fine si piega alle imposizioni di Cosa nostra.