M5s e Lega lanciano segnali per un possibile programma di governo comune. «Taglio delle tasse, superamento della Fornero, welfare per le famiglie, lotta alla disoccupazione giovanile» sono i punti principali elencati da Di Maio al Corriere.
E Salvini, intervistato dal Messaggero, dice che «bisogna mettersi al tavolo con tutti, e certamente anche con M5S. E a questo tavolo, bisognerà vedere come azzerare la legge Fornero, come si riducono le tasse, come si controlla l’immigrazione, anche perché adesso ricominceranno gli sbarchi».
Intanto, a margine del suo spettacolo teatrale a Roma, Grillo ha fatto sapere che «Salvini è uno che quando dice una cosa la mantiene, il che è una cosa rara».
Scrive Mattia Feltri su La Stampa:
«Salvini parla a Di Maio come ex commesso di Burghy, e Di Maio parla a Salvini come ex steward dello Stadio San Paolo. Loro sono già più flessibili dell’euro. Salvini da ragazzo si proponeva, senza conseguenze apprezzabili, da comunista padano acceso dall’antifascismo anche retorico di Bossi (che però si alleava per interposto Berlusconi con Gianfranco Fini); Di Maio viene su in una famiglia missina, ma entrambi sanno, soprattutto il neolepenista Salvini, che quelle categorie lì non sono in grande forma, non ingolosiscono l’elettorato cui si rivolgono. […] Non hanno imbarazzi a proporre soluzioni dispotiche, la reintroduzione del vincolo di mandato (chi cambia partito si deve dimettere, misura abolita con la Rivoluzione francese e che nel mondo esiste solo in Portogallo, India, Blangladesh e Panama); nei cinque stelle i contratti privati con multe (senza alcun effetto giuridico) per chi cambia idea. Non sono distanti nemmeno sull’immigrazione, Di Maio come Salvini imputa al Pd di avere imbastito politiche d’accoglienza per guadagnarci sopra, e come Salvini incita i paesi di frontiera (dall’Ungheria alla Grecia) ad associarsi all’Italia nella revisione del regolamento di Dublino sul diritto d’asilo. L’elenco di affinità è lungo e pauroso».