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01/03/2018 08:10:00

Mafia, processo abbreviato “Ermes 2”: concluse arringhe difensive

Si sono concluse, davanti al gup di Palermo Maria Cristina Sala, le arringhe difensive nel processo abbreviato alle 13 persone coinvolte nell’operazione antimafia “Ermes 2”. Gli ultimi ad intervenire sono stati gli avvocati Paolo Paladino, Luigi Laudicina e Giuseppe Pinta.

L’indagine, condotta da Dda e polizia, il 20 dicembre 2016 sfociò nell’arresto dei mazaresi Epifanio Agate, 44 anni, figlio del defunto storico boss mafioso Mariano Agate, dei fratelli Loretta, e di Angelo Castelli, di 72 anni.

Ad Epifanio Agate si contesta l’attribuzione fittizia di beni (quote delle società mazaresi “My Land” e “Fishmar”) ad altre persone, nonché il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. E l’attribuzione fittizia di quote di società (“Mestra” e “Medioambiente”) ad altre persone, oltre che 416 bis (associazione mafiosa), è contestata anche ai due Loretta, fratelli di Giovanni Loretta, autotrasportatore, coinvolto nell’operazione “Ermes 1” e già condannato, in primo grado, a 4 anni di carcere per favoreggiamento alla mafia.

Adesso, in aula, gli avvocati Paladino, Laudicina e Pinta hanno ricostruito nel dettaglio i fatti contestati dall’accusa, concludendo che a loro giudizio non sussiste né l’ipotesi di estorsione (“per altro – hanno affermato – già esclusa dalla Cassazione in fase cautelare”), né l’intestazione fittizia, perché i beni in questione sarebbe di provenienza “assolutamente lecita”. Paladino e Laudicina difendono Epifanio Agate e la moglie Rachele Francaviglia, mentre Pinta assiste Nicolò Passalacqua. Paladino, inoltre, difende anche Angelo Castelli. E per quest’ultimo, il legale marsalese ha sottolineato che “gli sporadici contatti intrattenuti da Castelli con Vito Gondola (defunto boss mafioso mazarese, ndr) non implicavano in nessun modo un’attività favoreggiatrice”. Nella precedente udienza, erano intervenuti gli avvocati Luigi Pipitone e Walter Marino, legali di Carlo Antonio e Giuseppe Loretta, per i quali “non ci sono gli estremi per contestare il reato di associazione mafiosa”. Ma i pm della Dda Gianluca De Leo e Giacomo Brandini hanno già chiesto la condanna di tutti gli imputati. Invocati, complessivamente, oltre 40 anni di carcere. La pena più pesante (14 anni di carcere) i pm l’hanno chiesta per Carlo Antonio Loretta, mentre 7 anni e 4 mesi ciascuno sono stati chiesti per Epifanio Agate e Giuseppe Loretta. Meno severe le altre richieste avanzate dai pm al termine della loro requisitoria. Due anni di reclusione a testa sono stati chiesti per Angelo Castelli, nonché per Rachele Francaviglia, moglie di Epifanio Agate, che insieme a Nicolò Passalacqua e alla russa Nataliya Ostashko era intestataria della “Fishmar”. Per Passalacqua è stato chiesto un anno e 4 mesi, per la Ostashko invece 10 mesi. Due anni di reclusione è stata la richiesta anche Grazia Maria Vassallo e Vita Anna Pellegrino, mogli rispettivamente di Giuseppe e Carlo Antonio Loretta, anche loro accusate di intestazione fittizia. Sempre per lo stesso reato, un anno e mezzo ciascuno è stato chiesto per Andrea Alessandrino e Paola Bonomo, dipendenti della “Mestra”, accusati di attribuzione fittizia di beni in concorso per la società “Medio Ambiente”. E un anno e mezzo è stato invocato anche per il castelvetranese Filippo Siragusa, giornalista, ex portavoce del deputato regionale Mimmo Turano durante la presidenza alla Provincia di Trapani e ormai ex collaboratore del Giornale di Sicilia, accusato di essere un “prestanome” dei Loretta nella società “Medioambiente”. Dieci mesi, infine, è stata la richiesta per Francesco Mangiaracina, marito di Nataliya Ostashko e cognato dell’ex capomafia mazarese, poi pentitosi, Vincenzo Sinacori. “My Land” e “Fishmar” sono due aziende operanti nel settore dei prodotti ittici congelati ed Epifanio Agate avrebbe fatto ricorso ai “prestanomi” per evitare i “rigori della normativa antimafia”.