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20/03/2018 06:00:00

Ficarotta, l'elettrauto che comprava l'acido per i Brusca, e gli affari nell'agricoltura

 Negli anni novanta gestiva una officina di elettrauto. Di lui il pentito Balduccio Di Maggio ha raccontato che fu un fedelissimo di Giovanni Brusca e famiglia. “Lo mandavamo a comprare l’acido per sciogliere le persone”.

Dopo il suo arresto, nel 1998, con l’accusa di essere un uomo al servizio dei Brusca, venne prima condannato per concorso in associazione mafiosa a 4 anni, poi assolto. Ciro Gino Ficarotta, da San Giuseppe Jato, rimase per anni nel silenzio, senza far parlare di se soprattutto. All’ombra, tra la sua città e la provincia di Trapani, tra San Giuseppe Jato e Castelvetrano. Colleziona piano piano tante proprietà immobiliari, alcune anche in Romania. A distanza di anni il suo nome lo si legge nell’ultimo blitz antimafia scattato in provincia di Trapani, “Pionica”, che fa ancora una volta terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro, che colpisce soprattutto quelle imprese che servirebbero per alimentare l’economia mafiosa e sostenere economicamente la latitanza del boss.


Ficarotta è uno degli arrestati nel blitz della scorsa settimana.
E gli inquirenti che lo hanno seguito in questi anni lo indicano come uno dei personaggi a cui i boss più vicini al super latitanti fanno affidamento.
Ficarotta negli anni ha cambiato la sua vocazione, dalle auto ai terreni. La mafia green, la mafia che si trasforma ma tenendo ben salde le origini. C’era una volta la mafia dei campi, quella che viene fuori dall’operazione Pionica è una organizzazione che sfrutta in pieno le potenzialità dell’economia agricola, quella, soprattutto, fondata sull’ottenimento di fondi dell’Unione Europea sui vigneti, come su altre coltivazioni.


Il capomafia di Salemi, Michele Gucciardi, è uno dei boss più fidati di Matteo Messina Denaro, uno dei “postini”, di quelli che gestivano la corrispondenza con il boss. Un pezzo da novanta della consorteria criminale in provincia di Trapani.
Punto centrale nell’ultima inchiesta antimafia è il giro d’affari che c’è attorno alla Vieffe Società Semplice Agricola, di San Giuseppe Jato. La società viene fondata nel 2013, soci e amministratori sono i cugini Leonardo Ficarotta e Paolo Vivirito. Ma a gestire di fatto la società, e occultamente, è Gino Ficarotta, padre di Leonardo. Fu lui, con il sostegno di Michele Gucciardi a comprare uno dei grandi vigneti degli eredi della famiglia Salvo, di Salemi. Ma prima fecero un altro giro, quei terreni.

I terreni che furono della famiglia Salvo vennero comprati da Roberto Nicastri, fratello di Vito Nicastri il signore del vento, a cui vennero confiscati beni per 1,3 miliardi di euro. Entrambi sono stati arrestati nel corso dell’operazione Pionica. I terreni acquisiti da Nicastri vengono prima affidati in comodato gratuito alla Vieffe, poi venduti. Il tutto avveniva poco tempo dopo la costituzione della società agricola Vieffe. Le proprietà venivano vendute ad una cifra che si aggirava sui 530 mila euro. Una somma importante per un’azienda appena nata. Ad occuparsi del passaggio di proprietà era Melchiorre Leone, procuratore speciale per conto di Nicastri nella vendita. All’atto dei pagamenti, notano gli inquirenti, comincia uno strano giro di bonifici. Dalla Vieffe a Leone, e da Leone alla Helix, una società intestata a Roberto Nicastri e Manlio Nicastri, figlio di Vito.


La nuova società agricola Vieffe comincia quindi ad acquisire terreni, e dispone già da subito di capitali consistenti. All’inizio dell’attività il conto intestato alla società raggiunge i 375 mila euro, la Dia nota che si tratta di versamenti fatti dalla famiglia Ficarotta, e soprattutto dai genitori dei soci ufficiali.


Poi può cominciare il business dei vigneti. Per ottenere i finanziamenti dalla comunità europea servono competenze, serve qualcuno, tecnici, che sappiano veicolare bene le pratiche. E chi meglio di Giuseppe Bellitti, gestore del patronato Informa Famiglia, di Salemi. La Dia lo inquadra come uno di quei tecnici che si mette sempre a disposizione per i mafiosi. Ed emerge che la moglia avesse capito qualcosa. “Se non lo attaccano ora mio marito...ma vero, almeno sistemerebbe prima a me” confidava ad un’amica. Bellitti infatti teneva aggiornati i prestanome di Ficarotta sui libretti Uma, che servono per ottenere il carburante agricolo agevolato. Un altro professionista era Melchiorre Leone, che non si è occupato solo della compravendita dei terreni, ma anche dei contributi Ocm (organizzazione comune dei mercati) per la produzione di vino. Ne discuteva proprio con Salvatore Crimi, uno degli emissari del boss Gucciardi.


Così nel giro di poco tempo sono arrivati proprio per i terreni che furono della famiglia Salvo, due cospicui finanziamenti europei per estirpare e impiantare vigneti. Un primo contributo di 423 mila euro, un secondo di altri 100 mila euro. Soldi che la comunità europea affida alla Sicilia per rilanciare la produzione agricola e che finisce per finanziare le imprese mafiose. Ficarotta però non ha fermato i suoi affari in Sicilia. Se qui, in provincia di Trapani, era socio occulto delle aziende agricole, in Romania, lo era alla luce del sole. La Dia scopre tracce delle sue ricchezze nella società agricola Jatina, che ha sede a Radmanesti, di cui era amministratore e socio al 50%. Una società che si occupava di coltivazione di cereali e legumi. Quello che gli inquirenti si chiedono è se anche queste aziende siano un bancomat per la criminalità organizzata.