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07/03/2018 08:39:00

Mafia, Operazione “Ermes 2”: 13 richieste di condanna con l’abbreviato. Pm replicano

 E’ ormai alle ultime battute il processo abbreviato, davanti al gup di Palermo Maria Cristina Sala, alle 13 persone coinvolte nell’operazione antimafia “Ermes 2”.

L’indagine, condotta dalla polizia, il 20 dicembre 2016 era sfociata nell’arresto dei mazaresi Epifanio Agate, 44 anni, figlio del defunto boss mafioso Mariano Agate, dei fratelli Carlo Antonio e Giuseppe Loretta, di 51 e 37 anni, e di Angelo Castelli, di 72.

Ad Epifanio Agate si contesta l’attribuzione fittizia di beni (quote delle società mazaresi “My Land” e “Fishmar”) ad altre persone, nonché il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

E l’attribuzione fittizia di quote di società (“Mestra” e “Medioambiente”) ad altre persone, oltre che 416 bis (associazione mafiosa), è contestata anche ai due Loretta.

Castelli deve, invece, difendersi dall’accusa di favoreggiamento a Cosa Nostra. Avrebbe, infatti, messo a disposizione il suo autolavaggio per incontri tra mafiosi.

La requisitoria del pm della Dda Gianluca De Leo e Giacomo Brandini è stata lo scorso 8 novembre. La pena più pesante (14 anni di carcere) i pm l’hanno invocata per Carlo Antonio Loretta, mentre 7 anni e 4 mesi ciascuno sono stati chiesti per Epifanio Agate e Giuseppe Loretta. Meno severe le altre richieste avanzate dai pm al termine della loro requisitoria.

Due anni di reclusione a testa sono stati chiesti per Angelo Castelli, nonché per Rachele Francaviglia, moglie di Epifanio Agate, che insieme a Nicolò Passalacqua e alla russa Nataliya Ostashko era intestataria della “Fishmar”.

Per Passalacqua è stato chiesto un anno e 4 mesi, per la Ostashko invece 10 mesi. Due anni di reclusione è stata la richiesta anche Grazia Maria Vassallo e Vita Anna Pellegrino, mogli rispettivamente di Giuseppe e Carlo Antonio Loretta, anche loro accusate di intestazione fittizia. Sempre per lo stesso reato, un anno e mezzo ciascuno è stato chiesto per Andrea Alessandrino e Paola Bonomo, dipendenti della “Mestra”, accusati di attribuzione fittizia di beni in concorso per la società “Medio Ambiente”. E un anno e mezzo è stato invocato anche per il castelvetranese Filippo Siragusa, giornalista, ex portavoce del deputato regionale Mimmo Turano durante la presidenza alla Provincia di Trapani e ormai ex collaboratore del Giornale di Sicilia, accusato di essere un “prestanome” dei Loretta nella società “Medioambiente”. Dieci mesi, infine, è stata la richiesta per Francesco Mangiaracina, marito di Nataliya Ostashko e cognato dell’ex capomafia mazarese, poi pentitosi, Vincenzo Sinacori. “My Land” e “Fishmar” sono due aziende operanti nel settore dei prodotti ittici congelati ed Epifanio Agate avrebbe fatto ricorso ai “prestanomi” per evitare i “rigori della normativa antimafia”. Adesso, Gianluca De Leo e Giacomo Brandini hanno replicato alle arringhe degli avvocati difensori (tra i quali, Walter Marino, Luigi Pipitone, Paolo Paladino, Luigi Laudicina, Vito Perricone e Giuseppe Pinta), ribadendo le richieste di condanna.