Posti di lavoro in cambio del voto. E' questa l'indagine che ha spedito agli arresti domiciliari l'avvocato Salvino Caputo, 60 anni, penalista molto noto a Palermo ed ex deputato all'Ars con un lungo passato tra le fila del centrodestra. Sindaco di Monreale per diversi anni, adesso Caputo è dirigente di «Noi con Salvini».
Ai domiciliari pure il fratello, Mario Caputo, 44 anni, anche lui avvocato, candidato non eletto durante le ultime elezioni dell'Ars nelle liste del movimento «Noi con Salvini». Caputo è avvocato dell'ex Vescovo di Trapani Miccichè.
Un terzo ordine di custodia riguarda Benito Vercio, 62 anni, ritenuto un procacciatore di voti, residente a Termini Imerese.
Ci sono in totale 20 indagati, per attentato ai diritti politici del cittadino e voto di scambio. Coinvolti anche il neo deputato leghista Alessandro Pagano e Angelo Attaguile, segretario di «Noi con Salvini» in Sicilia.
L'indagine coordinata dal procuratore di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, riguarda due diverse vicende: la candidatura truffa, secondo l'accusa, del fratello di Caputo e 12 presunti episodi di voti di scambio. Due storie diverse che alla fine si sono unite in un unico troncone d'inchiesta.
Spiega bene il Giornale di Sicilia oggi in edicola:
Tutto inizia la primavera dello scorso anno, quando Salvino Caputo decide di candidarsi nel partito di Salvini alle elezioni regionali. Ma c'è un problema. Alle spalle ha una sentenza definitiva a un anno e cinque mesi per un tentativo di abuso d'ufficio. Una vecchia storia di multe che dovevano essere cancellate, tra cui quella all'arcivescovo Salvatore Cassisa e ad un assessore e al presidente del Consiglio comunale di Monreale. Così per effetto della legge Severino, Salvino Caputo è diventato incandidabile ed a nulla valgono i tentativi per la revisione del provvedimento. Dunque niente candidatura, ma ormai la campagna elettorale è in pieno svolgimento e inizia un vorticoso giro di telefonate tra Caputo e Gaetano Armao, oggi assessore regionale all’Economia nella giunta Musumeci e poi Pagano e Attaguile. L’idea è quella di continuare a puntare ancora su Caputo, facendo però candidare il figlio, scelta poi cambiata per il fratello. Il cognome sarebbe stato lo stesso e identico anche il bacino elettorale già coltivato da tempo dall’avvocato ex sindaco di Monreale. In teoria nulla di illecito solo che il giochetto, sempre secondo la versione degli inquirenti, è un po’ troppo disinvolto fino a diventare illegale. Perché dalle intercettazioni dei carabinieri della compagnia di Termini si evince che non si sarebbe dovuto sapere che era Mario, il fratello, e non Salvino il vero candidato alle regionali. Tanto che un simile progetto poteva essere attuato solo nella zona di Termini e nelle Madonie, e non a Monreale, dove tutti avrebbero saputo chi davvero si portava alle urne, dato che tutti conoscono i fratelli Caputo. Il piano prevedeva poi un altro particolare. Nei volantini elettorali e nei cosiddetti «santini», ovvero i fac simile per il voto, spuntava solo il cognome «Caputo», senza il nome di battesimo, mentre nelle liste al cognome veniva aggiunto, «detto Salvino», l’appellativo con il quale viene da sempre chiamato il fratello ex sindaco. Ecco dunque il raggiro, sostiene l’accusa. Mario Caputo sarebbe diventato «il prestanome» (così testualmente lo ha definito ieri il procuratore Cartosio) del fratello, tanto che gli elettori sarebbero stati ingannati. Votavano per Mario, scegliendo invece Salvino.
Gli investigatori ritengono che Caputo senior durante la campagna elettorale andava in giro, spacciandosi per il vero candidato di «Noi con Salvini», continuando a fare finta di avere un ruolo che in realtà era del fratello incensurato. Insomma un comportamento che per il giudice per le indagini preliminari costituisce «attentato ai diritti politici del cittadino» e, solo per questa ipotesi di reato, sono scattati gli ordini di custodia cautelare ai domiciliari per i fratelli Caputo. C’è da dire che in ogni caso le presunte magagne dei due indagati non hanno avuto effetto concreto, almeno su di loro. Dato che Mario Caputo non è stato eletto all’Ars e così anche il fratello Salvino è rimasto al palo.
Ma nell’inchiesta c’è altro e cioè il voto di scambio. Per questa storia risultano indagati tra gli altri l’assessore alla Cultura di Termini, Loredana Bellavia e il consigliere comunale Michele Galioto. L’indagine anzi è partita proprio da questo aspetto, tramite un esposto anonimo arrivato in procura nell’aprile dello scorso anno. Si faceva il nome di un dipendente comunale, Agostino Rio, in teoria custode della biblioteca. Tra i libri però ci sarebbe stato poco, anzi quasi niente, dato che secondo gli investigatori andava in giro tutti giorni a cercare voti. Chi si sarebbe avvantaggiato dei suoi servizi? Prima, scrivono i magistrati, l’allora candidato a sindaco di Termini Francesco Giunta e poi i fratelli Caputo, durante la campagna per le scorse regionali. Ma ne avrebbero beneficiato anche l’assessore Bellavia e il consigliere Galioto. Rio tra l’altro, dato che la sua attività è stata seguita per mesi dai carabinieri, è stato arrestato lo scorso febbraio per assenteismo, venne bloccato mentre come ogni giorno dopo avere timbrato il cartellino al Comune era in circolazione a farsi i fatti suoi.
Ruolo importante lo avrebbe svolto anche Benito Guercio, pure lui un procacciatore di voti professionista, che si sarebbe speso a tempo pieno sia per Giunta che per Caputo.
La Repubblica si occupa dei risvolti politici della vicenda:
La resa dei conti con i colonnelli siciliani è in programma per questo pomeriggio, subito dopo le consultazioni al Quirinale. Matteo Salvini vedrà Alessandro Pagano e Angelo Attaguile, i due coordinatori regionali della Lega indagati nell’inchiesta senza precedenti su un incandidabile messo in lista sotto le mentite spoglie del fratello. La riunione, in realtà, era stata organizzata da tempo e aveva come oggetto la riorganizzazione del partito nell’isola: diventerà l’occasione per un chiarimento sul caso Caputo, che con molte probabilità porterà a una rimozione di Pagano e Attaguile dai loro incarichi, forse a un commissariamento. Giancarlo Giorgetti, il vicesegretario del Carroccio, ieri a “Circo Massimo”, ha stigmatizzato l’operato di chi ha preparato l’elenco dei candidati in Sicilia: «Sono deluso e amareggiato per errori nelle scelte di cui dobbiamo far tesoro». Una critica aperta che riflette l’irritazione di Salvini, il leader che solo un mese e mezzo fa si vantava di «tenere fuori dalle liste della Lega anche chi aveva solo una multa».
ODDO. Sulla vicenda interviene il segretario regionale del PSI, Nino Oddo, rimarcando la necessità di fare chiarezza anche in provincia di Trapani: “Mi pare scaturisca un quadro allarmante del voto di scambio sulle ultime competizioni elettorali in Sicilia. Più volte ho pubblicamente denunciato il peso indebito del denaro nella raccolta del consenso in provincia di Trapani. In conseguenza di queste prese di posizione sono stato ascoltato anche dalle Autorità inquirenti. Registro un clima, avverto segnali, ma sono altri i soggetti che debbono istituzionalmente effettuare gli opportuni approfondimenti.
Finora questo in provincia di Trapani non è avvenuto, quanto meno non in maniera significativa".