Tutti evasori? Tutti mafiosi?
La reazione alle etichette sembra unanime, soprattutto da parte di chi non è né evasore, né mafioso.
Certo, la voragine finanziaria di 42 milioni di euro è difficile da negare. Così come è difficile negare che Castelvetrano abbia dato i natali all’ultimo latitante Matteo Messina Denaro, oltre a decine di suoi fiancheggiatori, che vengono arrestati (e quasi sempre condannati) un anno si e un anno no.
Ma è altrettanto difficile ipotizzare una correlazione tra i tributi evasi in massa (una massa certamente inferiore al 65%, che è invece la percentuale delle mancate entrate) e la mafia del superboss, come invece emerge da certe trasmissioni televisive.
Per una comunità che in buona parte percepisce in modo persecutorio tv e stampa, leggere che “nel paese del boss nessuno paga le tasse” rappresenta una doppia ferita. La prima, riguardo all’identità della città, che da troppo tempo si sforza di essere diversa dalla “città di Messina Denaro”; la seconda riguardo all’identità dei cittadini considerati in massima parte degli evasori.
E’ anche vero che non ci si può aspettare una notizia con un attacco del tipo “A Castelvetrano, terra dell’olio buono e del pane nero…”. Anche perché, secondo questo format, avremmo lanci televisivi come “A Casal di Principe, patria delle mozzarelle…”.
Il rischio però è che l’energia contro le semplificazioni di un certo giornalismo, si sostituisca alla necessaria forza per un processo di risanamento della città dove, innegabilmente la mafia c’è. E dove, altrettanto innegabilmente, c’è un’evasione che coinvolge imprese, grandi attività commerciali, alberghi, capannoni artigianali ed industriali, ancor prima di quei cittadini comuni che spesso vengono intervistati per approfondire in pochi minuti un fenomeno complesso, che avrebbe bisogno di dati e di tempo.
In ogni caso, a preoccupare il cittadino non dovrebbe essere la diffusione pubblica (più o meno precisa) dei propri panni sporchi, ma il rischio di affondare completamente a causa di un dissesto finanziario, temporaneamente evitato grazie all’ennesimo prestito pubblico.
Poi c’è il contorno che viene scambiato per la sostanza. Ecco che allora il punto principale diventa il refuso dell’Agi, dove per un mero errore materiale, aziende come la Saiseb, la Gemmo e la Trapani Servizi sono state considerate debitrici al posto di creditrici.
Ma come è stato possibile raggiungere questo enorme debito? Che cosa dice la politica? Ex consiglieri ed aspiranti candidati alle prossime elezioni amministrative hanno detto la loro. Le posizioni di Ninni Vaccara (“Insieme si può”) e Luciano Perricone (Liberi e Indipendenti) ci sono sembrate quelle più chiare.
Perricone (ex consigliere comunale di lungo corso ed ex candidato sindaco alle scorse amministrative del 2017, abortite dallo scioglimento per mafia), in una nota difende l’amministrazione dell’ex sindaco Felice Errante, snocciolando i vari provvedimenti “tesi al recupero delle somme”. Dall’istituzione “dell’Albo comunale degli avvocati esterni per l’affidamento di incarichi tendenti al recupero dei crediti vantati dall’Ente”, alla rateizzazione della Tares. Dall’istituzione del servizio riscossioni e compensazioni crediti alla nomina del “supervisore per verificare la funzionalità e i risultati prodotti nell’ambito della riscossione”.
Delibere, determine e provvedimenti che purtroppo alla fine si sono scontrati con un debito di 42 milioni di euro.
E a poco vale l’accento di Perricone sulle mancate entrate a causa delle confische: “Per colpa della crisi economica - ha aggiunto nella nota – e delle attività di repressione da parte degli inquirenti contro il fenomeno mafioso, molte attività a Castelvetrano sono andate fallite o hanno chiuso i battenti”. Insomma, dopo “La mafia dava lavoro e lo Stato lo ha tolto”, sembra già pronto un altro slogan: “La mafia pagava le tasse e lo Stato gliel’ha impedito”.
Vaccara (ex consigliere comunale ed ex candidato al consiglio, sempre nelle amministrative del 2017), ripercorre una serie di sue interrogazioni e mozioni, presentate nel corso degli anni, fornendo delle interessanti informazioni che spiegano quanto il fenomeno sia complesso e abbia radici profonde. Un fenomeno fatto di società di riscossione tributi che falliscono portando con sé le banche dati, di tariffe sui rifiuti illegittime (speso viziate da errori formali, con Iva non dovuta) che hanno prodotto ricorsi in massa e di avvisi di accertamento che contenevano “errori gravi che ne pregiudicavano la validità”.
In una sua nota inviata alla Commissione straordinaria, Vaccara spiega anche come si arriva alla mirabolante cifra di 42 milioni di euro, partendo da “somme a vario titolo non riscosse, dal 2005 al 2015, che ammontano a €. 51.321.581,87, somma assai ingente che attesta la condizione non ottimale del sistema di riscossione”.
Un male atavico che però, secondo Vaccara, non può essere collegato interamente ai cittadini, perché occorrerebbe distinguere “le mancate entrate di natura tributaria (Titolo I) per euro 35.334.216,16” da quelle “extratributarie (titolo III) di euro 7.371.303,06”. Sommandole si arriva appunto a 42.705.519,22 euro. Una cifra che, secondo l’ex consigliere, non può essere considerata come un dato esplicito di evasione tributaria dei cittadini di Castelvetrano.
Ci sarebbero quindi “altri titoli di residui finanziari, che, sommati tutti insieme arrivano alla riguardevole somma di 13.200.354,63 euro” .
Quella dei cittadini che non pagano le tasse sarebbe quindi soltanto una parte del problema, insieme a tanti altri fattori come la crisi e la perdita di importanti presidi come il deposito ferroviario e il tribunale. Vaccara scrive anche che bisognerebbe avere “il coraggio di spiegare e raccontare tutti gli errori gestionali ed amministrativi del passato ed anche quelli commessi negli ultimi mesi, dove ancora una volta sono state inviate ai nostri concittadini migliaia di avvisi di cartelle di tributi da riscuotere con dati sbagliati o non aggiornati che ancora una volta, come ormai accade da decenni, genereranno solo lunghe file e confusione negli uffici comunali e la sfiducia nelle istituzioni che sortirà l’ennesimo effetto contrario, spingendo molti a non pagare anche questa volta”.
Insomma un rapporto del Comune coi tributi e la loro riscossione che definire malato è un eufemismo, caratterizzato da una confusione assoluta che certamente non ha giovato.
“Dobbiamo cercare di ristabilire la fiducia della gente nelle istituzioni e nei servizi che il comune deve garantire – afferma Vaccara - avendo riguardo soprattutto a semplificare con norme e tariffe regolari ed esatte, tutte quelle che sono le tasse e i tributi da pagare”.
Come abbiamo già raccontato, quello che è successo oggi era già accaduto negli anni ’90.
Anche nel 1992 a Castelvetrano c’era un commissario (Diego D’Amico) che, trovandosi con un disavanzo di 4 miliardi e mezzo di lire su un bilancio di meno di 20 miliardi, relativi al conto consuntivo del 1991, aveva detto: “ Da parte mia metterò a disposizione di questa città tutto il mio impegno, ma non posso fare miracoli. Chiedo a tutti la collaborazione necessaria: alla burocrazia comunale un impegno extra per agevolare al massimo la ripresa economica; ai cittadini il senso del dovere per pagare le tasse ed imposte dovute per legge”.
Un sindacalista della Uil, allora, aveva risposto: “Non è certo colpa dei cittadini se il comune di Castelvetrano ha tutti questi debiti. Si vadano ad individuare i responsabili e si chieda loro il conto del malgoverno degli ultimi anni”. A parlare era Santo Sacco, diventato poi un politico ipervotato, fino al suo arresto e alla sua condanna a 8 anni in appello per mafia nell’operazione Mandamento del 2012.
Oggi la città, intanto, ha avuto la fortuna di tamponare un primo serio rischio di dissesto finanziario. La collaborazione di tutti, a tutti i livelli, si rende ora necessaria per curare l’emorragia. Perché non è detto che finito quel tampone ce ne possa essere un altro.
Egidio Morici