È mancato ieri 23 gennaio a Ferrara Giuseppe Sgarbi, detto “Nino”, farmacista con la passione per l’arte e padre di Elisabetta e Vittorio. Aveva 97 anni.
L’8 febbraio uscirà – a questo punto postumo – il suo ultimo romanzo, pubblicato da Skira con il titolo “Il canale di cuori”. Nel 2014, a 93 anni, aveva esordito nella narrativa con il romanzo “Lungo l’argine del tempo”, che la figlia Elisabetta aveva in qualche modo invitato a scrivere, e che era stato molto apprezzato.
Il figlio Vittorio Sgarbi, 65 anni, ha condiviso su Facebook due post in suo ricordo.
Nel primo, pubblicato dal suo ufficio stampa, si scopre che Vittorio era andato a fargli visita in ospedale il giorno prima della sua scomparsa, e che la notizia della morte lo ha raggiunto a Mosca, dove si trovava su invito dell’Istituto Italiano di Cultura.
Nel secondo post, pubblicato direttamente da Mosca dal critico d’arte, una foto del padre accompagnata dalla poesia del 1951 del gallese Dylan Thomas “Non andartene docile in quella buona notte”.
Il testo della poesia:
Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.
Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte.
I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.
Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.