Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
10/02/2018 08:54:00

Marsala, truffa e rifiuti L'amministratore di Sicilfert cerca di difendersi in aula

“Dal luogo di partenza in cui l’Aimeri pesava i propri autocompattatori carichi di rifiuti fino alla Sicilfert c’era un calo di peso sia per il consumo di carburante, che per la perdita di percolato lungo la strada. E poi non ero sempre io, in azienda, ad effettuare le pesature.Talvolta, erano i miei dipendenti”.

E’ così che, davanti al giudice monocratico Iole Moricca, dove è sotto processo per truffa e falso materiale e ideologico, ha cercato di difendersi il 34enne marsalese Pietro Foderà, amministratore della Sicilfert.

Foderà è accusato di avere “barato” sul peso dei rifiuti (organico) di diversi Comuni della provincia conferiti dai mezzi dell’Aimeri Ambiente per conto dell’Ato Tp1. La tesi, però, secondo cui i mezzi perdevano percolato per strada non è condivisa da alcuni testimoni già ascoltati nel processo. Testimoni che hanno escluso questa possibilità affermando che i mezzi erano a “tenuta stagna”. In precedenti udienze, autisti degli autocompattatori hanno riferito che dalla pesature effettuate autonomamente dall’Aimeri e da quelle, invece, fatte alla Sicilfert emergevano “differenze fino a 250 chili”. Fatti sui quali ha indagato l’ex comandante dei vigili urbani Vincenzo Menfi. Tra i diversi Comuni costituitisi parte civile, c’è anche Marsala, rappresentato dall’avvocato Luigi Cassata, che nel corso del processo ha chiesto e ottenuto di citare la Sicilfert come “responsabile civile”. Gli altri Comuni parte civile sono Paceco, Erice, Valderice, Alcamo, Custonaci, Calatafimi, Castellammare del Golfo e, naturalmente, anche l’Aimeri Ambiente. Secondo l’avvocato difensore Diego Tranchida, però, le differenze erano “irrisorie” e la testimonianza di Pietro Foderà è stata decisiva. “Per la difesa – dice il legale – Foderà ha dimostrato che l’accusa è infondata”. Dopo l’avvio dell’inchiesta, seguirono una perquisizione all’impianto di compostaggio (a fine aprile 2014) e il sequestro delle carte relative alla pesatura dei rifiuti e delle attrezzature utilizzate per pesare i rifiuti arrivati con gli autocompattatori. Le bilance non erano truccate, ma è emerso che il peso lordo dei mezzi che trasportavano i rifiuti veniva memorizzato nel sistema e poi richiamato utilizzando il relativo numero identificativo, sostituendo, però, in diversi casi, il peso del mezzo in uscita con quello di un altro mezzo meno pesante. Con una “tara” minore, quindi, secondo l’accusa, il peso netto dei rifiuti in entrata risultava maggiore di quello reale. Sarebbe stato così alterato lo scontrino rilasciato agli autisti, sul quale era indicato un peso netto maggiore rispetto a quello effettivamente trasportato. E siccome la Sicilfert viene pagata a peso, gli incassi dell’azienda sarebbero stati superiori a quelli dovuti. I Comuni, e di conseguenza i cittadini, avrebbero pagato per una quantità superiore di rifiuti organici rispetto a quelli realmente conferiti. I fatti contestati dall’accusa risalgono al periodo compreso tra gennaio e maggio 2014. A difendere Pietro Foderà sono gli avvocati Diego e Massimiliano Tranchida, che giudicano “infondate” le accuse e spiegano che la cifra contestata nell’atto di accusa, come incasso non spettante, è di 2.374 euro. “Le differenze riscontrate dall’Aimeri nelle pesature effettuate dalla stessa, qualora fossero fondate – affermano i due legali – non sono tali certamente da far pensare che fossero mirate a trarre un ingiusto profitto e trovano senza dubbio spiegazione nell’uso dei mezzi, che comporta anche il consumo di carburante o la perdita di rifiuti per strada. In un caso, infatti, la differenza è solo di 80 chilogrammi. Il profitto, per l’azienda, sarebbe stato irrisorio”. A far scattare l’indagine è stato un esposto dell’Aimeri Ambiente, il cui dirigente operativo Area Sud Italia, l’architetto Giovanni Maria Picone, è già stato ascoltato.