Il giudice delle udienze preliminari di Palermo Annalisa Tesoriere ha fissato per il 6 aprile prossimo la prima udienza del processo con rito abbreviato a dodici dei 19 presunti componenti dell’organizzazione criminale che gestiva viaggi di “lusso” per migranti tra la Tunisia e le coste siciliane (Marsala) con gommoni superveloci in grado di fare la traversata (costo: circa 3 mila euro) anche in meno di 4 ore.
A scoprire quanto avveniva nel Canale di Sicilia sono stati Guardia di finanza e Dda di Palermo, che il 6 giugno 2017 hanno fermato 12 persone (operazione “Scorpion Fish”).
Al vertice della banda c'erano cittadini tunisini. Ad essere processati a partire dal 6 aprile (la Dda ha chiesto il “giudizio immediato”) saranno Jabranne Ben Cheikh, 28 anni, presunto capo dell’organizzazione, la compagna Simonetta Sodi, di 55 anni, di Firenze Mongi Ltaief, di 46, Chiheb Hamrouni, di 26, i marsalesi Angelo e Salvatore Allegra, fratelli, di 48 e 54 anni, e Michele Graffeo, di 54, Hamadi El Gharib, di 43, Tarek Ben Massoud, di 29, Anis Beltaief, anche lui di 29, Giovanni Manoguerra, di 42, di Trapani, e Pietro Bono, di 64, di Menfi.
Da tempo residenti a Marsala: Ltaief, Beltaief e Hamrouni. Cinque i viaggi accertati organizzati dalla banda, ai cui presunti componenti si contesta l’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con l’aggravante della transnazionalità. L’organizzazione avrebbe trasportato anche soggetti sospettati di collegamenti con gruppi terroristici di matrice jihadista. A rappresentare l’accusa nel processo sarà Calogero “Gery” Ferrara. A difendere i 12 imputati sono gli avvocati Carmine D’Agostino, Giuseppe Sodano, Luisa Calamia, Raffaele Bonsignore, Francesca Frusteri, Giuseppe Accardo, Luigi Pipitone, Stefano Pellegrino, Salvatore Fratelli, Romina Ferrari, Accursio Gagliano e Giacomo Lombardo. I viaggi nel Canale di Sicilia non erano paragonabili a quelli sui barconi fatiscenti usati solitamente dai migranti e dai trafficanti di uomini che seguono la rotta verso l’Italia. E chi arrivava, eludendo i controlli a cui vengono sottoposti i migranti irregolari, evitava di essere identificato. Circostanza che, insieme ad alcune intercettazioni, ha fatto dire agli inquirenti che tra i potenziali clienti dell’organizzazione c'erano ricercati per problemi con la giustizia o persone collegate a gruppi jihadisti che temevano di essere arrestati, una volta giunti in Italia. L’indagine ha svelato anche un fiorente contrabbando di sigarette (in genere, di marche estere "Pine Blue" e "Business Royals") che venivano poi rivendute nei mercati rionali del Trapanese e del Palermitano a non più di 3 euro a pacchetto. Alcuni degli indagati hanno già patteggiato la pena.