La politica reagisce.
Sullo sfondo del commissariamento per mafia, i partiti dicono la propria. Tutti più o meno attraversati dallo stesso filo rosso: affrancare la città dall’immagine negativa diffusa in queste settimane da tv e giornali.
“Una città avvilita, bersagliata, mortificata in ogni modo”, scrivono insieme in un comunicato stampa, il Partito Democratico e due liste civiche, Obiettivo Città e Citta Nuova. E annunciano un’assemblea aperta ad iscritti, associati e “a quanti intendano affrontare un dialogo obiettivo e sereno”. Un confronto con i cittadini perché “Si cambi rotta e si torni a parlare di Castelvetrano come la terra delle opportunità e delle eccellenze, delle sfide raccolte e vinte”.
Dall’altra parte invece, Forza Italia, Liberi e Indipendenti, Castelvetrano Futura ed Alleanza Etica, espressioni più o meno dirette dell’amministrazione comunale degli ultimi anni prima dello scioglimento, si lamentano dell’azione dei commissari straordinari, “scevra, a tutt’oggi, del confronto con i partiti, i movimenti politici e le forze sociali attive sul territorio”. Loro il confronto lo vogliono proprio con i commissari: “Un dialogo franco e costruttivo tra chi amministra e le forze sane della città”. Secondo la politica che nell’ultima campagna elettorale per le amministrative (abortite dallo scioglimento del Comune) sosteneva il candidato sindaco Luciano Perricone in continuità con l’amministrazione Errante, “Puntare il dito su ogni cosa, sta generando un clima simile alla repressione poliziesca, presente nei paesi in regime di dittatura”.
Insomma, al centro di un dibattito politico ormai fuori dal palazzo, sembra ci sia il rilancio dell’immagine della città.
Al punto che Pietro Craparotta del neomovimento “Noi Laboratorio Civico” ha lanciato una petizione popolare per chiedere alle istituzioni di difendere Castelvetrano dall’accusa di città mafiosa e collusa con Cosa nostra.
Ma non tutti (sia dentro che fuori la politica) sono d’accordo con questa posizione. Per esempio non lo è il segretario della Camera del Lavoro, Gaspare Giaramita, che considera inutile chiedere alle istituzioni una difesa di questo tipo. Deve essere la comunità stessa, dice Giaramita, a riscattarsi attraverso “atti concreti e reali volti all’affermazione della legalità e della giustizia”.
Ad ogni modo, al di là dei distinguo sui residui attivi che in tanti hanno voluto sottolineare in merito alla vicenda della voragine economica da 42 milioni di euro, ciò che viene descritto proprio nella relazione prefettizia dello scioglimento sulla capacità di riscossione del Comune dal 2012 al 2015, non lascia adito a molti dubbi: “La riscossione di entrate tributarie fissate al 51,90% nel 2012, scende progressivamente sino al 44,84 nel 2015; la riscossione di entrate extratributarie, al 38,66% nel 2012, arriva appena al 20,21% nel 2015”.
Inoltre i risultati volti al recupero dell’evasione si erano rilevati abbastanza inconcludenti, mentre tra i debitori, si apprende dalla stessa relazione, c’erano 63 dipendenti dell’ente, 15 consiglieri comunali e 6 assessori.
Egidio Morici